Recensione
L’aspetto che di certo prevale in questo romanzo, è il contesto storico, da non intendersi come mera enunciazione di avvenimenti comunque presenti quanto, invece, la trasposizione fedele delle abitudini e dei comportamenti sociali che, nelle varie epoche di riferimento del secolo scorso, sono state ampiamente rese in modo puntuale da parte dell’autrice. Le vicende infatti si sviluppano a partire dall’immediato dopo guerra, a Roma, raccontandoci le vicende di due famiglie che si sfiorano appena, la cui storia gravita attorno alle figlie Ilaria e Michela, le vere protagoniste dell’opera, per poi transitare dopo un’ampia fetta di tempo agli anni settanta, quando le due ragazze, in modo fortuito, intersecano i loro destini e soprattutto i loro drammi personali. Sia la descrizione ambientale che storica, che si ripercuote nel tratto sociale descritto, hanno un rilievo molto curato all’interno del testo, che prevale e che consente al lettore di entrare in sintonia non solo con i personaggi, ma con tutto l’insieme, sia nelle regole comportamentali e morali, sia nelle reazioni di cambiamento che piano piano si instillano all’interno della trama. Ilaria ha la sfortuna, sin da piccola, di perdere il proprio padre e di ritrovarsi con una madre disabile grave, a seguito dello stesso incidente che ha ucciso il primo, e di uno zio che suo malgrado si ritrova a essere suo tutore. Enzo, questo è il suo nome, subisce una morbosa attrazione per la piccola, ritenendola sua, un cambiamento forse un po’ troppo repentino all’interno della storia, tanto che il lettore si ritrova ad avere a che fare con un uomo su cui aveva iniziato a pensare in un certo modo per poi cambiare diametralmente opinione. Questo passaggio, a mio avviso delicato, forse meritava una cura maggiore. Michela invece vive con la madre Annamaria, il padre Mario e le due zie Irma e Iole, sorelle del padre, che identificano in lei la possibile erede di una setta pagana a cui partecipavano da lungo tempo, coinvolgendo la piccola in una serie di attività che si ripercuoteranno in modo negativo sulla sua psiche e la sua crescita. Di fatto l’argomento fondante del romanzo è proprio la violenza, che sia sessuale o psicologica, sempre perpetrata sul minorenne, e sempre atta a produrre un trauma da cui è difficile riprendersi. In questo senso sia Michela che Ilaria, ma prevalentemente la seconda, come personaggi acquisiscono una tridimensionalità netta e gradevole all’interno del testo, lasciando trasparire delle vite che entrano in empatia con chi le legge. Anche quando certe scene piuttosto forti vengono comunque riportate fedelmente, lasciando dell’amaro indelebile sul dolore e la sofferenza patita. Intorno a loro gli adulti agiscono, cercano di lottare, proprio come fanno le madri di entrambe, con esiti diametralmente opposti: Annamaria riuscirà ad allontanare sua figlia dalle due megere, pagando un prezzo inusitato, mentre Ilaria perderà la propria madre rimanendo alla mercé dell’orco con cui sarà costretta a convivere. I protagonisti maschili, Enzo a parte, invece rimangono più sullo sfondo, in un romanzo che comunque racchiude l’universo femminile in diverse sfaccettature. Negli anni settanta il salto temporale ci fa assaporare due giovani donne ancora alle prese con i propri drammi. Il contesto sociale è cambiato, si respira un’aria nuova, più libera e ben corredata da riferimenti precisi, ma soltanto con il reciproco aiuto riusciranno a capire i loro drammi e soprattutto a svicolarsene, in modo definitivo. È proprio sulle ultime battute però rimane l’amaro in bocca. Perché liberarsi da un incubo comporta comunque un costo, che una delle due dovrà pagare in favore dell’altra. Analizzando il romanzo in termini meramente valutativi, forse nasce l’impressione che il finale sia un po’ troppo aritmico rispetto al resto del testo, che si snoda in modo lento e costante, in dettagli a volte non necessari, altre volte che danno colore alla vicenda. Nelle ultime pagine invece tutto subisce una brusca virata, balzando agli occhi del lettore con estrema fretta che, in qualche modo, non giustificano determinate scelte estreme compiute. A corredo della storia troviamo puntuale un appendice sugli avvenimenti e i riferimenti citati all’interno delle epoche affrontate, per quanto appartenenti al medesimo secolo, si può affermare che comunque le vite delle persone, per le variazioni sociali, cambiano sensibilmente una volta allontanato lo spettro della guerra, decennio dopo decennio. Lo stile è composito, molto esauriente e calibrato sui dettagli, non si sono rilevati errori di sorta, se non qualche piccolo refuso sfuggito. Forse a volte sarebbe stato necessario snellire un po’ certe parti della prosa, per non dilatare troppo i tempi di reazione dei personaggi e dare un po’ più di senso vivido al testo, che potrebbe rischiare di disperdere l’attenzione del lettore. Forse un maggiore lavoro sul testo avrebbe magari aiutato la storia a brillare maggiormente sul contesto narrativo. A ogni modi, è così che si presenta Una morte sola non basta. Un romanzo che racconta gli incubi di due giovani donne ma che nel suo insieme ci spiega cosa significava vivere per una generazione intera di persone che ancora oggi possiamo trovare attorno a noi. Una lettura che richiede comunque una certa forza, proprio per la crudezza del dramma che ci viene raccontato, ma che lascia diversi strascichi di riflessione su cui ponderare alla sua conclusione. Questo romanzo si rivela un’esperienza libresca particolare, che può essere apprezzata ma che comunque ha il potere di metterti al confronto con delle esistenze negate che cercano in qualche modo una rivalsa sulla terra.
Giudizio:
+3stelle+Dettagli del libro
- Titolo: Una morte sola non basta
- Autore: Daniela Alibrandi
- Editore: Del Vecchio editore
- Data di Pubblicazione: 2016
- Collana: formelunghe
- ISBN-13: 9788861101593
- Pagine: 416
- Formato - Prezzo: € 19,00
0 Commenti a “Una morte sola non basta - Daniela Alibrandi”
Posta un commento