Recensione
Le protagoniste del romanzo La vita degli elfi sono due bambine di dodici anni, Maria e Clara, la stessa età della protagonista de L’eleganza del riccio, il piacevolissimo romanzo che ha reso famosa l’autrice, ma questa è l’unica somiglianza fra i due libri.
Maria vive in un paese della Borgogna, mentre Clara in Abruzzo. Sono entrambe trovatelle che vengono accolte in famiglie rurali piene di buoni principi, in primis quelli ecologici. Definirle bambine è riduttivo, perché denotano una maturità e un’abnegazione verso il prossimo quali neanche Maria Goretti penso abbia mai mostrato. Non bisogna stupirsi troppo, però, perché non sono completamente umane, ma hanno nelle vene sangue elfo. Hanno poteri straordinari, anche se ancora non ne sono del tutto consapevoli, e coloro che vigilano su di loro contano sul fatto che con il tempo e al momento opportuno sappiano utilizzarli nella lotta fra il bene e il male che sta per avvenire. Sarà loro compito riuscire a creare un passaggio fra il mondo degli elfi e quello degli uomini, affinché si possano incontrare e lottare per la sopravvivenza del genere umano, come sembrerebbe narrare un’antica profezia.
Come ne Il deserto dei tartari, il lettore rimane in attesa di una guerra che sembra dover scoppiare da un momento all'altro e non inizia mai. Ma, a differenza del romanzo di Buzzati, verso la fine del romanzo, dopo anni di tempo splendido, annunciato solo da un gelo intenso, ecco che
all’improvviso le nuvole si infittiscono e le cateratte del cielo si aprono inondando la terra.Raffiche di vento investono i poveri abitanti del paese in cui vive Maria e i fiumi scorrono al contrario. Dietro al cataclisma c’è anche la minaccia rappresentata da esseri pronti ad assalire le comunità rurali della zona. Riuscirà la cavalleria formata dagli elfi a venire in soccorso degli umani e a sconfiggere l’armata del male? Quest'ultima è diretta da Aelius, un elfo dotato, pare, di notevoli poteri, che vuole la fine degli uomini. Su di lui l'autrice rimane molto abbottonata e si suppone che vorrà informare compiutamente il lettore solo nel prosieguo della saga.
La pioggia era così fitta e pesante che le gocce ferivano come schegge di pietra, e in quei tagli che non sanguinavano ma tormentavano il corpo con i loro aghi di dolore si infilava un freddo che non aveva più niente di normale.
Muriel Barbery utilizza una prosa molto elegante ma anche troppo ricercata, al limite della literary fiction, perché possa essere apprezzata da un giovane cui sembrerebbe indirizzato questo romanzo. Fin verso la fine non avviene quasi nulla, se non la presentazione dei numerosi personaggi. L’autrice centellina abilmente le loro capacità e i loro intendimenti per creare uno stato di attesa che difficilmente verrà peraltro apprezzata da un ragazzo, dato il ritmo piuttosto blando di questa parte della storia.
Per quanto riguarda poi l’inizio della battaglia, che compare alla fine del romanzo, essa manca di mordente. L’autrice non ha, o non è interessata ad esprimere in questa prima parte della saga, le capacità descrittive ed epiche che caratterizzano Tolkien. Non c’è suspense, non c’è pathos, non vengono segnalati particolari atti di valore che caratterizzano gli eroi. Questi, se soccombono, lo fanno con il sorriso sulle labbra, aiutati a non soffrire dai poteri lenitivi della dodicenne Maria.
È ben vero, peraltro, che questo romanzo è solo il primo della saga e l’autrice, si spera, mostrerà le sue carte migliori nel libro successivo.
Si potrebbe definire Vita degli elfi un fantasy ecologico. I buoni sono quelli che amano la natura e non la violentano per interessi economici. Maria riesce a percepire il linguaggio degli animali, delle piante e, addirittura, interagire con il mondo minerale in modo da rendere il terreno più fertile e la fauna più copiosa e bella. Clara, invece, è una virtuosa di musica che riesce a vedere le storie nascoste tra le note degli spartiti e attraverso il suono riesce a comunicare con il mondo di Maria, parlare con lei e aiutarla.
Più suonava e più si collegava a un immenso caleidoscopio in cui il suo cuore riconosceva iridescenze familiari e il suo occhio scendeva in picchiata come quello dell’aquila aumentando ad ogni battito d’ala la nitidezza della scena.Il concetto è abbastanza chiaro, anche se non sono certo che un’aquila in picchiata batta le ali anziché tenerle il più possibile aderenti al corpo per essere più aerodinamica possibile.
Il messaggio che lancia il romanzo è che gli uomini devono integrarsi con la natura, amarla, apprezzarla e comprenderla, senza peraltro smettere di sognare, cosa che possono fare leggendo. In questo periodo di crisi, in cui si nota un nuovo interesse verso l’agricoltura anche da parte dei giovani che stentano a trovare lavoro, può darsi che il messaggio venga recepito. C’è già uno slogan pronto, mutuato da quello del vecchio regime: libro e falcetto contadino perfetto. Per quanto riguarda La vita degli elfi, tuttavia, le speranze di leggere un'altro piccolo capolavoro come L'eleganza del riccio sono state per il momento disattese.
Giudizio:
+3stelle+Dettagli del libro
- Titolo: Vita degli elfi
- Titolo originale: La vie des elfes
- Autore: Muriel Barbery
- Traduttore: Alberto Bracci Testasecca
- Editore: Edizioni e/o
- Data di Pubblicazione: 2015
- Collana: Dal mondo
- ISBN-13: 9788866326984
- Pagine: 254
- Formato - Prezzo: Brossura - Euro 18,00
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