Recensione
Il romanzo a tratti intimistico di Crocifisso Dentello accompagna il lettore in un’esperienza di esistenza singolare, ma più comune di quanto si creda nei tempi passati, quando essere omosessuali era ancora un tabù. Diventava spesso una vita intera da nascondere a chi ti circondava.
La voce narrante è quella di Ernesto, che vive a Milano e che, nonostante la precarietà economica della sua famiglia, composta da lui e dalla moglie Agata, non riesce a rinunciare ai piaceri del sesso a pagamento con uomini extracomunitari, nonostante il prezzo esiguo, per riempire una fame specifica, insita in lui, a cui non riesce a resistere. Proprio durante uno di questi incontri, sua moglie, rimasta sola in casa, viene a mancare, e quando arriva a casa è troppo tardi.
La morte di Agata dà all’uomo lo spunto per attraversare il loro passato, che li porta dritti nei fulgidi anni delle azioni dei rivoluzionari, della ribellione a cui loro stessi, da giovani, avevano aderito.
In un continuo rimando dal presente al passato e viceversa, Ernesto non riesce ad affrancarsi dal senso di colpa, uno dei nodi centrali dell’intera trama: non solo per via della sua doppia vita, costellata di bugie e di tradimento nei confronti della moglie così come di se stesso, ma anche per un segreto, relativo proprio alla loro attività all’interno dell’organizzazione di un attentato, il cui esito cambierà per sempre le vite di entrambi.
Nel romanzo si tratta una storia in cui di certo, tra tutti i contenuti, viene messo al centro gioco forza l’elaborazione del lutto e il pentimento a esso correlato: quando chi ami da tanto, così come quando perdi la persona che con te ha vissuto tanto tempo, è come se una parte di te stesso morisse con lei. Lo stesso Ernesto in più di un’occasione esprime questo suo cordoglio, in modo diretto così come lasciandolo intendere.
È una fase critica, che mette a dura prova la resistenza morale e intellettiva delle persone, e nel suo caso questa situazione tende a ripercorrere il loro passato, a rielaborare le paure dell’uomo così come la sua codardia nell’emergere e nell’affermarsi, accettandosi magari per quello che sarebbe dovuto essere. In questo specifico ambito la sua storia non è molto dissimile da quanto realmente accadeva quando ancora essere gay era una maledizione, non solo per la persona ma soprattutto a livello sociale.
In molti della generazione di Ernesto hanno compiuto quel tipo di scelta di vita, e in molti libri degli anni passati si affronta un argomento del genere, sia a livello nazionale che a livello internazionale, risultando magari per i lettori abituati o appassionati alle storie di persone omosessuali, per certi versi scontato.
Ma a ogni modo su questo specifico versante la psiche intima del narratore, perché Ernesto ci parla in prima persona raccontandoci emozioni, avvenimenti e turbamenti, viene resa in modo chiaro e inequivocabile.
Una caratteristica che mi ha colpito comunque nella lettura di quest’opera, è di certo che per quanto sia Ernesto a raccontare la storia, la vera protagonista rimanga Agata. Non solo come ricordo onnipresente, ma come carattere, stile di vita e personaggio capace di bucare le pagine e arrivare dritta al lettore, senza sconti. Una donna che mai sapremo se, in qualche modo, avesse realizzato la doppia vita del marito, che lo amava di certo, se gli era restata accanto per tutto quel tempo, nonostante fosse lei con i suoi duri lavori il motore economica della famiglia dopo che Ernesto, a seguito di un licenziamento, non era più riuscito a venire a galla.
Nel contorno, a parte l’ambientazione prettamente italiana, un’altra riflessione scaturisce in modo naturale proprio su questo argomento, tremendamente attuale: la crudeltà del mercato del lavoro, che quando ti espelle, sulla base dell’età di chi si ritrova senza un impiego, ti ostracizza, divenendo un male spesso dalle conseguenze atroci per chi si ritrova all’improvviso disoccupato.
Una stortura sociale che purtroppo in questi tempi rimane attuale e sempre presente e su cui l’autore, con pochi ma ben azzeccati riferimenti, getta uno sguardo implacabile, costringendo chi legge a viverne il dramma, a non fare finta di nulla.
Lo stile narrativo appare sobrio, calibrato nell’emotività così come nella descrizione puntuale dei vari tasselli che, sino alla fine non compongono il quadro completo se non nelle ultime pagine. Il narrato è caratterizzato da un utilizzo di periodi brevi, ma con un registro alto, non solo nel metaforico quanto proprio nella scelta dei vocaboli.
Questa tendenza, di chiara matrice letteraria, di sicuro eleva la lettura a un livello superiore, ma a volte sacrifica l’immediatezza delle scene. Ernesto riflette, soffre, l’emotività prevale in ogni passaggio, come una coltre, anche nei dialoghi, nelle cornici dirette.
Questo denota comunque una certa sicurezza di scrittura, che può essere apprezzata da chi ricerca un’elaborazione maggiore della narrativa, senza accontentarsi della mera descrizione accattivante di un determinato passaggio, ma che di per contro può non incontrare l’apprezzamento di tutti i lettori.
Ma a prescindere dai gusti personali, La vita sconosciuta appare comunque una lettura degna di essere annoverata nell’universo letterario nostrano: Dentello si dimostra uno scrittore elaborato e nel contempo attento, capace di inscenare un intensa emotività dai dettagli più semplici. Per questo l’approccio a un libro del genere, va fatto con cognizione e rispetto. Chi ricerca una lettura dallo stile edulcorato capace comunque di rendere la drammaticità di un’esperienza esistenziale di uno qualunque di noi, non ne rimarrà di certo deluso, lasciandosi trasportare dalla storia per mano, sino alla fine.
Giudizio:
+3stelle+ e mezzoDettagli del libro
- Titolo: La vita sconosciuta
- Autore: Crocifisso Dentello
- Editore: La nave di Teseo
- Data di Pubblicazione: 2016
- Collana: Oceani
- ISBN-13: 9788893441346
- Pagine: 120
- Formato - Prezzo: brossura - € 16,00
0 Commenti a “La vita sconosciuta - Crocifisso Dentello”
Posta un commento