Prima opera del Nobel arabo per la letteratura tradotta in italiano, il breve romanzo è narrato in prima persona e prende il via quando il protagonista entra per caso in un bar del Cairo, il Karnak Cafè, attirato dall'ambiente accogliente e disteso. L’atmosfera è invitante e non mancano i clienti abituali, sia giovani sia maturi, che non saltano un giorno. A gestire il caffè è il “roseo sogno degli anni quaranta”, colei che “è stata sicuramente la prima a modernizzare la danza del ventre”: la graziosa Qurunfula, che ormai non calca più le scene del mondo dorato dello spettacolo ma rimane ancora una donna vitale, affascinante e indipendente. Da un giorno all’altro tre dei clienti più giovani che frequentavano assiduamente il caffè di Qurunfula, uno dei quali ne era anche diventato l'amante, spariscono nel nulla.
Nessuno sa dove siano andati a finire. La preoccupazione cresce di giorno in giorno e, nelle accese discussioni che animano l’interno del bar, inizia a serpeggiare il sospetto di un loro arresto da parte della tristemente famosa polizia di regime. La condizione del piccolo nucleo di clienti e amici, così come quella più grande dell’Egitto intero, è inevitabilmente compromessa. L'atmosfera di serena dissipatezza del Karnak Cafè viene sostituita da un senso di sconforto sempre più forte, non solo per la sorte degli amati compagni di conversazione, ma per la sorte del Paese intero.
Recensione
Entrare in un caffè nei vicoli di un quartiere tipico del Cairo, discutere di politica e di altri argomenti, magari anche sensibili, finire nel mirino delle spie di un potere occhiuto e rancoroso, che teme anche le chiacchiere da bar non è qualcosa di nuovo in Egitto. Quello che è successo a Giulio Regeni di recente sembra essere attualità piuttosto diffusa nel mondo arabo, con solide radici nel passato, prossimo e remoto. Senza voler dare lezioni di civiltà – è sempre un futile esercizio di arroganza – il racconto quasi scanzonato, e forse piuttosto rassegnato, che Mahfuz intesse di un pezzo di storia e società dell’Egitto moderno visto con gli occhi di un passante come di un narratore esterno, ricorda che un certo stile repressivo e autoritario non è una novità da quelle parti.
L'esperienza di entrare in un caffè e di trovarvi o crearvi un ambiente famigliare, quasi come in una succursale delle mura domestiche, si può considerare abbastanza comune a tutte le latitudini. Basta sostituire il bar con un pub, o con un casa da tè, o con un saloon, ma i fondamentali restano gli stessi. La scelta di usare un punto di vista laterale, quello di un partecipante defilato, quasi solo un testimone dei fatti raccontati, serve a riparare la voce narrante da un coinvolgimento che avrebbe potuto essere rischioso, anche se nel momento della pubblicazione del libro nel 1974, avvenuta prudentemente alcuni anni dopo la stesura, il presidente egiziano Nasser, protagonista della rivoluzione socialista e della successiva svolta autoritaria, era morto già da quattro anni; nello stesso tempo questo stratagemma rende il racconto di situazioni angosciose e drammatiche insolitamente leggero, quasi superficiale, sebbene non vacuo.
Mahfuz compone le vicende dei suoi personaggi quasi come se stesse dipingendo uno degli acquerelli di vita da quartiere che lo hanno giustamente reso un interprete magistrale della vita e della società dell’Egitto moderno, sospeso fra antichissime tradizioni arabe e tentativi di fuga verso il futuro, rappresentati dai giovani e dalle loro illusioni. Luogo tradizionale di chiacchiere oziose, negli anfratti di un rione tipico del Cairo, il caffè con annessa abitazione di un’ex ballerina ormai in disarmo ma ancora affascinante, Qurunfula, è il centro di gravità attorno al quale ruotano le vite dei vari personaggi, una coppia di innamorati, Ismay’il e Zaynab, un dissidente socialista, Hilmi Hamadi, del quale la padrona del caffè si innamora, un informatore del regime, ambizioso e privo di scrupoli, Khalid Safwan, e vari altri, di passaggio o ricorrenti.
Gli arresti dei giovani considerati un pericolo dal regime scandiscono il passare del tempo e mettono in pericolo l’equilibrio esistenziale di Qurunfula, ma su tutti, sui personaggi e sulle loro relazioni, sui narghilè, sulle ombre dei vicoli del quartiere, sulle famiglie e sui tavoli del caffè, pesa, opprimente come la cappa dell’afa estiva e rassicurante come il ripetersi delle piene del Nilo, un senso di rassegnazione e di inerzia che diventa quasi consolante, e che Mafhuz suggerisce con struggente delicatezza, mantenendo il dolore della prigionia e delle torture sotto un velo non di servile ipocrisia ma di fatalista accettazione. Come se, pur sapendo che forse non sboccerà mai, non ci fosse alternativa rispetto alla speranza che, alla fine, la primavera araba fiorisca.
Giudizio:
+4stelle+Dettagli del libro
- Titolo: Karnak Cafè
- Titolo originale: Al-Karnak
- Autore: Nagib Mahfuz
- Traduttore: Chiara Vatteroni
- Editore: Newton Compton
- Data di Pubblicazione: 2008
- Collana: Nuova Narrativa, 120
- ISBN-13: 9788854111516
- Pagine: 126
- Formato - Prezzo: Paperback - Euro 9,00
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