L'incipit in un libro è tutto. In pochi capoversi l'autore cattura l'attenzione del lettore e lo risucchia nel vortice della storia. Oppure con poche banali parole lo perde per sempre...
Quanti libri, magari meritevoli, giacciono abbandonati dopo poche righe sui comodini di ogni lettore? E quanti altri invece sono stati divorati in poche ore perché già dalle prime righe non siamo più riusciti a staccare gli occhi dalle pagine?
Anche questo mese vogliamo condividere con voi gli incipit dei libri che stiamo leggendo, perché alcuni di voi possano trarre ispirazione per le loro future letture e perché altri possano di nuovo perdersi nel ricordo di personaggi e atmosfere che già una volta li avevano rapiti...
«La macchia rossa era come un grido nel silenzio. Il terreno innevato era così bianco da avere quasi bandito l’oscurità della notte invernale, primordiale nella sua purezza. Nevicava da quella mattina, grossi fiocchi pesanti che cadevano a terra con grazia. La sera c’era stata una tregua e da allora di neve non ne era più scesa.
In giro c’era poca gente. Molti erano rimasti a casa, felici di godersi il maltempo da dietro le finestre. Era possibile che alcuni avessero deciso di non muoversi dopo il decesso alla filodrammatica. Le notizie viaggiavano veloci e l’atmosfera era carica di sospetti, nonostante l’apparente tranquillità. Un uccello in volo non avrebbe notato nulla di strano, né avrebbe avvertito la tensione nell’aria, l’incertezza e persino la paura, a meno che non fosse passato sopra il giardino sul retro della casa al centro della piccola città.»
«Libanio a Prisco. Antiochia, marzo 380 A.D.
Ieri mattina, mentre stavo per entrare in aula, sono stato fermato da uno studente cristiano che mi ha chieso in modo malizioso:"Hai saputo dell'imperatore Teodosio?"
Mi sono schiarito la gola, apprestandomi a scoprire la ragione di quella domanda, ma lui è stato più veloce di me. "si è fatto battezzare. è cristiano".
Mi sono astenuto dal commentare. Al giorno d'oggi chiunque può essere un agente segreto. Inoltre, non ero particolarmente sorpreso dalla notizia. Quando, l'inverno scorso, Teodosio si è ammalato e i vescovi sono accorsi come avvoltoi a pregare al suo capezzale, ho capito che, se si fosse salvato, loro si sarebbero presi tutto il merito della sua guarigione. Ebbene, si è salvato. E adesso abbiamo un imperatore cristiano d'Oriente, a fare il paio con con Graziano, il nostro imperatore cristiano d'Occidente. Era inevitabile.
Ho fatto per entrare in classe, ma il giovanotto non aveva ancora esaurito il suo piacevole compito. "Teodosio ha anche emesso un editto. L'hanno appena letto davanti al Senato. Io l'ho sentito. E tu?"
"No, ma apprezzo sempre la prosa imperiale", ho risposto con garbo.
"Stavolta forse non l'apprezzerai. L'imperatore ha dichiarato eretici tutti quelli che non seguono il credo di Nicea".
"Temo proprio che la teologia non sia il mio forte. Ed è improbabile che l'editto riguardi chi è rimasto fedele alla filosofia".
"Riguarda tutti i cittadini d'Oriente" , ha detto lui scandendo bene le parole e guardandomi dritto negli occhi. "L'imperatore ha perfino nominato un inquisitore per indagare sulla fede dei suoi sudditi. I tempi della tolleranza sono finiti"
Sono rimasto senza parole; per un istante, il sole mi ha accecato; la vista mi si è annebbiata e ho creduto di essere sul punto di svenire, se non di morire.'»
«Venne la notte e la musica ancora riempiva Silverbell Street. Il tradizionale Ballo d’Inverno colmava di luce il salone centrale della Lucretius Grammar School e le finestre della scuola brillavano entro la cornice di pietra della facciata. Mergens sidera coelum, recitava il motto al di sopra del portone. “Il cielo in cui tramontano le stelle”. Lì, in quella notte di dicembre piena di musica e di bagliori, nessuna stella tramontava: erano tutte in cielo, presenti all’appello, che si tenevano strette nelle loro costellazioni illeggibili.
Se una stella curiosa si fosse spinta un po’ più in là e avesse avuto il coraggio di attraversare i vetri delle finestre col suo sguardo, avrebbe visto tante vite giovani che ballavano e si stringevano e poi si lasciavano, volteggiando sul pavimento tirato a lucido del salone centrale. Probabilmente, tutta quella gioia di vivere, tutto quel divertimento, avrebbero reso la Lucretius una sala da ballo piuttosto che una scuola, e in quel momento era proprio questo: pura, luminosa gioia di vivere. »
«Che comincia presso il Ponte dei Sospiri Correva l’anno milleseicento e un po’, e correva tanto forte che ormai era quasi arrivato al traguardo: era precisamente la vigilia di Natale, e il giovane magro e cencioso malinconicamente accoccolato sotto un balcone di Venezia lo sapeva purtroppo. «Domani è Natale, - pensava Arlecchino, fissando l’acqua del canale, nera come i suoi pensieri, - e io avrò certamente più fame degli altri giorni. Nel mio stomaco ci deve essere un calendario: nei giorni festivi, infatti, esso brontola molto di più che nei giorni feriali». Aveva passato la giornata in piazza San Marco a dar la caccia a un piccione che gli sembrava fatto su misura per l’arrosto natalizio. Ma i piccioni lo conoscevano da quel dì. Quando lo vedevano arrivare in piazza, si passavano la voce: All’armi! C’è quel morto di fame. Lasciamogli il miglio e salviamo le penne. E levandosi in volo andavano a mettersi al sicuro in cima al campanile. Arlecchino si chinava, fingendo di allacciarsi le scarpe, e si riempiva le tasche di miglio e di risina. Allora intervenivano le guardie, per impedirgli d’ingrassare alle spalle della città di Venezia, che spende fior di soldi per mantenere i suoi bei piccioni. »
«IL secondo giorno di dicembre di un anno in cui un coltivatore di noccioline della Georgia era impegnato nei suoi traffici alla Casa Bianca, uno degli alberghi più rinomati del Colorado venne raso al suolo da un incendio. Il disastro dell’Overlook fu totale. In seguito alle indagini, il capo dei vigili del fuoco di Jicarilla County stabilì che la causa era da attribuirsi a una caldaia difettosa. Quando l’incidente si verificò, l’hotel era chiuso per il periodo invernale e dentro c’erano solo quattro persone. Tre riuscirono a salvarsi. Il custode durante i mesi fuori stagione, Jack Torrance, morì nel vano ed eroico tentativo di abbassare la pressione della caldaia, salita a livelli vertiginosi per colpa di una valvola guasta. Due dei superstiti erano la moglie e il figlioletto dell’uomo. Il terzo era il cuoco dell’Overlook, Richard Hallorann, che aveva lasciato l’impiego stagionale in Florida ed era tornato dai Torrance spinto dal «forte presentimento» (per usare le sue stesse parole) che la famiglia si trovasse nei guai. In seguito all’esplosione i due adulti riportarono gravi ferite. Solo il bambino rimase illeso. Almeno fisicamente.»
«Mezzanotte. Nera come il cuore di Satana.
Uscirono dall'oscurità in una Chevrolet Impala nera del '66, divorando verso nord la statale 59 come tanta succosa caramella mou grigia. Nella notte fonda l'automobile, tutta sola lì fuori, sembrava una macchina del tempo venuta da un futuro malvagio. I fari erano bisturi d'oro che squarciavano ilo grembo delicato della notte, si spingevano nelle sue viscere ma consentendo loro di rimarginarsi per bene dopo il passaggio della vettura. Il motore, perfettamente a punto e pesantemente truccato, gemeva di piacere sadico.
Appena due ore prima, a una settantina di chilometri da Houston, l?impala aveva assestato un colpo a una Plymouth bianca, come un barracuda che s'avventi sul morbido ventre di un pesce bianco. La Plymouth del '73 andava a novanta all'ora. Si trovava sulla sua corsia e andava incontro alla Chevrolet, facendosi i fatti suoi, quando il demone nero aveva oltrepassato la striscia e il suo clacson aveva gridato nel buio. Non era un suono d'avvertimento, ma un insolente rimbombo d'autorità:" Togliti di mezzo, pesce bianco, la strada è mia!".»
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