Recensione
Questo libro è per me soprattutto una conferma. La conferma che i best-seller spesso sono amare delusioni; la conferma che i premi letterari lasciano il tempo che trovano; la conferma che la nostra letteratura continua ad avere un orizzonte troppo limitato e immotivatamente compiaciuto e che faccio bene a dedicarle poca attenzione.
Dopo un'uscita un po' in sordina, La ferocia è risalito ai vertici delle classifiche quest'estate in seguito alla vittoria del Premio Strega, seguita da una pletora di lodi sperticate sulla magnifica rappresentazione del nostro feroce presente e la raffinata complessità del noir che costituisce l'impalcatura del racconto.
Ecco io quando leggo queste critiche mi chiedo se chi le scrive sia sincero e, nel caso, quanti e quali altri libri abbia mai letto in vita sua. Certo rispetto a Il desiderio di essere come tutti, vincitore l'anno scorso, il libro di Lagioia si colloca su un altro livello, sia in termini di stile che di contenuti,ma va anche va detto che non era difficile superare il linguaggio povero e ripetitivo e il tono campanilista e colloquiale dell'opera di Piccolo.
La ferocia si distingue sicuramente per la sua prosa ricca, complessa e indubbiamente dotata di personalità però già in essa si distingue quel gusto barocco degli scrittori nostrani che troppo spesso appesantiscono la narrazione con esibizioni di virtuosismi fini a se stessi.
Lagioia in particolare ha la passione per le metafore, alcune affascinanti altre decisamente forzate e non necessarie, nel complesso comunque troppe, un intralcio per la scorrevolezza della trama. La mancanza di scorrevolezza non è per forza un limite, non è che tutti devono scrivere libretti che si consumano in una giornata, anzi. Ben vengano quindi i romanzi che ci portano a soppesare e assaporare ogni frase ma quando poi ti ritrovi a leggere una banale conversazione da mercato, in cui marito e fratello della morta si accusano a vicenda di non esserle stati vicino ,che poteva durare una pagina e invece prende un intero capitolo perché l'autore tenta di infilarci significati che non ci sono a suon di metafore allora ti senti un po' preso per i fondelli. Così come quando leggi della ragazzina che riceve la notizia della morte della sorella mentre si sta masturbando e mentre affranta abbraccia la madre, quest'ultima sente sulla sua mano l'odore dell'atto interrotto e ne rimane disgustata. Qui mi viene in mente un solo aggettivo ed è: ridicolo.
Ma veniamo al vero tasto dolente, ovvero la trama. Poiché protagonista de La ferocia è una famiglia sono tutti corsi a scomodare I Buddenbrook. Ecco no, I Buddenbrook sono un'altra cosa ed è anche difficile parlare di saga famigliare in questo caso visto che non seguiamo l'avvicendarsi di più generazioni. E', più banalmente la storia di una famiglia nell'arco di circa trent'anni e "banalmente" qui è proprio l'avverbio chiave perché i Salvemini sono l'ennesima, scontatissima, famiglia benestante che al suo interno nasconde torbidi segreti. I figli odiano i genitori,(quasi)tutti pensano solo ai soldi e per non farci mancare nulla c'è anche un figlio illegittimo maltrattato dalla matrigna.
Il picco di banalità lo tocca però la morta, Clara, che, da tipica vittima, è bellissime, misteriosa, così ricca di fascino che quando entra in una stanza non può essere ignorata, pronta a concedersi al primo che passa ma mai posseduta davvero da nessuno perché nessuno è in gradi comprendere il suo dolore interiore.
Clara è l'ideale di donna per quegli uomini non più giovani che si trovano a disposizione una bella trentenne inspiegabilmente disposta a venire a letto con loro ma è anche l'ideali dei suoi coetanei che possono solleticare il proprio ego illudendosi di essere quelli destinati a comprenderla e salvarla. Infine è la donna ideale anche per uno scrittore perché morta, fosse vive l'autore dovrebbe metterle in bocca almeno un paio di battute che subito spezzerebbero l'incantesimo.
Al suo fianco appaiono il padre affarista senza scrupoli e dongiovanni,la madre che si è sposata solo per emergere socialmente, il figlio maggiore freddo carrierista che ama sfogarsi sulle prostitute e la viziatissima sorellina minore. In questa triste sfilata di déjà vu emerge il "cenerentolo" Michele con la sua incapacità di distinguere tra fantasia realtà, prigioniero di una forma di schizofrenia o forse solo ansioso di sfuggire all'ipocrisia della sua situazione famigliare; a lui e al suo intenso legame con Clara sono dedicati i capitoli più intensi e coinvolgenti del romanzo.
A conti fatti e al netto delle ambizioni La ferocia si profila come il più classico dei noir in cui la forma è tutto e la trama poco più di un accessorio al suo servizio, tanto è vero che del mistero che aleggia attorno alla morte di Clara ci si dimentica per tre quarti del romanzo e quando viene finalmente svelato ci si accorge che non era chissà che mistero e che i tanto decantati tasselli che si incastrano con precisione millimetrica sono solo un paio di banali causa effetto.
Per Lagioia questo sembra più un esercizio di scrittura, un impianto scenico messo in piedi solo per ricordarci il livello di corruzione e depravazione morale delle nostre classi dirigenti cosa di cui in realtà siamo ben consapevoli ma alla quale siamo anche da tempo rassegnati. Considerando che nemmeno sotto questo aspetto si può parlare di approccio originale o innovativo, ciò che rimane del romanzo è la sua estetica intrigante che per alcuni lettori è più che sufficiente ma per altri no.
Giudizio:
+3stelle+Dettagli del libro
- Titolo: La ferocia
- Autore: Nicola Lagioia
- Editore: Einaudi
- Data di Pubblicazione: 23 settembre 2014
- Collana: Supercoralli
- ISBN-13: 9788806214562
- Pagine: 418
- Formato - Prezzo: Copertina rigida - Euro
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