Mentre il paese sembra acceso da una rinnovata nostalgia per gli anni della Rivoluzione, celebrati dal ritorno delle vecchie canzoni rosse, d'un tratto l'ex ispettore capo si ritrova completamente isolato, al centro di una diabolica macchinazione che chiaramente punta a distruggere la sua credibilità. Ispirandosi all'affare Bo Xilai, il clamoroso scandalo che di recente è arrivato a minare gli equilibri diplomatici della Cina, nella sua consueta miscela di giallo, poesia, filosofia e cibo, Qiu affronta lo spinoso tema della giustizia in un paese dove tutto ha a che fare con la politica e deve essere in linea con gli interessi delle autorità. Per un uomo d'onore come Chen, che cerca di sopravvivere in un mondo dominato dall'inganno e dal tradimento, è il caso più difficile: non si tratta più solo della carriera, ora è in pericolo la sua stessa vita.
Recensione
È sempre più cupa e impenetrabile, la Cina dell’ultimo giallo con il commissario Chen Cao, e diventa uno scacchiere sempre più pericoloso con cui il mondo moderno non può non fare i conti. Uno dei motivi ricorrenti in questo giallo, nella vita quotidiana che Qiu racconta per i lettori occidentali, è la passione per giochi d’azzardo come il go o il mahjong: in un certo senso la vita di Chen, in questa vicenda tutta giocata tra night club e cimiteri, è una scommessa continua con un giocatore che, siccome bara, ha sempre in mano le carte vincenti.
Per altri aspetti invece, soprattutto riguardo al fatto che la trama poliziesca è parecchio esile, per non dire inesistente, è significativo il continuo ricorso di Chen e del suo aiutante Vecchio Cacciatore, un poliziotto in pensione che lo aiuta nell'indagine, alle metafore e alle citazioni dall’opera lirica di Suzhou, città non lontana da Shanghai, il cui teatro è famoso per rappresentazioni in cui poco o nulla accade sul palco e il virtuosismo canoro degli interpreti regge in gran parte l’azione scenica.
Ecco, nel Principe rosso tutta la trama gialla si gioca su un labirinto di vicende intrecciate tra loro – la morte sospetta di un americano a Shanghai, il caso dei maiali morti nel fiume Huangpu, casi di corruzione legati all’alta velocità e allo sviluppo edilizio, la morte dell’amante di un politico molto potente, le trame segrete per la scalata ai vertici del Partito con lotte tra cordate pechinesi e shanghaiesi – di cui è difficile cogliere il bandolo. Tutto è nascosto dietro proclami di alto idealismo e di lealtà ai principi del socialismo con caratteristiche cinesi, dietro i sorrisi di avvocati agguerriti e politici abili a dissimulare con parole apparentemente innocue azioni spregiudicate, dietro al paravento di una cultura in cui anche gesti appena accennati e silenzi enigmatici possono nascondere pericolosi attacchi.
Un aspetto interessante dell’ultima fatica di Qiu, scrittore e poeta sgradito al governo cinese fin dai fatti di piazza Tian An Men del 1989, è che, a dispetto delle apparenze eteree e sfuggenti della trama, alcuni dei grovigli in cui Chen si impantana sono ispirati a fatti di cronaca vera: il caso dei maiali morti alla deriva nei pressi di Shanghai nel 2013 e l’arresto di un importante funzionario, sempre nello stesso anno ma a Chongqing, il segretario locale del Partito Bo Xilai, poi condannato per concorso in corruzione e nell’omicidio di un americano insieme alla moglie e al suo capo della polizia sono realmente avvenuti e parrebbe evidente la volontà dell’autore di rappresentarli nel suo romanzo come esempio di ciò che accade dietro il sipario rosso della politica cinese.
Ci sono più cose in Cina di quante la nostra immaginazione può immaginare, sembrerebbe dire Qiu. Che anche stavolta riesce a salvare il suo alter-ego commissario in maniera fortuita, per quanto forse non definitiva.
Sono diversi anche i punti di contatto tra l’autore e il suo protagonista: entrambi poeti con la passione per Thomas Stearns Eliot, entrambi critici ma non in forma conclamata verso il regime e vittime di forze politiche quasi imperscrutabili, entrambi traduttori di classici cinesi come strumenti per comprendere un mondo misterioso anche nella sua rapida modernizzazione come la Cina.
Forse è questo l’aspetto più interessante de Il principe rosso, il fatto che, quasi come un saggio di geopolitica romanzata, il libro svela i retroscena della società dei mandarini comunisti e di avvicinare il lettore occidentale a costumi e strutture mentali di un universo antico e complesso, fatto di tradizioni letterarie e culinarie, di norme di comportamento e codici, verbali e non, diversissimi dai nostri.
Se manca la suspence e in definitiva anche una conclusione vera e propria con la scena madre del detective che ricostruisce i fatti – tutto rimane nel vago, anche la sorte di Chen –, la penna di Qiu si conferma abile nel descrivere un mondo in vertiginosa evoluzione e tuttavia aggrappato alle sue tradizioni, dai valori confuciani alla grazia evanescente della poesia classica. E il poliziesco, anche il finto poliziesco come in questo caso, resta un valido format per esplorare i recessi più oscuri dell’animo umano nella sua dimensione individuale e collettiva.
Anche quando questi recessi hanno un’apparenza insondabile e sibillina.
Giudizio:
+4stelle+Dettagli del libro
- Titolo: Il principe rosso
- Titolo originale: Shanghai redemption
- Autore: Qiu Xiaolong
- Traduttore: Fabio Zucchella
- Editore: Marsilio
- Data di Pubblicazione: 2016
- Collana: Farfalle
- ISBN-13: 9788831740326
- Pagine: 378
- Formato - Prezzo: Brossura - Euro 18,50
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