Recensione
La stanza dei kimono, al netto del filone, interessante da un punto di vista soprattutto antropologico, presenta due tipi di problemi: innanzitutto una trama legata alla moda letteraria, piuttosto in voga da qualche anno, dell’erotismo sottilmente sadomasochistico, inaugurata da un noto bestseller in inglese, e che però – questo si può riconoscere – ha degli elementi originali legati forse all’ambientazione levantina; in secondo luogo una versione linguistica che sciorina numerose asprezze stilistiche, non è dato sapere se imputabili all’originale giapponese o dovute a scelte di traduzione che rendono la lettura poco scorrevole.
In sostanza la storia non propone una trama inaspettata, il che - sia chiaro - non è di per sé un male: due coppie di giovani sposi si addentrano nella selva oscura dell’infedeltà coniugale e si trovano a sfiorare la tragedia per le rispettive insoddisfazioni di Asako, l’ideatrice del negozio di kimono d’epoca, che parte da una tradizione famigliare ma si scopre totalmente coinvolta in una esplorazione di se stessa che travalica l’abbigliamento, e Masataka, il manager ‘adottato’ nell’impresa di pompe funebri del suocero, che ha accettato una posizione socialmente solida ma in una professione imbarazzante, anche nel Paese del Sol Levante. L’aspetto del vissuto intimo e sociale nella mentalità nipponica è interessante, per quanto sia legittimo dubitare che non fosse quello il primo obiettivo dell’autrice, e tuttavia suggerisce qualcosa di quanto nella società contemporanea giapponese sia forte ed estremo il conflitto tra le tradizioni della rispettabilità borghese e un lato ‘oscuro’ legato alla volontà di sottomissione e di autoannichilimento che alberga nello spirito giapponese di obbedienza rispetto alle richieste della comunità. In tutto ciò, anche se forse involontariamente, anche se con accenti più morbosi e forse per questo più naturali, l’aspetto torbido e apertamente erotico del racconto risulta un po’ forzato. È forzato, anche se non patinato e con delle sfumature autentiche, appare calcato per ammiccare al lettore.
Anche dei tratti che nella versione italiana – questo per quanto riguarda lo stile – sembrerebbero voler imitare l’immediatezza del parlato quotidiano nipponico risultano in effetti pesanti da leggere e poco spontanei; in parte la comprensibile difficoltà deriva dalla distanza di tanti modi di dire e riferimenti a tradizioni tipiche che per un lettore occidentale sono inevitabilmente molto lontani.
A conti fatti, tolte certe durezze di lingua ricorrenti, lo scarso appeal del filone erotico e una trama non avvincente, rimangono però da salvare, oltre a un paio di personaggi minori riusciti, come l’arzilla e tenace nonna di Asako, Tokie, e la caposala Naoe, amante occasionale e disincantata di Masataka, sia la parte legata ai kimono d’epoca, anche se a volte il glossario con la spiegazione dei termini tecnici potrebbe essere più completo, sia quella relativa alle tradizioni famigliari e il loro scontro con lo stile di vita moderno, semplificato nel contrasto tra i grattacieli di Tokyo e i templi intorno al lago Biwa, vicino Kyoto. Ed è in questo conflitto che si possono riconoscere flebili alcuni echi della grande narrativa giapponese passata e presente, da Soseki a Murakami.
Giudizio:
+2stelle+Dettagli del libro
- Titolo: La stanza dei kimono
- Titolo originale: Hanayoi
- Autore: Yuka Murayama
- Traduttore: Laura Testaverde
- Editore: Piemme
- Data di Pubblicazione: 2016
- Collana: -
- ISBN-13: 9788856653977
- Pagine: 350
- Formato - Prezzo: copertina rigida - Euro 18,50
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