L'incipit in un libro è tutto. In pochi capoversi l'autore cattura l'attenzione del lettore e lo risucchia nel vortice della storia. Oppure con poche banali parole lo perde per sempre...
Quanti libri, magari meritevoli, giacciono abbandonati dopo poche righe sui comodini di ogni lettore? E quanti altri invece sono stati divorati in poche ore perché già dalle prime righe non siamo più riusciti a staccare gli occhi dalle pagine?
Anche questo mese vogliamo condividere con voi gli incipit dei libri che stiamo leggendo, perché alcuni di voi possano trarre ispirazione per le loro future letture e perché altri possano di nuovo perdersi nel ricordo di personaggi e atmosfere che già una volta li avevano rapiti...
«A quei tempi ero affamato e andavo in giro per Christiania, quella strana città che nessuno lascia senza portarne i segni...
Ero coricato, sveglio, nella mia soffitta: sotto di me una pendola sonava le sei. Era già piuttosto chiaro. Sulle scale si sentiva una certa animazione. In basso accanto alla porta, dove la parete era tappezzata con vecchi numeri del "Morgenbladet", distinguevo benissimo un avviso del direttore dei Fari. Un po' più a sinistra il fornaio Fabian Olsen elogiava a lettere cubitali il suo pane fresco. Appena aperti gli occhi mi ero messo a riflettere: ci sarà oggi qualcosa che possa darmi gioia? Gli ultimi tempi erano stati per me molto magri. Della mia roba un pezzo dopo l'altro era andato al Monte di Pietà. Eri diventato nervoso e irascibile. Alcune volte ero rimasto a letto perfino di giorno con il capogiro. Quando la fortuna mi assisteva riuscivo a prendere cinque corone per un articolo che qualche redazione mi accettava.
Via via che la luce aumentava incominciai a leggere gli avvisi economici là in fondo vicino alla porta.
Riuscivo perfino a distinguere le lettere sottili e beffarde: "Addobbi funebri presso la signora Andersen, nel portico, a destra". Per un po' vi prestai attenzione e solo quando sentii la pendola sonare le otto mi alzai e mi vestii.»
«Scriverò un romanzo. Sì, scriverò.
È strano davvero che un’idea simile sia venuta in testa a un agente segreto in pensione come me: ‘Abdallah Harfash, alias ‘Abdallah Farfàr', come mi chiamano da quand’ero piccolo nel quartiere dove sono nato, e il mio soprannome è cresciuto insieme a me. Ma in fondo non è tanto strano. Di recente mi sono capitati tra le mani parecchi giornali e riviste che ho avuto modo di leggere senza fretta. Così, ho scoperto che a Nizza c’è un fioraio bengalese che ha scritto un romanzo sulle rose: la protagonista è una donna, un’immigrata africana, che per vent’anni era andata a comprare rose rosse nel suo negozio, senza mai cambiare colore. Il fioraio si è immaginato che le spedisse a un innamorato perduto in qualche sporca guerra, e da qui si è inventato la sua storia. Poi, un povero calzolaio del Ruanda ha scritto un romanzo sulla guerra civile e il genocidio di quel povero paese africano, come non sarebbero stati capaci di scriverlo nemmeno quelli che la guerra l’hanno fatta scoppiare. E una prostituta pentita di Saigon ha scritto due romanzi straordinari: uno sulla sua precedente vita da sconosciuta in un vicolo squallido, e uno sulla nuova vita che ha cominciato mettendo su una fabbrichetta di caramelle alla menta. Due romanzi che adesso sono tradotti in tutte le lingue e mozzano il fiato ai lettori di mezzo mondo.
Com’è però che questa strana idea è venuta in mente proprio a me? In vita mia non sono mai stato un lettore, e neanche un tipo tanto fantasioso, tranne che sul lavoro. Fino a oggi mi fermavo davanti a una libreria solo se dentro c’era un individuo sospetto che i nostri Servizi tenevano sotto controllo, o se i rapporti segnalavano la presenza di libri proibiti, introdotti clandestinamente nel paese da contrabbandieri professionisti e venduti sottobanco. Il cristiano R.M., proprietario di Foraggi, vecchia e conosciuta libreria della capitale, che a forza di stare sotto la mia sorveglianza è diventato un amico, una volta mi ha regalato un libro tradotto dal francese sulla magia e i trucchi dei maghi. Sono andato avanti a sfogliarlo per qualche giorno, ma senza appassionarmi veramente, nemmeno quando ho letto del mago indiano Rajendra che una volta è entrato in una gabbia per polli e ne è uscito perfettamente trasformato in zebra, con tanto di strisce e di raglio. O di Nira Azamond, la ragazza ebrea che si era bevuta cento libbre di olio di ricino senza farsi scoppiare le budella, e senza farsi nemmeno venire un attacco di vomito o di diarrea. O del famoso mago nigeriano Hajj Buku, che nel corso di un’esibizione in una strada di Kano piena di spettatori è scomparso per una manciata di minuti, durante i quali parecchi pellegrini alla Mecca lo hanno visto unirsi a loro per la circumambulazione, con l’abito rituale e la testa rasata. Un giorno, nella libreria del suddetto cristiano R.M., ho sequestrato cinquanta copie di un libro illegale che non so come fosse penetrato nel paese in simili quantità. Parlava degli usi matrimoniali di varie parti del mondo. Non posso negare di essermi lasciato un po’ prendere. Raccontava un sacco di storie stuzzicanti. Per esempio, in una certa tribù africana, se uno vuole chiedere a una ragazza di sposarlo, le alza la sottana all’improvviso fin sopra alle ginocchia. Per molti giorni me ne sono andato a spasso con la fantasia di vedere le gonne fluttuanti delle belle ragazze che mi camminavano davanti tirate su da un corteggiatore, cioè da me medesimo, a scopo di matrimonio. È stata tutta colpa dell’incidente, non c’è dubbio. L’incidente che mi è costato la gamba destra, un lavoro rispettabile, almeno ai miei occhi, e molti piaceri, obbligandomi a restare chiuso in casa mesi e mesi, durante i quali sono uscito solo lo stretto necessario.»
«Sulla sponda del fiume Piedra mi sono seduta e ho pianto. Narra la leggenda che tutto ciò che cade nell’acqua di questo fiume, le foglie, gli insetti, le piume degli uccelli, si trasforma nelle pietre del suo letto. Ah, se solo potessi strapparmi il cuore dal petto e lanciarlo nella corrente, allora non ci sarebbero più dolore né nostalgia né ricordi.
Sulla sponda del fiume Piedra mi sono seduta e ho pianto. Il freddo dell’inverno mi ha fatto sentire le lacrime sul viso: lacrime calde che si sono confuse con le acque gelate che scorrono davanti a me. In qualche punto, il fiume si unisce con un altro, poi con un altro ancora, finché, lontano dai miei occhi e dal mio cuore, tutte le acque si confondono con il mare.
Che le lacrime scorrano lontano, perché il mio amore non sappia mai che un giorno ho pianto per lui. Che le mie lacrime scivolino via, e solo allora dimenticherò il fiume Piedra, il monastero, la chiesa sui Pirenei, la bruma, i cammini che abbiamo percorso insieme.
Dimenticherò le strade, le montagne e i campi dei miei sogni: sogni che mi appartenevano e che io non conoscevo.»
«Una gioviale scossetta elettrica, trasmessa dalla sveglia automatica incorporata nel modulatore d'umore che si trovava vicino al letto, destò Rick Deckard. Sorpreso — lo sorprendeva sempre il trovarsi sveglio senza alcun preavviso — si alzò dal letto con indosso il pigiama multicolore e si stiracchiò.»
«Non credo che andiamo in cerca di guai, io e Leonard. Sono i guai che vengono a cercare noi. Spesso comincia tutto per caso, poi qualcosa si allenta e comincia a sferragliare, come il bullone di una giostra in un luna park. All'inizio sembra una cosa da poco, solo un bullone troppo lento che fa uno strano rumore, ma poi il bullone vola via, la giostra prende a cigolare, si inclina su un fianco e zompa per aria, trasformandosi in una massa di seggiolini sfondati, metallo deformato e brandelli di carne umana. Questa storia parte nel momento esatto in cui il bullone ha cominciato ad allentarsi.»
«"Io non ti mentirò. Non lo farò mai. Trovo sia più interessante rivelare al mondo i fatti che tutti gli altri vogliono tenere nascosti. La verità è più pericolosa e interessante del segreto. Per questo motivo sono venuta a te. Perché tu sai così poco e io posso raccontarti così tanto.
Non ti giudico per questo, per ciò che non sai. Voi Umani siete stati tenuti all'oscuro di tutto, perché fa comodo agli altri. Avete subito un ingiustizia in nome di un bene superiore, Censori, giudici e maestri. Questi sono i miei nemici. Io non ti sarò maestra, ti toglierò il velo dagli occhi e infine vedrai il mondo per quello che è.
La guerra nelle ombre è la scusa con la quale la luce giustifica la propria supremazia. Trovo tutto questo noioso e ripetitivo. Per troppi anni sono stata a guardare senza intervenire. Per troppi anni sono rimasta in disparte ad occuparmi solo del mio cambiamento e della mai crescita. Ora è il tempo del cambiamento del mondo. Tu farai parte di tutto questo. Molte pedine si stanno muovendo. I primi passi sono stati intrapresi, anche se c'è ancora il rischio che l'ordine prenda il sopravvento.
E' cominciata. I Nephilim si stanno risvegliando, ma ancora non ne sono consapevoli"»
«La pesca dell’aragosta non era più quella di una volta, praticata da pescatori professionisti abituati al duro lavoro. Adesso anche i villeggianti estivi pescavano grossi crostacei neri per divertimento, una settimana all’anno. Senza attenersi alle norme. Ne aveva ciste di tutti i colori, negli anni: spazzole tirate fuori senza farsi notare per staccare dalle femmine le uova in modo da farle sembrare in regola, nasse svuotate da altri e una volta perfino da sub.
Si chiedeva dove si sarebbe andati a finire e se tra i pescatori non ci fosse più alcun senso dell’onore. In un’occasione, al posto delle aragoste sparite, aveva tirato su una bottiglia di cognac. Quel ladro aveva dimostrato di avere, se non il senso dell’onore, quello dell’umorismo.»
buon anno a tutti e grazie per avermi inserito in questo bel post di incipit! :)
buone letture nel 2016!
Grazie e tanti auguri anche a te! Doveroso, i tuoi libri meritano sempre Valerio! :)