L'incipit in un libro è tutto. In pochi capoversi l'autore cattura l'attenzione del lettore e lo risucchia nel vortice della storia. Oppure con poche banali parole lo perde per sempre...
Quanti libri, magari meritevoli, giacciono abbandonati dopo poche righe sui comodini di ogni lettore? E quanti altri invece sono stati divorati in poche ore perché già dalle prime righe non siamo più riusciti a staccare gli occhi dalle pagine?
Anche questo mese vogliamo condividere con voi gli incipit dei libri che stiamo leggendo, perché alcuni di voi possano trarre ispirazione per le loro future letture e perché altri possano di nuovo perdersi nel ricordo di personaggi e atmosfere che già una volta li avevano rapiti...
«Mio caro Francesco, stamattina ho fatto il biglietto. Parto il 30 di novembre, fra un mese e quindici giorni. Una settimana fa ho spedito i miei tre bauli. Ci sono dentro dei libri, dei vestiti e delle camicie. Quando arrivano, fammi una telefonata. So bene che tu alle lettere preferisci il telefono. Io il contrario.
Sono molto contento di partire. Sono molto contento di rivederti. Negli ultimi tempi, la vita qui mi era diventata difficile. Non respiravo più. Quando ho deciso di venire da te, il respiro mi è tornato.
Sono anche molto dispiacente di partire. Penso che avrò nostalgia di alcune persone e luoghi, a cui sono fortemente legato. Non credo che stringerò nuove amicizie. Sono diventato, con gli anni, piuttosto solitario. Avevo qui alcuni amici, non molti, e ne sentirò la mancanza. Ma di qualcosa bisogna pure soffrire. Avrò la tua compagnia e sarà molto per me. Ti sono molto affezionato, come sai, e ho sentito vivamente la tua mancanza, in tutti questi anni. Le tue visite erano rare e brevi. Mi facevano piacere, certo, ma nello stesso tempo mi rattristavano, perché erano brevi e perché temevo sempre che ti annoiassi, temevo sempre che la mia compagnia per te fosse poco.
Mi chiedo spesso se tu sei contento che io venga. Sei stato tu a dirmi di venire, certo, ma in qualche momento mi prende il dubbio che dopo te ne sei pentito. Ma a questo punto, se te ne sei pentito, pace. Ho fatto il biglietto e partire parto. Finanziariamente, cercherò di pesarti il meno possibile.
Vengo in America come uno che ha deciso di buttarsi nell’acqua, e spera di uscirne fuori o morto, o nuovo e diverso. Lo so che questi discorsi ti irritano, ma io provo questa sensazione e voglio che tu lo sappia.
Di mio figlio non sentirò la mancanza perché non lo vedo mai.
Ti abbraccio.
Giuseppe »
«Alle diciannove, ora di bordo, mi feci strada tra gli uomini schierati intorno al pozzo e lungo i gradini metallici mi calai nell'abitacolo. C'era appena lo spazio per sollevare i gomiti. Appena ebbi avvitata la bocchetta nella presa sporgente della parete lo scafandro si gonfiò e da quel momento non potei più fare il minimo movimento. Stavo o, per meglio dire, penzolavo dentro un letto d'aria incorporato in un tutto unico con la corazza metallica.»
«Non c’è più tempo. Siamo arrivati alla fine ed è giunto il momento in cui tutto dovrà risolversi. I Nephilim stanno correndo verso l’ultima strada e nessuno può prevedere se saranno in grado di abbattere il muro che è stato costruito per fermarli. Adam sta raccogliendo i suoi alleati più forti, scoprirà il tradimento e la debolezza. E quello sarà il giorno in cui diventerà più pericoloso, perché è in lui la capacità di far finire il mondo che conosciamo. Quando il padrone sarà all’angolo allora noi rischieremo la vita e si deciderà il futuro. Fino ad allora faremo ciò che è in nostro potere. Io stessa dovrò rivelarmi e scoprire le mie carte, perché ciò che potevo muovere dall’ombra è arrivato al suo limite. Ormai la guerra è arrivata e la furia dei Nephilim non potrà essere sedata. Si dovrà versare sangue, non ci sono più alternative. Abbiamo raggiunto questo traguardo attraverso strade tortuose e inaspettate, i miei piani spesso non si sono realizzati, eppure i nodi sono arrivati al pettine. Molto è successo, regole sono state infrante e antichi equilibri che non potranno essere ricostruiti sono caduti. La bocca dell’Inferno è stata aperta, per la prima volta dal giorno della sua creazione ha ingoiato un mezzo Angelo, per poi restituire un Angelo completo. La trasformazione di Jonathan in un Serafino si è compiuta tra i gironi infernali e la sua nascita non passerà inosservata. Eva ha parlato dopo millenni di silenzio e anche lei avrà un ruolo nel cambiamento. Da che parte della barricata si troverà, verrà deciso solo all’ultimo e nemmeno io posso sapere gli esiti di questo dilemma. Gli Infernali e i Celestiali hanno scoperto che uniti sono potenti e l’amore che brucia sotto la pelle di Ryan porterà a conseguenze non prevedibili. Ci saranno risposte a domande che Umani e Nephilim hanno smesso di porsi, accontentandosi di soluzioni facili e superstiziose. Dio è una spiegazione grossolana ai dubbi dell’umanità. Qualcosa che una mente curiosa e incredula non può che trovare insufficiente. Ridicola anche. Ricorderò a voi Umani che cercare è l’unico modo che avete per sollevarvi dal suolo dove strisciate da sempre.»
«Era seduto sulla panchina di legno sotto le foglie gialle del parco solitario, intento a contemplare i cigni polverosi con entrambe le mani appoggiate sul pomo d'argento del bastone, e a pensare alla morte. Quando era arrivato a Ginevra per la prima volta il lago era sereno e diafano, e c'erano gabbiani docili che si avvicinavano per mangiare in mano, e donne a nolo che sembravano fantasmi delle sei di pomeriggio, con falpalà d'organza parasoli di seta.
Stenta a credere che il tempo avesse potuto fare simili scempi non solo nella sua vita ma anche nel mondo.
Era uno dei tanti sconosciuti nella città degli sconosciuti illustri. Indossava il vestito blu a righe bianche, il panciotto di broccato e il cappello rigido dei magistrati in pensione. Aveva un paio di baffi alteri da moschettieri, i capelli azzurrini e abbondanti con onde romantiche, le mani da arpista con la fede da vedovo all'anulare sinistro, e gli occhi allegri.
L'unica cosa che tradiva le sue condizioni di salute era la stanchezza della pelle.»
«Vagare da soli, di notte, in un cimitero di Middletown non era mai una buona idea, anche se per un Cavaliere di Salomone era la norma. Eppure, Asher Danielson si sentiva nervoso. Sapeva bene cosa accadeva in città. Ma era giovane e aveva iniziato il suo servizio attivo solo da un paio di mesi. Non era neppure tecnicamente da solo. Gli avevano assegnato un partner, Oswald; un tizio robusto e silenzioso con una grossa spada tedesca appesa al fianco. Ora si erano separati, seguendo le tracce di due empuse o, come le chiamavano amichevolmente, le cagne.
Oswald stava perlustrando la macchia di alberi attorno a Cluster Hill, mentre Asher era entrato nel cimitero. Era una notte silenziosa e tiepida di primavera. L’aria aveva l’odore di fiori appassiti e acqua santa, un lieve alito di vento di tanto in tanto accarezzava frusciando le foglie degli alberi che circondavano il perimetro. La luna risplendeva come una moneta d’argento, rotonda, perfetta, uno specchio di luce. Sotto quel blu scuro del cielo, Asher si sentiva come risucchiato fuori dal tempo.»
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