Recensione
Un romanzo divertente e a tratti anche commovente in cui viene raccontato il viaggio in auto da Genova a Roma di un ottantenne, Pietro, con il nipote quindicenne, Davide. Leggendo la quarta di copertina si potrebbe pensare che sia la storia di un conflitto generazionale, ma in realtà si parla soprattutto della metamorfosi di un vecchio irascibile ed intollerante che, convinto che ormai la vita gli abbia dato le cose migliori e che l’umanità sia da evitare il più possibile, ritiene giunta l’ora per lui di farla finita, dal momento che è ancora in grado di prendere la decisione autonomamente e di metterla in pratica.Pietro, nonostante l’età, è in buona salute ed è stato vent’anni prima uno scrittore di successo, almeno fino alla pubblicazione del suo ultimo libro dal titolo Andate tutti affanculo, ma ora, senza essere particolarmente depresso, è diventato cinico e soffre di un’aridità di sentimenti che gli procura un senso di vuoto che solo la morte ritiene sia in grado di eliminare. Egli è il primo a riconoscere che da vecchi
…. si diventa aridi, monotematici e ripetitivi, cristallizzati nelle proprie abitudini, non ci si emoziona più o ci si emoziona troppo …
Pietro, dato che non gli era simpatico il genero, aveva sempre cercato di evitare la famiglia della figlia e, di conseguenza, anche il nipote. Il destino lo costringe a questo viaggio non desiderato da Genova a Roma che compie in auto, dovendo portare anche il cane di Davide, Sid, un incrocio fra un Sanbernardo e un Terranova, in considerazione di tutte le difficoltà logistiche e burocratiche che comporterebbe trasportare un animale di tale stazza con i mezzi pubblici. Il percorso è necessariamente lento, anche perché l'auto di Pietro, una vecchia Citroen Pallas decapottabile, non gli consente di mantenere velocità elevate. Dovendo dividere il percorso in più tappe, invece di andare per l’autostrada, Pietro percorre l’Aurelia, si ferma nei luoghi che aveva frequentato quando la moglie era ancora in vita e incontra persone nuove e vecchie con cui ritorna a relazionare, riscoprendo di poter scambiare opinioni con altri anziché parlare solo con se stesso. Il nipote si dimostra un giovane anche troppo maturo per la sua età e l’anziano Pietro pian piano si ammorbidisce. Se darà seguito o meno ai suoi propositi di suicidio lo lasciamo scoprire al lettore.
L’argomento “suicidio” è trattato dall’autore in maniera molto ironica e con mano leggera, e questo è nel bene e nel male il limite del racconto, peraltro piacevolmente scorrevole. La voce narrante è quella dell’anziano Pietro -con una breve eccezione alla fine del romanzo- che nei suoi giudizi non risparmia nessuno, come si evince anche dal capitolo tratto dal suo ultimo libro, Tutti quelli che mi stanno sul cazzo, dove vengono enumerate le categorie di persone che per un motivo o per l'altro ritiene stupide, e dove sono compresi anche i lettori che asseriscono che la lettura di un determinato libro avrebbe loro cambiato la vita.
Licalzi, autore di diversi romanzi dal primo dei quali, Io no, è stato tratto il film omonimo interpretato da Simona Izzo e Ricky Tognazzi, ha una notevole vis comica che, non fosse altro che per l’argomento trattato, ricorda quella di Nick Hornby, in Non buttiamoci giù. I dialoghi di L’ultima settimana di settembre sono divertenti, ma forse qualche appunto si può fare ai monologhi che talvolta si protraggono più del desiderato, niente, peraltro, che non si lasci perdonare, visto il ritmo sostenuto della storia che, nonostante l’argomento, è indirizzata ai lettori di qualsiasi genere ed età.
Giudizio:
+4 stelle+Dettagli del libro
- Titolo: L'ultima settimana di settembre
- Autore: lorenzo Licalzi
- Editore: Rizzoli
- Data di Pubblicazione: agosto 2015
- Collana: narrativa italiana
- ISBN-13: 9788817083119
- Pagine: 305
- Formato - Prezzo: Rilegato con sovraccoperta - Euro 18,00
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