Recensione
Ghana Must Go, questo il titolo originale del romanzo, questa la frase scritta sulle borse dei ghanesi espulsi dalla Nigeria nel 1983 dal presidente Alhaji Shehu Shagari. Ma La bellezza delle cose fragili non è un romanzo sui profughi, o almeno non su quelli politici, ma sui profughi volontari, gli esuli che hanno lasciato l'afa e le zanzare della loro terra madre per cercare fortuna oltreoceano. Magari si sono persi, quei profughi volontari, come Kweku Sai, ghanese di nascita e americano d'adozione, eccellente chirurgo rovinato da un caso di discriminazione razziale.
Pensa alla sua vita, Kweku, e alla sua famiglia, persa insieme insieme al lavoro, mentre muore all'alba nella sua casa in Ghana in riva al mare. Pensa ad Ama, la seconda moglie, che dorme ignara in camera da letto mentre viene colto da un malore e sente avvicinarsi la fine. Le pantofole abbandonate sull'uscio della camera, disteso a faccia in giù in cortile, Kweku Sai pensa alla risata di Fola, la donna che ha amato per tutta la vita e che gli ha dato quattro figli. Poi silenzio.
Fola avverte la sua morte, sente che qualcosa manca, anche se Kweku l'ha abbandonata anni prima, prostrato dalla vergogna di aver perso il lavoro e dilapidato i risparmi di una vita per raggiustare un torto. Anche se la sua famiglia è dispersa da tempo: il figlio maggiore Olu dedito alla carriera medica per essere ciò che il padre non è riuscito a essere, i gemelli Taiwo e Kehinde chiusi e distanti a custodire un segreto doloroso, la minore Sadie impacciata dal senso di inadeguatezza. Ma sarà proprio la morte di Kweku a riportare i figli in Ghana ricomponendo una famiglia sparpagliata.
È che loro, i Sai, sono senza peso, cinque persone sparse per il mondo, una famiglia senza gravità. Una famiglia che non ha sotto niente di così pesante come i soldi, che servono per tenerli fermi allo stesso pezzo di terra, un asse verticale, sotto di loro niente radici, nessun nonno vivente, senza storia, orizzontali - sono andati alla deriva, si sono dispersi verso l'esterno, o verso l'interno, notando a malapena quando un altro familiare si è allontanato.
Con impeccabile lirismo, Taiye Selasi narra una storia di famiglia, di fragilità, di perdita, di voglia di rivalsa, di radici e sradicamento, di dolore e speranza, che rivela l'impensabile resilienza dei legami di sangue. Ambientato tra un'Africa svogliata - ed eppure ancora ammantata di mistero e nostalgia per chi l'ha abbandonata-, e un'America che ha gradualmente fagocitato questi esuli volontari e soprattutto la generazione successiva che hanno partorito, il romanzo dispiega in 232 pagine pregne di poesia - tre sezioni narrative ben calibrate - le vicende di sei personaggi geograficamente lontani ma intimamente connessi. Notevole il talento dell'autrice, non solo nell'uso della prosa, ma anche nell'intimità con cui riesce a descrivere paesaggi, personaggi e relazioni affettive: la ghanese Taiye Selasi, esponente della nuova generazione di scrittori “afropolitan” (secondo una definizione da lei stessa coniata nell’articolo Bye Bye Barbar del 2005 che è poi divenuto una sorta di manifesto letterario e culturale), è una degna erede di Toni Morrison.
Giudizio:
+4stelle+Dettagli del libro
- Titolo: La bellezza delle cose fragili
- Titolo originale: Ghana Must Go
- Autore: Taiye Selasi
- Traduttore: F. Aceto
- Editore: Einaudi
- Data di Pubblicazione: 2015
- Collana: Super ET
- ISBN-13: 9788806224608
- Pagine: 232
- Formato - Prezzo: Brossura - 13.00 Euro
Bellissimo e intenso.