La recensione di Daniele
Da tempo cercavo questo libro di Cormac McCarthy (lo stesso autore di Non è un paese per vecchi) per la curiosità suscitatami dalle notizie su una censura fatta in Italia ai danni del film tratto proprio da questa opera ("Troppo deprimente", avevo letto su Internet).
Le attese non sono state assolutamente deluse, anzi. Il libro è di una bellezza triste che colpisce il lettore dalla prima all'ultima pagina, grazie alla profondità del pensiero di McCarthy e ad una storia-metafora della vita sociale moderna ottimamente congegnata: la sopravvivenza di una coppia padre-figlio senza nome (nel libro sono l'uomo e il bambino) e i valori del loro rapporto mentre sono in viaggio attraverso una terra che ormai non ha più niente da dare al genere umano a causa di una non meglio identificata catastrofe, una terra ormai senza più una forma, sommersa dalla cenere di un'epoca che non esiste più e che porterà i due ad intraprendere un viaggio verso una vita migliore, costellato però dagli incontri con le peggiori crudeltà perpetrabili dal genere umano quando questo si trova in una condizione di sopraffazione del prossimo per la propria sopravvivenza.
La prosa di McCarthy è scarna, senza fronzoli e soprattutto ha una parte attiva della storia. Non solo un mezzo per raccontare, ma una vera e propria protagonista, con le sue frasi corte e nette, i suoi paragrafi non più lunghi di una pagina, nel quale i dolci e sbiaditi ricordi dell'uomo si mischiano spesso alla concitazione del presente e i suoi dialoghi tra i protagonisti ridotti ad un'appendice della narrazione, visto anche che nella storia, citazione dal libro, "il sacro idioma, [è stato dalla catastrofe] privato dei suoi referenti e quindi della sua realtà".
In definitiva, un libro da consigliare a scatola chiusa. Cormac McCarthy, con "La strada", ha concepito un capolavoro che coinvolgerà il lettore dalla prima all'ultima pagina senza ricorrere a bassezze narrative, ma solamente portandolo in un mondo fatto di pensieri, parole e azioni atto all'unico scopo di ricreare una parvenza di vita felice in un mondo ormai alla deriva morale e ambientale. Sicuramente un libro a cinque stelle.
Giudizio:
+5stelle+La recensione di Valetta
Racconto intensamente malinconico, forse leggerlo subito dopo Trilogia della città di K. non è stata un'idea particolarmente astuta.
Il clima è quello tipico dei romanzi post-apocalittici: un mondo uniformato da un unico colore, il grigio, quello della coltre di cenere che riveste ogni cosa e che continua a cadere da cielo, quello dei cuori e delle menti, annebbiate dal dolore della perdita e dal terrore della solitudine.
Ciò che rimane del genere umano è allo sbando: pochi tenaci sopravvissuti rimasti a lottare contro la fame, il freddo e le bande di coloro che l'umanità hanno deciso di abbandonarla del tutto dando libero sfogo ai più bassi istinti di sopraffazione e violenza. Anche in questo McCarthy non ci propone tutto sommato nulla di nuovo, e perché dovrebbe del resto? Storie di quotidiano imbruttimento ci giungono ogni giorno, e non solo dagli angoli di mondo meno civilizzati, perché mai la situazione dovrebbe apparire più rosea in una situazione così estrema?
Ma lo scrittore vuole raccontarci altro, la sciagura nucleare e le sue drammatiche conseguenze non sono altro che una scusa, la riduzione ai minimi termini delle contingenze esterne per portare in primo piano ciò che veramente gli sta a cuore ovvero il rapporto di un padre e un figlio, lasciati volutamente senza nome per tutto il racconto, un inno alla paternità, all'amore incondizionato.
In un mondo spogliato dai fronzoli, l'autore non esplora le complessità del rapporto, che infatti rimane pressoché invariato per tutto il cammino, ma ne fotografa con commovente sensibilità i tratti salienti: i continui dubbi del padre sulla correttezza delle sue scelte, il suo desiderio di protezione, l'incapacità di accettare l'idea di stringere fra le braccia il corpo del figlio morto, anche solo per pochi istanti, quando la morte coglierà anche lui. L'innocenza del bambino, la sua paura, la fiducia nelle scelte del genitore anche quando non le condivide lo rendono una delle più genuine rappresentazioni dell'infanzia nella letteratura contemporanea dove i ragazzini sono spesso incredibilmente precoci o insopportabile sdolcinati.
La scomparsa della civiltà si esprime in questo romanzo anche nella semplificazione del linguaggio, spesso essenziale, qualche virgola e qualche punto, nemmeno il virgolettato del dialogo sopravvive all'estinzione. La scelta si sposa perfettamente con i toni dell'abbandono e della desolazione che permeano la lettura, anche se McCarthy si concede lo spazio per qualche metafora con riferimenti di stampo prettamente religioso sul tema del sacrificio e dell'olocausto universale.
La ripetitività del cammino dei due protagonisti, scandito dalla costante ricerca di cibo e riparo e dalla necessità di nascondersi dai "cattivi", non diminuisce in alcun modo il piacere della lettura che anzi scorre velocemente, senza intoppi ma mai con indifferenza anzi, carica di angoscia e di un barlume di speranza.
Giudizio:
+5stelle+Dettagli del libro
- Titolo: La strada
- Titolo originale: The Road
- Autore: Cormac McCarthy
- Traduttore: Martina Testa
- Editore: Einaudi
- Data di Pubblicazione: 2007
- Collana: Supercoralli
- ISBN-13: 9788806185824
- Pagine: 218
- Formato - Prezzo: Rilegato, sovraccoperta - 18,00 Euro
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