Recensione
Nell’anno 2115, in una città che sembra il peggiore incubo ambientalista possibile (urbanizzazione selvaggia, malavita, acqua inquinata, aria irrespirabile e persino il divieto di suonare il jazz), collocata in un’Europa ormai distrutta dalle guerre, in cui vige una moneta chiamata donuts, un ex detective alcolizzato, povero e abbandonato dalla donna della sua vita, trascina la sua esistenza tra malinconici ricordi e soldi recuperati al banco dei pegni. Un giorno lo contatta un ometto per affidargli una missione alquanto singolare: trovare il ladro che gli ha rubato il nome. Il protagonista, un tempo chiamato “il drago”, capisce che il destino gli offre ancora una possibilità di raccogliere lo straccio sporco che è diventata la sua vita e provare a rimetterla in sesto.
La ricerca del ladro diventa, quindi, la ricerca di un sé da riportare a galla, dopo un dissesto amoroso che ha azzerato ogni autostima e ogni volontà. La narrazione ci prende e ci porta, senza darci modo di opporre resistenza, a incontrare una serie di personaggi: il proprietario del banco dei pegni, un collezionista giapponese, un mafioso che tiene in pugno la città senza la cui autorizzazione nulla può accadere, persino una macchina del tempo che porta l’investigatore indietro, fino alla soluzione finale, inattesa.
Il mondo visionario di Mirko Tondi rivela, nella storia, la sua profondità, e porta il lettore dentro a un film in 3D mirabolante e avventuroso: dai diversi piani di lettura, tra loro sapientemente intrecciati, emerge una narrazione potente ed evocativa.
Esiste il piano della storia, fantascientifica per certi aspetti, cinematografica per altri. Esiste il piano narrativo del protagonista, introverso, pieno di lividi, malinconico senza essere mai patetico, un profilo pieno di sfumature. Esiste, infine, il piano narrativo dell’autore che costruisce per noi lettori una rappresentazione perfetta, in cui nulla è ciò che sembra ma tutto si incastra come un puzzle, per capire, solo a paesaggio ricomposto, in quale luogo si sia finiti.
Ricchissima di citazioni, da Shakespeare alla tecnologia, da Cezanne alle canzoni di Bruce Springsteen, la scrittura di Tondi appassiona, stupisce, prende in contropiede, danza col lettore un tango malandrino. Ironica e fumettistica, sfumata ma saldamente controllata, precisa e originale nelle scelte lessicali, la sintassi si esprime compiutamente in questo romanzo che sfugge ad ogni definizione perché pieno di elementi diversi: giallo, noir, con un tocco, forse anche più di un tocco, di fantascienza.
Nel godimento vero che questa lettura mi ha dato, l’autore solleva, con mano leggera ma sguardo lucido, le problematiche legate ad una deriva pessimistica della nostra società e del genere umano, e questioni non banali sul rapporto con se stessi, i propri limiti, le proprie dipendenze, l’amore e il senso del futuro. Un futuro che, forse, non possiamo pensare il chiave positiva, ma forse sì.
Un libro bello, godibile, riuscitissimo e originale; una voce originale, brillante e rigorosa nella sua piacevolezza; un romanzo da leggere.
Giudizio:
+4stelle+ (e mezzo)Dettagli del libro
- Titolo: Nessun cactus da queste parti
- Autore: Mirko Tondi
- Editore: Edizioni Il Foglio
- Data di Pubblicazione: 2016
- ISBN-13: 9788876066078
- Pagine: 144
- Formato - Prezzo: Brossura - 12.00 Euro
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