Recensione
Masuji Ono è un artista in pensione. Un pittore che ha iniziato la sua carriera seguendo la tradizionale scuola giapponese dell’ukiyo-e, il mondo fluttuante, imparando nelle botteghe di maestri l’arte dell’illustrazione trasmessa di generazione in generazione e, insieme all’abilità di trasfigurare un mondo attraverso infinitesimali dettagli di pennellate e colori, ha sviluppato l’ambizione di partecipare attivamente al risveglio del Giappone e alla sua crescita come nazione egemone in Asia.
In realtà dunque si è profondamente distaccato dalla rappresentazione del mondo fluttuante, una visione effimera, edonistica e profondamente intrisa di una lieve malinconia, per scegliere di inserire nelle sue opere temi e riferimenti attuali, che esprimono un impegno politico. Questo aspetto della sua carriera, che ha raggiunto dei punti di considerevole importanza viene abilmente taciuto dal racconto in prima persona di fatti e situazioni che lo coinvolgono negli anni immediatamente successivi alla sconfitta nella seconda guerra mondiale.
Ono si presenta come un anziano pittore in pensione, il cui prestigio appartiene al passato. Il presente lo vede privo di qualsiasi ruolo attivo: le figlie lo accusano di trascorrere il tempo della sua pensione ciondolando senza obiettivi e ne mettono in discussione il ruolo di capofamiglia e il potere decisionale; la casa in cui abita, appartenuta prima di lui a un grande artista, rispecchia i valori estetici e morali di un mondo ormai superato, tanto che la seconda figlia la lascia, appena sposata, per un minuscolo ma moderno appartamento in un condominio; il locale, nel quale si riuniva con la sua corte di allievi e ammiratori ai tempi d’oro della sua fama, nel quartiere del piacere che ormai non esiste più, è assediato dalle macerie dei bombardamenti americani e dai cantieri della ricostruzione e gli avventori abituali sono tutti spariti; l’unico che pare riconoscergli autorevolezza è un bambino, il piccolo nipotino, con cui l’anziano pittore cerca una furbesca complicità.
A poco a poco emerge il problema del matrimonio della seconda figlia, ormai non più una ragazzina, per la quale Masuji è preoccupato. Una prima trattativa è sfumata senza che i motivi venissero spiegati – così il protagonista lascia intendere di credere – e la seconda sembra procedere con difficoltà. Ci sono dei problemi ma Masuji ne parla con reticenza, preferisce riesumare ricordi degli anni d’oro, che però lo riportano sempre al confronto con delle scelte artistiche le cui conseguenze cerca di nascondere anche a se stesso. Il fascino del romanzo di Kazuo Ishiguro è tutto nelle velate allusioni che mantengono un alone di mistero, fin quasi alla conclusione, sui dissidi personali e famigliari del protagonista.
Pur essendosi distaccato dalla maniera tradizionale, languida, decadente e vuota, Masuji non si accorge, o rifiuta di riconoscere per rimozione, che il suo impegno patriottico è stato tanto effimero e fugace quanto il patrimonio artistico del mondo fluttuante, dal quale intendeva liberarsi. Per tutta la narrazione aleggia la presenza di un convitato di pietra, una colpa, che si avverte nella sfera personale con la perdita della moglie, morta come unica vittima in un raid aereo quasi alla fine della guerra, e con il rapporto conflittuale con le figlie, che sembrano mettere in dubbio l’autorità paterna, seppur velatamente secondo il rigido cerimoniale nipponico dei rapporti interpersonali. Nella sfera pubblica, a dispetto delle molte autoattestazioni sul proprio ruolo sociale e artistico, sempre proposte dal protagonista/narratore in tono minore per una modestia che tradisce una certa di dose di falsità, la colpa emerge molto più gradatamente e solo verso la fine del racconto, nel rapporto interrotto con colleghi e discepoli dei giorni del successo, con l’oblio della propria opera artistica, con il fallimento del primo fidanzamento della seconda figlia, per il quale le trite scusanti sulla disparità sociale tra le due famiglie vengono da Masuji accettate con una buona fede e una prontezza sospette, in generale nella solitudine inerte e pigra, vagamente percepita come una sorta di punizione.
La colpa aleggia ma rimane indefinita e indefinibile per il lettore e solo alla fine e con fatica da Masuji la ammette, più per non danneggiare le prospettive nuziali della figlia che per convinta autocritica. Nell’indagine sottile e quasi impercettibile che l’autore, trapiantato nel Regno Unito ad appena sedici anni, conduce con l’abilità di sondare delicatamente, quasi come disfacendo un origami, ma implacabilmente l’animo e le contraddizioni di Masuji emergono i contrasti tra due volti del Giappone prima e dopo la II Guerra Mondiale, l’abisso universale che separa l’antico e il moderno anche quando ancora convivono, come recitano le motivazioni per il Nobel alla letteratura del 2017. Quasi per una sorta di contrappasso il mondo effimero delle case di piacere, che Masuji aveva considerato poco significativo, si prende una rivincita sulla vita dell’artista, la cui fama di autore ‘impegnato’ risulta essere molto più fluttuante.
Giudizio:
+4stelle+Dettagli del libro
- Titolo: Un artista del mondo fluttuante
- Titolo originale: An artist of the floating world
- Autore: Kazuo Ishiguro
- Traduttore: Laura Lovisetti Fuà
- Editore: Einaudi
- Data di Pubblicazione: 1994
- Collana: I Coralli (14)
- ISBN-13: 9788806136031
- Pagine: 204
- Formato - Prezzo: brossura - Euro 9,50
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