Ora la ricerca si avvia alla sua conclusione. Sogni e incubi convergono. Amore e perdita sono inseparabili. E l'impresa è impossibile da spingere in un'unica direzione...
Recensione
Qualche mese fa vi avevo parlato con entusiasmo di Raven Boys, primo libro di una saga fantasy/young adult arrivata in Italia nel 2014.
Com'è ormai di ordinanza, doveva trattarsi di una trilogia (il secondo capitolo, Ladri di sogni, è uscito per Rizzoli nel 2015, il terzo, Blue lily, lily blue, è ancora in attesa di traduzione) ma in dirittura d'arrivo l'autrice ha deciso di aggiungere un quarto libro, scelta che di solito non lascia presagire nulla di buono. Come saprete, solitamente recensisco solo il primo capitolo di una saga young adult (per i libri successivi le osservazioni tendono di solito a ripetersi), tuttavia, dato il discreto successo della saga anche in Italia e l'abbassamento di qualità degli due ultimi capitoli, ho deciso di parlarvi anche di questo The Raven King, uscito dopo molti posticipi il 26 aprile di quest'anno.
In rete troverete parecchi commenti entusiasti di The Raven King (lo stesso vale per Blue lily, lily blue): avendoli letti mi permetto di osservare che la maggior parte del pubblico young adult quando trova una storia d'amore contrastato, magari scritto con la giusta dose di pathos e melodramma, tende a sorvolare su certi difetti macroscopici che chi era interessato anche ad altri aspetti della trama non può che trovare irritanti.
Come detto, la Stiefvater era partita dall'idea di tre libri e a questi avrebbe dovuto attenersi. Purtroppo, come molti altri autori, scoperto il successo non può resistere alla tentazione di allungare il brodo finendo col perdersi. La premessa della saga era la ricerca di un mitico sovrano gallese che avrebbe garantito l'esecuzione di un desiderio a chiunque l'avesse risvegliato. Con l'evolversi del racconto, tra maledizioni, sogni che diventano realtà, fantasmi e sedute spiritiche, la carne al fuoco era decisamente aumentata e già in Blue lily, lily blue si aveva la sensazione che il racconto fosse diventato troppo dispersivo, i contorni del mondo abitato dai protagonisti poco chiari.
The Raven King è l'estremizzazione di questa sensazione: la Stiefvater aumenta i protagonisti, aumenta le sottotrame, aumenta i pericoli e poi si perde completamente e arriva all'agognata conclusione nel modo più deludente possibile.
In una saga di quattro libri, aggiungere nuovi personaggi principali all'ultimo capitolo non ha assolutamente senso a mio parere, anzi in alcuni casi risulta irritante. Non solo appaiono qui nuovi cattivi che, senza voler fare spoiler, a conti fatti contribuiscono gran poco all'intreccio, ma l'autrice si dimentica totalmente del povero Noah, inizialmente componente fondamentale del quartetto di Raven Boys, per inventarsi un nuovo "miglior amico", l'irritante Henry Cheng che si era intravisto nei libri precedenti come compagno di scuola superficiale e borioso. Per motivi incomprensibili l'autrice decide proprio ora che Cheng deve diventare il nuovo amico del cuore di Gansey e, per convincerci ad apprezzarlo, utilizza la peggiore delle tecniche narrative, ovvero si inventa una tristissima storia sulla sua infanzia e ce la rifila sperando di farci provare compassione per lui. Questo tipo di manipolazione è qualcosa che solitamente mi manda in bestia, invece a quanto pare è graditissima dall'insulso Gansey che non si stupisce che un perfetto sconosciuto gli racconti di punto in bianco i suoi più intimi segreti (suggerendo di aver diritto a conoscere quelli di Gansey in nome della nuova "amicizia") ma lo elegge a membro fondamentale del gruppo tanto che, quando finalmente si ritrova sul punto di trovare l'agognato Glendower, non richiede l'aiuto di Adam e Ronan che pazientemente l'hanno seguito nella folle ricerca per anni ma ritiene "naturale" che sia Cheng (apparso dal nulla proprio al momento opportuno) a fargli da assistente. Del resto aveva già avuto modo di osservare che Cheng si integrava con la pomposa e arrogante famiglia di Gansey molto meglio di Adam o Ronan, quindi perché no?
L'assurdità del personaggio si decuplica se si osserva che in fin dei conti, se lo rimuovessimo dal libro la storia non cambierebbe minimamente - anzi beneficeremmo dell'assenza di parecchi commenti stupidi.
Gansey rimane comunque il personaggio che ho amato di meno: dimenticatevi che è bello e destinato a morire e vi renderete conto che di base è semplicemente un ragazzo ricco e viziato che, secondo la Stifvater, dovremmo amare e averne compassione perché il suo desiderio di aiutare tutti si traduce sempre in frasi classiste e gesti manipolatori, circostanze che lo rendono un "incompreso". Non solo non ha alcuna evoluzione nel corso dei quattro libri ma l'autrice continua a legittimare la sua tendenza a dare ordini e ottenere sempre ciò che vuole come un suo essere "regale" - perché se c'è una cosa che le ragazzine amano più dei principi sono i re, giusto?
Più deludente però è la figura di Blue: a parole l'autrice sembra suggerirne un ruolo fondamentale che però a lato pratico non esiste. Maledizione a parte, qual è il suo contributo alla storia? Il suo talento nell'amplificare i poteri altrui ha mai avuto un ruolo determinante? Dovrebbe poi essere un modello di femminilità positiva per la sua tendenza a infuriarsi contro frasi maschiliste ma la verità è che è una figura ancora più classista di Gansey, convinta di aver diritto ad avere qualcosa "di più" dalla vita rispetto ai compagni della scuola statale coi quali ovviamente si è ben guardata dal socializzare e che vengono dipinti unicamente come campagnoli trogloditi. Ma cosa fa davvero Blue per avere qualcosa di più se non fidanzarsi con un ragazzo ricco (quello povero ma gran lavoratore non era di suo gusto)? Si lamenta che non può andare in un college di spessore ma uno degli ostacoli principali sono i suoi voti bassi per i quali, è bene ricordarlo, può incolpare solo sé stessa.
Adam rimane il mio personaggio preferito, l'unico effettivamente complesso e multisfaccettato e che subisce un'evoluzione dell'arco del racconto sebbene continui a trovare irritante che la sua abitudine a lavorare duramente e non accettare il paternalistico aiuto dell'amico ricco venga sempre dipinta come una caratteristica parzialmente negativa, simbolo della sua natura eccessivamente orgogliosa. L'unico protagonista per cui potremmo giustamente provare un po' di compassione è quello che viene più criticato dall'autrice, la quale concretizza finalmente anche il sentimento che lo lega a Ronan, sebbene anche in questo caso il risultato sia un po' deludente: se infatti la coppia Blue&Gansey ha avuto diritto a lunghissimi capitoli di sospiri melodrammatici, i due ragazzi pare non meritino lo stesso privilegio, tanto che le conversazioni fra i due sono poche e assai poco significative. Insomma sembra che l'autrice non abbia saputo fino a che punto osare con i suoi protagonisti gay e alla fine abbia optato per l'opzione "tiro il sasso e nascondo la mano" .
In generale tutte le scene che sulla carta avrebbero dovuto essere emotivamente coinvolgenti risultano totalmente prive di pathos, assurdo se si pensa a quanto l'autrice ami le frasi melodrammatiche e le atmosfere cariche di presagi. L'abitudine ad aprire i capitoli con frasi originali che si ripetono, le misteriose anticipazioni del futuro, sono qui caratteristiche a lungo andare irritanti che non aggiungono sentimento a un libro che nei momenti cruciali appare invece scialbo e affrettato.
Questo è particolarmente vero nel finale, uno dei più deludenti che abbia mai letto: non solo innumerevoli aspetti della trama rimangono irrisolti, dimenticati e abbandonati, ma anche alcuni di quelli che per quattro libri abbiamo ritenuto nodi fondamentali si rivelano insignificanti e si sgonfiano in un mare di nulla. Sembra quasi che l'autrice, dopo aver costruito per capitoli e capitoli tensione e aspettative, abbia scoperto di non avere la minima idea di come combinare le sue storie e risolvere i nodi principali e abbia semplicemente smesso di scrivere. Se anche voi per anni vi siete chiesti se e in che modo Gansey morirà davvero, che legame c'è tra lui e Glendower o se la maledizione di Blue può essere annullata preparatevi ad avere le risposte più scialbe e inconsistenti che mai siano state scritte, peggiorate solo da uno degli epiloghi peggiori che si siano mai visti in letteratura.
Da ultimo, il libro avrebbe bisogno di un serio editing: non solo le ripetizioni si sprecano, soprattutto nei primi capitoli, ma anche le contraddizioni non mancano, ad esempio in alcune scene Orphan Girl non è presente mentre poi di punto in bianco appare. Si scopre poi che Gansey è al corrente della visione di Blue e che Blue è al corrente che lui è al corrente, ma quando è avvenuto tutto ciò?
Decisamente la Stiefvater mostra qui tutti i suoi limiti come scrittrice e The Raven King si dimostra assolutamente non all'altezza delle aspettative.
La mia recensione si ferma qui, se non vi importa degli spoiler o avete già letto anche voi il libro qui sotto farò un punto più dettagliato delle numerose cose lasciate in sospeso nel finale.
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Partiamo dal povero Noah, dimenticato a metà libro dopo che un demone l'ha posseduto e usato per attaccare Blue. Nessuno si preoccupa di sapere come stia dopo l'episodio e viene completamente abbandonato per ricomparire in un unico confuso capitolo finale in cui finalmente passa "dall'altra parte" senza che nessuno dei suoi amici se ne accorga.
Il filone della trama legato a Piper Greenmantle è un dei più inutili mai visti. Certo la fanciulla scatena il demone e poi? che ripercussioni hanno le sue azioni? La tanto anticipata asta tra cattivi non si conclude forse nel nulla più totale? Laumornier oltre a soddisfare l'amore dell'autrice per le cose strane (è uno e trino!!!) a che serve? Seondenk? Inutile. L'Uomo grigio? una distrazione e basta. Le donne di 300 Fox Way? non pervenute! Che senso ha che Cheng riveli a Gansey che Declan vende sul mercato nero le creazioni del padre se nel capitolo dopo è Declan stesso a raccontarlo a Ronan?
Ad un certo punto Adam viene posseduto dal demone in un lungo drammatico capitolo, poi se ne libera in una riga e tutto questo per... scambiarsi un gesto amichevole con Gansey prima che quest'ultimo si sacrifichi? Ronan un minuto prima è in punto di morte, quello dopo non lo è più e il fatto non merita nemmeno un commento. La mamma di Ronan muore e... punto.
Non parliamo poi di come Gansey viene salvato: Cabeswater può sacrificare la sua vita per lui ma non può farlo per distruggere il demone? e la descrizione di come effettivamente viene salvato è così vaga e inconsistente che viene il dubbio che la Stiefvater non abbia capito nemmeno lei come funziona.
Forse la cosa più insultante è però l'epilogo: qualcuno mi spieghi cos'è questa mania di perdonare coloro che hanno abusato di noi. Perché mai Adam dovrebbe volere un rapporto con l'uomo che l'ha reso sordo e ha pubblicamente ammesso di rimpiangere la sua nascita? E perché la mamma di Adam che nei libri precedenti era una vittima ora diventa quasi complice?
E' poi possibile sapere perché Gansey e Blue, finalmente liberi di stare insieme (maledizione scomparsa col primo bacio, apparentemente, di più l'autrice non dice), dovrebbero partire per un viaggio con Henry Cheng come terzo incomodo?
Onestamente le assurdità non si contano e ne ho probabilmente dimenticate molte, spero però che la mia insoddisfazione vi sia arrivata chiaramente!
Giudizio:
+2stelle+Dettagli del libro
- Titolo: The Raven King
- Autore: Maggie Stiefvater
- Editore: Scholastic Press
- Data di Pubblicazione: 26 aprile 2016
- Serie: The Raven Cycle
- ISBN-13: 9780545424981
- Pagine: 438
- Formato - Prezzo: Copertina rigida - Euro 18.00
Amo la prosa della Stiefvater, ma già il secondo della saga mi aveva lasciato deluso e, soprattutto, confuso. Penso proprio che non proseguirò.
Concordo che la Stiefvater abbia uno stile molto evocativo, sicuramente d'atmosfera, che anch'io ho amato nei libri precedenti. In questo sinceramente alcune sue peculiarità diventano decisamente esasperanti.
Anche secondo me il primo libro era il migliore. "Ladri di sogni" è stato abbastanza interessante, anche se già in quello si avvertiva una moltiplicazione delle trame un po' fastidiosa. Per gli ultimi due l'aggettivo migliore è "confusi".