Recensione
Un romanzo dai tratti delicati a livello di scrittura così come di emozione quello di Hiro Arikawa, che in gran parte riprende le tendenze di scrittura a cui in questi anni ci siamo abituati con la letteratura di matrice nipponica. La storia, raccontata per gran parte dalla voce del gatto Nana, intervallato da descrizioni di flashback del passato del suo amico (non padrone, ma proprio amico) umano Sartoru, ci rappresenta la realtà di un giovane e del suo gatto randagio diventato domestico per affetto e necessità, e nel contempo ci trasporta nelle terre del Giappone, dalle sue città enormi e ordinate fino alle campagne, alla vita agreste, il mare, il Monte Fuji e le periferiche isole, passando per la gelida e affascinante Hokkaido, con la descrizione di paesaggi tali da mozzare il fiato soltanto leggendo. La vita di Sartoru è costellata di grandi tragedie da cui lui è riuscito, nel bene o nel male, a tirare avanti con positività, ma quello in cui si permea l’intero impianto narrativo è proprio il rapporto intenso, sicuramente umanizzato ma ricco di tanti riferimenti congrui dal profilo etologico, tra il ragazzo gattofilo e il micio. Un rapporto che si costruisce e si barcamena passando dalla diffidenza iniziale di Nana e la totale disponibilità dell’umano, fino a rinsaldarsi di giorno in giorno, o meglio, di viaggio in viaggio. I due in effetti intraprendono un percorso dopo che Sartoru comunica ai suoi affetti del passato di dover lasciare in stallo il gatto, ma ogni piega sembra andare storta in quel versante: Nana e Sartoru rimangono insieme, consentendosi reciprocamente di scoprire la dipendenza l’uno dell’altro. Forse se ci si accosta in maniera cinica alla storia raccontata e non si ha mai avuto modo di sperimentare l’attaccamento viscerale che lega l’animale all’uomo e (soprattutto) viceversa, non si può comprendere le implicazioni e le sfaccettature della biografia dei due protagonisti: solo chi ha un amico a quattro zampe conosce l’amore, quello cieco e incontrastabile. Che ti trascina e ci lega a doppio nodo, tanto da sentirne l’assenza nel momento in cui uno dei due scompare dall’esistenza dell’altro. E chi ci dice che gli animali non hanno un’anima in fondo e non siano capaci di amarci esattamente come facciamo noi? Questo, come tanti altri quesiti, è capace di suscitare il romanzo. Tra i contenuti, a parte l’evidente animalismo e il reciproco rapporto, si parla nelle vicende di solitudine, malattia, di capacità di adattamento che in un modo o nell’altro sia Nana e Sartoru ci insegnano: l’uno per sopravvivere agli inverni e alla scarsità di cibo, l’altro per convivere semplicemente con la sua biografia caratterizzata dalla perdita, dal legame fragile con i propri amici del passato ma che in qualche modo lui stesso mantiene, annodandosi alla voglia di vivere a doppio filo, in un intreccio di non detti e spesso, di nemmeno vissuti. Il libro, dal profilo espositivo, si presenta in modo peculiare: oltre l’alternanza tra la voce diretta di Nana e i suoi racconti del prima del suo padrone, è scritto in modo estremamente delicato, senza eccessi narrativi né eccessivi colpi di scena, che conducono il lettore fino alla fine delle pagine con un’atmosfera onirica, quasi impalpabile. Ed è proprio così che può essere preso Cronache di un gatto viaggiatore: un racconto romanzato che intesse un rapporto speciale e si incastona nell’animo del lettore capace di recepirne l’intensità. Una lettura composta di tante pennellate, che porta a riflettere a volte sul senso della vita stesse e delle sue prove, per desumerne un insegnamento semplice: c’è sempre qualcosa di buono anche nelle difficoltà, che vale la pena di essere vissuto.
Giudizio:
+3stelle+ e mezzoDettagli del libro
- Titolo: Cronache di un gatto viaggiatore
- Titolo originale: Tabineco Ripoto
- Autore: Hiro Arikawa
- Traduttore: Daniela Guarino
- Editore: Garzanti
- Data di Pubblicazione: 2017
- Collana: Narratori Moderni
- ISBN-13: 978-8811672586
- Pagine: 269
- Formato - Prezzo: Cartonato € 16,90
Mi attira veramente molto, ma coi libri con gli animali ho un problema: alla fine nove volte su dieci l'animale muore e io ci sto malissimo (da quando ho due mici la mia tolleranza per la morte di qualsiasi animale nella narrativa è scesa a zero).
RispondiEliminaQuindi ti chiedo: il gatto sopravvive? Perchè in caso contrario non lo guardo neanche XD
Katerina mica posso svelare il finale :p
RispondiEliminaPerò credimi, vale la pena leggerlo