Recensione
In questo romanzo ritroviamo molti elementi comuni a un certo tipo di letteratura, da taluni definita post-western, dove scopriamo uno stato americano ancora rurale, nonostante i tempi recenti: è l’America delle lande naturali del Wyoming, tra deserto e ranch, coyote, cavalli e cowboy, paesaggi mozzafiato e silenzi impenetrabili come quelli generati dalla neve che con la sua coltre immobilizza ogni cosa. In quest’ambientazione accattivante vive John: un uomo vedovo da sei anni, che ha un rapporto difficile con l’altro sesso (ma non per questo non ne rimane attratto, nonostante sia ancora legato alla sua Susie) e che possiede una farm dove alleva cavalli, coi quali a volte si sente più in sintonia anziché con le persone. Insieme a lui vive lo zio Gus, novantenne ancora autonomo e soprattutto saggio, nonostante gli anni di galera. La sua vita, cadenzata dai doveri di conduzione dell’azienda e dalle scappate in paese per approvvigionarsi, sembra seguire un continuum sempre identico, ma inizia a vacillare quando il suo unico lavoratore Wallace verrà arrestato con l’accusa di aver ucciso un giovane gay, per quanto John stenti a crederci. Da questo avvenimento la sua esistenza subirà una virata esistenziale netta, in cui tutto viene messo in discussione: John non solo non conosceva l’omosessualità ma si era mantenuto ben a distanza dall’odio della gente per rendersi conto che ancora una volta, fuori dalle grandi città, la morale è differente, meno accogliente. Più dura verso il prossimo. In 230 pagine circa, anche se non potrebbe sembrare, ritroviamo tanti argomenti correlati al dilemma etico: accettare l’altro o no, in qualunque forma esso sia e soprattutto chiunque egli ami. Accettare e fidarsi, o forse anche capire che alla fine non ci esistono differenze, anche quando sembra difficile e tutti sembrano remarti contro. Un altro argomento centrale di questa storia è proprio l’odio per la diversità, da cui non si viene messi al riparo, e le cui conseguenze possono diventare inimmaginabili. Troviamo infine uno riferimento, attraverso la storia di uno dei personaggi che spunteranno nelle vicende correlate alla stabile vita dell’allevatore di cavalli, ovvero quanto a volte sia difficile il rapporto tra una persona omosessuale e la sua famiglia, soprattutto quando un padre (o una madre) non riescono a fare davvero quel salto di amore che li porta ad accogliere il proprio figlio, ciò che prova. È il caso del giovane David, figlio di un vecchio amico del college di John, a cui l’uomo si ritrova a badare suo malgrado: è proprio grazie a David che John stesso impara a mettere in discussione le sue credenze: quando un tratto importante come l’omosessualità ti colpisce da vicino, cambi prospettiva, vieni obbligato a riflettere, a dare un nome a quello che pensi e soprattutto a ciò che leggi negli occhi degli altri. Odio, riprovazione, delusione e paura. E allora John ci insegna il meccanismo dello scollamento tra quello che la morale prevede e ciò il cuore, invece, ti dice. Nella storia, i vari personaggi che si avvicendano, anche se a volte senza soluzione di continuità, appaiono densi e approfonditi: abbiamo tra gli altri Morgan, la vicina di John, con la quale lui vive una relazione amorosa quando lei riesce a fargli abbassare le sue riserve; c’è Howard, il padre di David, che diviene l’antitesi del protagonista per comportamento e indole; conosciamo Robert, che insieme a David arriva in città per una manifestazione contro l’odio dopo la morte del giovane omosessuale e che riveste il ruolo dell’omosessuale moderno, pieno di contraddizioni personali e a tratti di puro sentimento d’ostentazione, abituato forse a mostrarsi in pubblico per nascondere le sue debolezze. Tutti personaggi che, nel bene o nel male, regalano qualcosa a John per la sua crescita personale. Forse la figura più maltrattata dall’autore è Wallace, il presunto omicida, che scompare troppo presto dalla scena con un gesto fatale senza ottenere appieno la sua redenzione. Il libro riporta le vicende in prima persona, con uno stile scorrevole e abbastanza preciso, a parte qualche refuso presente tra le pagine, la lettura si avvia leggera per tutti i quattordici capitoli, sino al finale un po’ a sorpresa, forse aperto o meglio, interrotto. Di fatto la storia si conclude sciogliendo il nodo di chi ha ucciso il giovane e chi ha fatto del male a David, ma la scena si svolge in un modo affrettato, lasciando un pizzico di scontentezza nel lettore, a causa proprio del desiderio di un maggiore approfondimento, nelle intenzioni così come nella vita di John dopo la soluzione del caso. Nonostante le perplessità esternate, Ferito rimane comunque un libro che può suscitare interesse. Una storia dedicata a chi vuole conoscere l’America lontana dalle strade trafficate e dalla modernità, coi suoi paesaggi mozzafiato e le sue contraddizioni interne, un romanzo che comunque racconta l’esperienza di un uomo che si confronta con il mondo insegnandoci che non è mai tardi per cambiare idea.
Giudizio:
+3stelle+ e mezzoDettagli del libro
- Titolo: Ferito
- Titolo originale: Wounded
- Autore: Percival Everett
- Traduttore: Marco Rossari
- Editore: Beat
- Data di Pubblicazione: 2015
- ISBN-13: 978-8865591215
- Pagine: 234
- Formato - Prezzo: € 9,00
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