Recensione
Sulla quarta di copertina del libro si legge che l’autrice, Sara Blaedel, viene definita la regina del crime danese, ma in questo giallo gli investigatori appaiono talmente ingenui da potersi definire, se non proprio un gruppo di dilettanti allo sbaraglio, quantomeno un'insieme di sprovveduti e, pertanto, l'intreccio non riesce ad essere del tutto credibile.
La protagonista, Louise, è un’agente il cui compagno, anni prima, si era apparentemente suicidato. Prima di impiccarsi avrebbe lasciato uno scarno biglietto d'addio composto da una sola parola di scusae
Né Louise, che aveva avuto un figlio dal defunto fidanzato, né i suoi suoceri avevano creduto al suicidio, ma nessuno aveva pensato di fare una perizia calligrafica del biglietto e nessuno si era accertato che il corpo non presentasse qualche segno non giustificabile con la sola impiccagione.
Solo successivamente, quando un indiziato si deciderà a parlare, il cadavere verrà riesumato per poterlo visionare come sarebbe stato opportuno fare al momento del ritrovamento.
L’azione si svolge in una cittadina della Danimarca, una delle nazioni più civili del mondo, ma avrebbe potuto benissimo essere ambientato in uno di quegli anonimi e sconosciuti paesi americani dove la legge viene lasciata gestire dallo sceriffo e al suo vice entrambi non proprio svegli ma pieni di buona volontà.
Ciò non toglie che se una coppia di coniugi fortnisce rifugio ad un minore strappandolo in modo rocambolesco ai rapitori, la prima cosa da fare sarebbe portarlo alla polizia o, quantomeno, informarla al più presto dell'avvenuto ritrovamento. Se viene deciso contro ogni logica di tenerlo in casa propria, poi, occorrerebbe prestare attenzione perché nessuno ritenti il rapimento, che viene invece puntualmente compiuto durante la notte senza che gli abitanti della casa si accorgano di niente.
Continuando con le asurdità: alcune notti dopo, a casa della stessa coppia, cui nel frattempo la banda di rapinatori aveva minacciato ritorsioni per averla osteggiata nel suo intento criminoso, vanno a dormire due poliziotti con il figlio della protagonista. Durante la notte il cane poliziotto abbaia furiosamente e il padrone non trova meglio che chiuderlo in auto perché non disturbi il loro sonno.
Non bisogna meravigliarsi, a questo punto, che la notte stessa si verifichi un’effrazione nella casa. All'abitazione viene addirittura dato fuoco e il figlio di Louise viene rapito.
Ciò che meraviglia, invece, è che tutti ne rimangono stupiti, come se vivessero in un altra dimensione e non in un paese nei cui boschi vengono rinvenuti cadaveri a iosa di giovani donne.
Se, a dispetto di queste incoerenze, il lettore riesce a proseguire nella lettura del romanzo, non potrà che rimanere perplesso dall'aggrovigliarsi di eventi in cui si muovono individui mascherati nel compimento di riti di sangue neopagani di cui tutti pare fossero a conoscenza a parte la polizia.
Ciò detto,il romanzo presenta anche qualche aspetto positivo, quali una discreta caratterizzazione dei personaggi e, soprattutto, l’atmosfera minacciosa di cui è permeato il racconto che si svolge in gran parte in una oscura foresta dove bazzica da anni una setta dedita a riti cruenti con sacrifici di animali e non solo.
Tuttavia per creare un buon giallo occorre un intreccio solido e plausibile, elementi la cui carenza condiziona il giudizio sul romanzo.
Giudizio:
+2stelle+ e mezzaDettagli del libro
- Titolo: La foresta assassina
- Titolo originale: Dodesporet
- Autore: Sara Blaedel
- Traduttore: Alessandro Storti
- Editore: Fazi
- Data di Pubblicazione: 2018
- Collana: Darkside
- ISBN-13: 9788893253208
- Pagine: 304
- Formato - Prezzo: Brossura - Euro 15,00
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