Recensione
Sono il riscatto delle proprie origini e il desiderio di potersi realizzare i veri protagonisti del nuovo lavoro di Claudia Musio, incarnato in maniera vivida dalla protagonista Elisa, la cui storia viene raccontata sin da quando la piccola ha undici anni e vive una situazione di povertà estrema in famiglia. Per questo motivo è obbligata a trasferirsi a Casteddu dal suo paese d’origine per lavorare dalla modista Alba, ma l’idea di sfuggire a un percorso predestinato tocca le corde dei suoi sogni, che vorrebbero farla emancipare dalla vita che rischia di condurre. E così la piccola Elisa spera: nel futuro, nella rivalsa verso se stessa e tutte le persone come lei. Ma è la sua stessa esistenza che, mettendosi di traverso, continuerà a metterla alla prova: gli anni scorrono, lei cresce ma anche se sembra abbandonarsi all’ineluttabilità della sua storia, invero non smette mai di credere che le cose debbano migliorare, partendo proprio dalle sue forze, dal volersi rimboccare le maniche e comprendere che, in primo luogo, lo deve a se stessa prima di ogni altra cosa. Ambientato a partire dal primo dopoguerra, il lettore ha modo di confrontarsi con una realtà sociale d’altri tempi, anche quando il resto della realtà occidentale sembra risollevarsi, si ha come l’impressione che invece al paese e della famiglia di Elisa non sia percepita l’innovazione: la trama sociale è rigida, chi nasce servo non può desiderare, non può ambire a un’estrazione differente. Il motivo è più semplice di quanto possa sembrare: ci troviamo in una periferia anni luce lontana dalla vita di città e per di più nell’isola sarda, laddove le origini e le tradizioni hanno maggiori difficoltà a essere estirpate. Elisa sembra avere tutti contro: un padre affettuoso ma delegante nei confronti di una madre rigida, anaffettiva e refrattaria ai cambiamenti e ai sogni, due sorelle che rispetto a lei preferiscono adattarsi al consono e che forse, in qualche modo, pur amandola non apprezzano sino in fondo la sua spinta elevatrice verso l’altro, per timore di vederla soffrire. E poi c’è lei, il suo impegno ma anche la sua voglia di realizzarsi come donna: nel corso delle pagine conosciamo l’amore e il rifiuto, la sofferenza e la decisione di non lasciarsi più andare, per quanto rimanga sempre in bilico tra i battiti del cuore che la obbligherà a rassegnarsi al sentimento, anche se cercherà di rifiutarlo fino alla fine. È la stessa protagonista che, comunque, ci spiega quale sia il suo spirito:
"Non metterò il mio futuro nelle mani di una speranza". "E nelle mani di chi lo metterai, allora?". Elisa sorrise."Nelle mie".Perché quella che sembra una storia peculiare di una persona diventa un’esperienza comune a tutti quanti: Elisa incarna l’archetipo della donna che vuole rivedere il proprio ruolo e affermarsi nella società, lottando anche a livello politico pur di vedersi riconosciuto il diritto scontato, o che perlomeno così dovrebbe essere, di autodeterminarsi e di scegliere che tipo di esistenza condurre senza dipendere dall’altrui volontà. Infatti la descrizione puntuale dell’ambientazione e del codice comportamentale tra i concittadini evidenzia un concetto arcaico ma, di questi tempi purtroppo, ancora attuale in certe realtà: la donna non può vivere senza un uomo, non può essere artefice della propria biografia senza che la famiglia o gli altri uomini, o ancora i padroni, decidano al suo posto. Ed è proprio questa la realtà contro cui si scontra e che non smette di affrontare la giovane, spinta dal senso di libertà. E in questo senso diventa proprio un modello esemplificativo, a cui fare affidamento. Per ovvi motivi non posso svelare il finale, rovinerei il gusto della lettura. Smarcandosi dal coinvolgimento del libro per addentrarsi nei dettagli meramente espositivi, la storia si presenta in maniera positiva: l’architettura denota una certa cura che non si perde fino alla fine. Il narrato è esposto in terza persona a focalizzazione interna, dando ampia visuale non soltanto alle vicende e alla descrizione paesaggistica ma anche al vissuto interno dei vari personaggi, filtrati comunque dalla prospettiva della stessa Elisa. E non si può fare a meno di notare la sua crescita personale dettata non solo dagli anni ma soprattutto dal suo sperimentarsi a livello esperienziale: un dettaglio su tutti è la rivalutazione che nel corso della storia avviene della figura di Alba, la prima donna che insieme alla bimba sogna un futuro migliore per lei: dall’affettività, forse incompresa, di una bimba obbligata a crescere troppo in fretta seguirà la rivalutazione di una giovane adulta che riempie di motivazione quanto agli occhi della bambina sembrava incomprensibile, consentendole in qualche modo di riempire un vuoto che l’ha condizionata per lungo tempo. Dall’illusione al disincanto il passo si fa breve. Lo stile è edulcorato ma senza troppi giri di parole, accattiva la lettura, rendendone l’esperienza tutta da gustare. Il profumo della mimosa è un’opera che racconta tanto senza scomodare particolari ragionamenti: arriva dritto al cuore il suo messaggio e non può lasciare indifferenti, agevolato soprattutto da un’atmosfera intensa e godibile. Si tratta di certo di un libro caldamente consigliato, dedicato a tutti quelli che credono che dalla cenere, a volte dal dolore e dalla rottura degli schemi, possano nascere e crescere grandi progetti. Ed Elisa ne è stata la testimonianza vivente, su questo non ci sono dubbi.
Giudizio:
+4stelle+ e mezzoDettagli del libro
- Titolo: Il profumo della mimosa
- Autore: Claudia Musio
- Editore: La Zattera
- Data di Pubblicazione: 2017
- ISBN-13: 9788885586017
- Pagine: 235
- Formato - Prezzo: Brossura - € 18,00
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