Un giovane suona il pianoforte in mezzo a una strada bombardata. Suona per i suoi vicini, soprattutto per i bambini, per distrarli dalle atrocità della guerra: un’immagine che ha fatto il giro del mondo diventando un simbolo della catastrofe in Siria, ma anche dell’inestinguibile volontà dell’uomo di opporsi in ogni modo alla distruzione. Il suono di quello strumento ha raggiunto e commosso milioni di persone nel mondo su YouTube.
Ora Aeham Ahmad racconta la propria storia: l’infanzia in una Siria ancora in pace, l’inizio delle rivolte preludio di una guerra terribile, la fuga per la stessa via battuta da migliaia di disperati. Un lungo e pericoloso viaggio via terra, la drammatica traversata del Mediterraneo, le insidie della rotta balcanica. Fino alla nuova vita in Germania, dove ha realizzato il suo sogno di artista e si esibisce nelle più importanti sale concerti, ma è costretto a vivere lontano dalla sua famiglia rimasta in Siria.
Allora come oggi, è la musica che gli ha salvato la vita a dargli conforto e infondergli coraggio.La storia vera, raccontata in prima persona, di un pianista che ha sfidato le bombe e i terroristi in nome della sua musica, un caso mondiale, una commovente testimonianza di resistenza e fede nell’arte.
Recensione
Da quando la guerra è deflagrata nell’ex-Jugoslavia degli anni ’90, poi nel Rwanda, e in Iraq a più riprese, ancora in Afghanistan, e di tanto in tanto in Palestina, fino alla Siria degli ultimi anni, e suona la grancassa sulle prime pagine dei quotidiani o nelle aperture dei telegiornali, sentir parlare del conflitto siriano significa ricordare, secondo i tempi delle pubblicità, che la pace è poco più un’utopia. Significa accorgersi che gli straordinari resti di Palmira, la bellezza di Aleppo e la città vecchia di Damasco sono perduti per sempre per l’umanità e invece avrebbero dovuto esserne patrimonio e monito. Se va bene, sopravvivranno mutilati dai danni di una guerra civile che diventa sempre più simile all’idra, alla quale, tagliata una testa, ne spunta un’altra nuova ancora più spaventosa, e saranno testimonianza del martirio di una terra e della sua millenaria cultura.
Anche questa inutile strage silenziata dai tempi vorticosi della comunicazione fatica tuttavia a raggiungere le coscienze e i profili di user e telespettatori, basta un nuovo argomento virale e l’attenzione si sposta fino al successivo episodio eclatante. Eppure Aeham Ahmad, ‘Il pianista di Yarmuk’, ci ricorda, nell’orgia della comunicazione globalizzata, che tutte le notizie, i dibattiti televisivi, gli appelli sui giornali con scadenza a pochi giorni, che la guerra è di casa ovunque, è dietro l’angolo in ogni momento e che basta svoltare una strada e cambiare quartiere per dimenticarsene, per cancellarla dai titoli dagli orizzonti della consapevolezza. Curiosamente – o forse no, in realtà – il richiamo alla realtà passa proprio attraverso i media che rimpinzano le teste di attualità, perché la storia del protagonista è diventata disponibile a tutti attraverso i canali di un social network e gli ha offerto una via di fuga dall’inferno di una nuova Sarajevo, stritolata dallo scontro tra i tre eserciti di Assad, dei ribelli e dell’Isis, nemici ma ugualmente disinteressati al destino dei civili.
Figlio di profughi palestinesi scampati agli scontri degli anni ‘80 e capace di farsi strada nel suo quartiere, Yarmouk, alle porte di Damasco, Aeham sacrifica quasi senza rimpianti un’incerta e faticosa vocazione musicale per raggiungere il benessere economico e una posizione invidiabili, dovuti indirettamente alla sua passione per la musica: pur non diventando un grande pianista come aveva sognato da bambino riesce a costruire un’impresa sulla vendita di strumenti musicali e insegnando musica, trovando nell’arte un’isola felice rispetto alla difficile situazione politica della Siria di Bashar Al-Assad. Del resto, lui e la sua famiglia, i suoi genitori, la moglie e il figlio che desidera per sistemarsi, sono ospiti in Siria e devono mantenersi lontano dalla politica, devono ringraziare per l’ospitalità di chi li ha accolti in fuga senza creare problemi. Solo che quando la guerra infuria nascondersi dietro il paravento della neutralità non è mai facile: per quanto tu cerchi di mantenerti ai margini – ed essere ai margini in queste situazioni è un privilegio – la guerra viene a stanarti nel tuo nido confortevole, prendendo l’aspetto ora dell’esercito filogovernativo, ora della guerriglia ribelle, ora dello Stato Islamico, e ti costringe in un angolo riducendo in macerie le certezze costruite in anni di impegno e di sacrifici.
Il racconto di una vita banalmente di successo, un successo normale e senza grandi pretese come quello di Aeham Ahmad si trasforma così nella cronaca della tragedia di un quartiere, Yarmuk, del quale chi non è voluto o potuto scappare si trova a essere prigioniero in stato d’assedio. Il negozio di strumenti e la scuola di musica diventano casa d’emergenza, erbe selvatiche e cibi trovati per caso diventano il monotono menù di un carcere senza sbarre, le esibizioni di cori amatoriali tra case distrutte e macerie diventano un cimitero a cielo aperto. Quando la situazione si fa davvero disperata due fatti rovesciano la sorte di Aeham: la musica abbandonata diventa strumento di salvezza personale e famigliare e questo succede attraverso i mezzi di comunicazione che parevano interessarsi alla strage siriana solo per il tempo necessario a diffondere nel mondo le immagini agghiaccianti dell’ultima strage. I video girati durante le esibizioni del coro di Aeham tra le macerie di Yarmuk per mantenere una parvenza di vita comunitaria e faticosamente diffusi sul web al di là dell’accerchiamento degli eserciti, senza che il protagonista se ne accorga, isolato da un assedio, diventano poco a poco virali. Aeham si ritrova famoso come ‘il pianista di Yarmuk’ attraverso youtube e riesce, involontariamente forse, a riportare l’attenzione sulla tragedia dei civili in Siria.
Tra la prima e la seconda parte della testimonianza autobiografica di Aeham passa tutta la differenza tra una vita in cui il senso si è perso nella normalizzazione del quotidiano e una in cui una catastrofe umanitaria di un popolo riporta Aeham, attraverso il dolore, verso una dimensione che restituisce alle persone e all’ambiente circostante un significato forte. È il valore della testimonianza nella musica che rende la semplice autobiografia di una vittima della guerra tra tante un documento di continua attualità.
Giudizio:
+4stelle+Dettagli del libro
- Titolo: Il pianista di Yarmouk
- Titolo originale: Und die Vögel werden singen: Ich, der Pianist aus den Trümmern
- Autore: Aeham Ahmad
- Traduttore: Lucia Ferrantini
- Editore: La nave di Teseo
- Data di Pubblicazione: 2018
- Collana: Le Polene
- ISBN-13: 9788893444903
- Pagine: 348
- Formato - Prezzo: ebook - Euro 9,99
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