Recensione
Quello di Vanni Santoni è un nome che, ahimé, non conoscevo. Iniziare proprio con questo libro ha i suoi pro e contro. Da un lato, va detto subito, L'impero del sogno si presenta come il crocevia delle opere di Santoni, il nexus di quello che si è andato costituendo, romanzo dopo romanzo, come una grande cosmologia condivisa.
Una continuity, per usare un termine tanto in voga oggi, grazie anche alla Marvel, e che non a caso compare nel romanzo stesso, per bocca di un protagonista, il Mella, che incarna un certo tipo di subcultura farcita di giochi di ruolo, mitologie fantastiche e supereroi statunitensi.
Il romanzo, per ammissione dello stesso autore, in una nota finale, è il tentativo di dare una architettura fantastica al suo mondo narrativo.
Ne consegue che sussistono dunque tutta una serie di riferimenti interni che il lettore occasionale non ha modo di cogliere e apprezzare.
Dall'altra parte, l'impatto del lettore di passaggio con il mondo onirico di questo romanzo già parla da sé, riuscendo a catturare l'attenzione, ne sono sicuro, di qualsivoglia lettore, per la straordinaria ricchezza delle sue visioni e per una elaborazione tutta personale e originale di un immaginario vastissimo e condiviso dalle diverse subculture contemporanee.
Superata la doverosa premessa, tuffiamoci nel sogno di Santoni.
Il romanzo si divide abbastanza chiaramente in due sezioni: un dualismo che attraversa tutto il romanzo, giocando sul tema classicissimo del confronto sonno/veglia e sogno/realtà.
La prima sezione risponde contemporaneamente alla doppia funzione di creazione (del mondo narrativo, il setting, il contesto di partenza e di appartenenza del protagonista), ma anche di dissoluzione (con le incursioni oniriche che via via si fanno predominanti, sgretolando, pezzo dopo pezzo, il tessuto della realtà ordinaria).
Ci viene presentato il protagonista, e tutto il suo mondo di riferimento.
Va detto che Santoni gioca con certi stereotipi culturali, ma il pregio sta nell'aver infuso carattere e personalità a un personaggio-tipo: lo studente universitario svogliato, dissociato dal proprio presente, privo di prospettive future, immerso in una subcultura di giochi di ruolo e via dicendo.
Di fronte all'angoscia dell'incerto, il Mella si rifugia in se stesso, nei sogni preconfezionati dei giochi di ruolo, e soprattutto nei propri sogni notturni; lì, tuttavia, trova tutta un'altra realtà che chiede di essere vissuta.
Un sogno estremamente ricco e variopinto, a episodi, che va avanti anche quando il ragazzo si sveglia e vive la sua vita "diurna". Ecco che allora si manifesta la personalizzazione del personaggio-tipo: quel mondo onirico, popolato da strani personaggi, divinità, creature fantastiche e aliene, si rifà ovviamente a un archetipo comune, ma è declinato in termini propri del personaggio, è tratto dalle sue fantasie infantili, dalle storie che aveva inventato da ragazzino e da quelle che aveva ascoltato, da uno zio cantastorie o da libri e fumetti.
Il sogno diventa così non solo una scappatoia dal presente, ma un autentico viaggio dentro se stesso.
Il dualismo, dunque, si vede anche in questo: la sovrapposizione del tema del bildungsroman con quello della quest eroica.
Man mano che l'intreccio si sviluppa, cambiano i rapporti di forza tra i due mondi: il punto di svolta è rappresentato dalla doppia (non a caso!) nascita di Gemma, la misteriosa bambina onnipotente su cui ruota tutta la trama, e che nasce dapprima nel Sogno, per comparire poi nella realtà, nel mondo della veglia, portando a compimento il rovesciamento dei due piani.
Nella seconda sezione, così, la distinzione tra i due mondi comincia a perdere senso, a farsi confusa: si ha la sensazione, a ben vedere, che la realtà prenda una piega soggettivistica, realtà è ciò che il protagonista proietta tutto attorno a sé, senza stare a fare distinzione tra reale e immaginato.
Qui ci sarebbe da riaprire interi tomi di filosofia, solo per dare il senso della profondità dell'opera in atto, ma non è la sede opportuna.
In ogni caso, vale la pena ribadire la portata della carica riflessiva del romanzo.
Se questo valore aggiunto è un punto di forza del romanzo, lo è altrettanto il comparto stilistico, anche se con qualche ombra.
La ricchezza dell'immaginario onirico è infatti magistralmente sostenuta da un adeguato profilo stilistico, anche se talvolta la lettura inciampa in descrizioni esagerate e del tutto superflue.
Dall'altro lato, il dualismo torna anche nel profilo stilistico, preferendo una narrazione estremamente asciutta, opaca e grigia nelle scene "diurne", con dialoghi serrati e secchi, del tutto privi di azione e descrizione.
Ancora, mi sembra che si giochi sul valore creativo (nel senso più ampio) dell'immaginazione: l'atto creativo dello scrittore è in effetti duplicato dall'atto creativo del protagonista, che dipinge il mondo circostante a modo suo, proiettandovi il proprio stato d'animo: per questo motivo quanto più variopinto è il sogno, tanto più grigia e spenta è la sua realtà quotidiana.
In questo quadro effettivamente entusiastico non mancano però ombre e osservazioni di altro respiro.
Qualche perplessità proviene dall'ambientazione, soprattutto quella temporale. Se ho capito bene, la vicenda è collocata tra la fine degli anni Novanta e l'inizio del Duemila. Un'età intermedia, in cui i cellulari si sono diffusi tra la popolazione, iniziando un processo di alterazione dei rapporti interpersonali, mentre Internet resta una realtà lontana, fruibile in tempi e spazi limitati.
Perché questa ambientazione così particolare? Immagino che l'autore avrà i suoi motivi: ma non aggiunge nulla al romanzo.
Anzi, il tentativo, specie all'inizio di identificare l'ambientazione da una serie di indizi apparentemente contraddittori (i tantissimi riferimenti a videogiochi, fumetti, film e via dicendo, nonché a Internet e ai mezzi di comunicazione), per assurdo, provoca un rallentamento della lettura. Perché non ambientarla ai giorni nostri, così da essere più facile l'immedesimazione, oppure perché non ambientarla in una epoca un po' più anteriore (per dire: gli immediatamente riconoscibili anni Ottanta)?
Perplessità ancora vengono sollevate, e qui non si tratta di dettagli di poco conto, dallo sviluppo in generale. Ad affascinare, in questo romanzo, è l'idea di fondo, è il viaggio, piuttosto che il traguardo. Cosa peraltro necessaria, alla luce del finale apertissimo.
La trama, però, volendo seguire attentamente il susseguirsi degli eventi, non lascia pienamente soddisfatti. Non va taciuta la sensazione che la trama va perdendo colpi, e che alla fine tutto si risolva in un virtuosismo che non conclude nulla.
Nondimeno, se mancano i presupposti per far gridare al capolavoro, si può cogliere positivamente la scoperta, come nel mio personalissimo caso, di questo scrittore e di questa nuova pagina del fantastico italiano, in cui Vanni Santoni si trova in buona compagnia.
Giudizio:
+4stelle+Dettagli del libro
- Titolo: L'impero del sogno
- Autore: Vanni Santoni
- Editore: Mondadori
- Data di Pubblicazione: 2017
- Collana: Narrative
- ISBN-13: 9788804680796
- Pagine: 271
- Formato - Prezzo: Brossura - 18,00 Euro
0 Commenti a “L'impero del sogno - Vanni Santoni”
Posta un commento