Andrea Molesini nasce nel 1954 a Venezia dove tutt'ora vive.
E' scrittore, poeta e traduttore italiano pluripremiato: nel 1999 vince il Premio Andersen alla carriera e nel 2008 il Premio Monselice per la traduzione letteraria, nel 2011 con il romanzo Non tutti i bastardi sono di Vienna si aggiudica il Premio Campiello, il Premio Comisso, il Premio Città di Cuneo Primo Romanzo, il Premio Latisana.
Nel maggio 2013 viene pubblicato il suo secondo romanzo, La primavera del lupo, in fase di traduzione in francese e tedesco. Grazie al successo ottenuto con Non tutti i bastardi sono di Vienna Molesini viene insignito della cittadinanza onoraria del Comune di Refrontolo, famoso per la presenza del Molinetto della Croda, nei cui luoghi è ambientato il romanzo.
Molesini insegna Letterature comparate all'Università di Padova, dopo essere diventato famoso anche grazie alle sue numerose poesie (Dal diario del tradurre, Chi naviga, chi resta, 39 poesie, L’isola nera, Tarme d’estate, Forgetting to Question the Owl, Storie del ritorno) ma anche grazie alle sue traduzioni dall'inglese e dal francese, alla narrativa per ragazzi (Aquila Spenta, L’avventura di Ulisse, Tutto il tempo del mondo, Polvere innamorata, Finferli Caldi, Nonna Vudù e la congiura delle zie, Il Matto e l’Ippopota, Aznif e la strega maldestra, All’ombra del lungo camino, Quando ai veneziani crebbe la coda, La casa delle cose rovesce) e ai vari saggi (L'occhio rapace. Interventi critici, On That Invisible Line. Five Lectures, Specchi & destini. Quaderno di recensioni, Nero latte dell’alba. Libri che raccontano lo Sterminio, Manuale del giovane poeta, Nero latte dell’alba…).
Nel 2014 esce Presagio, un libro ammirato e apprezzato dalla critica, oggetto di discussione di vari gruppi di lettura
Siamo alla fine di luglio, nel 1914, a Venezia. Il 28 giugno a Sarajevo Francesco Ferdinando è stato assassinato, l'Austria ha consegnato l'ultimatum alla Serbia. Sono i giorni dei "sonnambuli", di imperi e nazioni, governanti e diplomatici, che consegnano inconsapevoli l'Europa al suo suicidio. Il commendatore Niccolò Spada vigila sui suoi ospiti all'Excelsior: il presagio che aleggia sull'Europa soffia anche sul Lido. L'Albergo leggendario è affollato: l'aristocrazia di tutta Europa scintilla come non mai, ma celebra le ultime ore della Belle époque. Fra gli ospiti c'è anche la marchesa Margarete von Hayek, "bella come sa essere solo una donna dal piglio pari alla grazia", che nasconde un segreto terribile, inconfessabile, e che brindando alla fine del mondo chiede una lettera di credito molto particolare a Spada. Il commendatore vacilla, tentato dall'amore per Margarete, che è "fuoco e rapina". Un sogno, sempre lo stesso, lo disorienta: un cacciatore ossessionato da una belva che si aggira per la foresta. Senza riuscire a incontrarla, ne sente il ruggito. Poco lontano, nel cuore della laguna, l'isola di San Servolo, sede del manicomio, conserva il segreto della nobile Margarete.
Recensione
Per avere una lettura critica di Presagio di Molesini è fondamentale immergersi nel contesto storico-sociale che accoglie le vicende del Commendator Niccolò Spada e della Marchesa Margarete von Hayek. Siamo nel 1914, un forte fermento anima le coscienze della nobiltà europea in seguito all’assassinio dell’arciduca Francesco Ferdinando per mano del fanatico serbo Gavrilo Princip: cosa succederà all’Europa in seguito al rifiuto serbo dell’ultimatum inviato dalle forze austriche?
Siamo a Venezia, più precisamente all’Excelsior l’albergo gestito dal Commendator Niccolò Spada, un hotel che ospita la più variegata nobiltà francese, tedesca, inglese, austriaca e slava. L’Excelsior farà da scenario alle vicende belligeranti del primo conflitto mondiale e inizierà lentamente a veder diminuire il numero dei suoi ospiti con la dichiarazione di guerra della Germania alla Russia, intervenuta in aiuto della collega etnica, la Serbia.
La guerra è la chiave di lettura che ci permette di cogliere il romanzo nella sua pienezza di significato: intesa in senso metaforico, essa altro non è che la realizzazione del leone ruggente sognato ogni notte dal Commendatore, è la forza dell’uomo stesso che porta all’autodistruzione, è il destino che scegliamo di vivere. Il presagio è proprio questo, ovvero la possibilità di scegliere, perché una diversa sorte c’è ma siamo noi a volere tale il futuro che ci attraversa.
"Il futuro entra in noi e si trasforma in noi molto prima di accadere", dice Rainer Maria Rilke.
La belva feroce che corre nella notte con gli occhi azzurri e freddi è incarnazione dell’arbitrio dell’uomo, di quell’uomo che è artefice del suo destino.
Margarete von Hayek ha finito col soccombere alle sue colpe, vinta dal rimorso e dall’angoscia; se avesse scelto diversamente forse, la sorte di quelle vite che ha toccato sarebbe cambiata: Gustav sarebbe vivo e chissà forse Viktor avrebbe avuto anni migliori di quelli trascorsi a San Servolo. Ed è vero, il conto ciascuno lo salda a modo suo, dice nell’epilogo Niccolò Spada, ma la speranza è la motivazione che spinge l’uomo al cambiamento eppure bisogna avere la forza di sostenere una tale motivazione.
Solo l’uomo può farcela e la guerra mondiale è specchio di una guerra interiore che consuma l’animo di chi ha visto la fine di quella bella epoquè dove "lusso" era parola d’ordine. Giorni difficili attendono la nobiltà e la miseria prima solo europee poi inevitabilmente mondiali.
Una storia dal gusto poetico con tinte teatrali, dal tono sopraffino e delicato che a tratti ricorda lo stile di un Goldoni contemporaneo, una prosa poetica oserei dire. Un libro che riesce a descrivere con una ricercatezza accurata dei termini e con un andamento leggiadro e delicato uno dei temi più brutali che si possano trattare: la guerra, l’autodistruzione.
Vorrei mettere in evidenza il discorso tenuto dal Commendator Spada per i suoi ospiti la sera della dichiarazione di guerra da parte dell’Austria alla Serbia, qui penso si raggiunga il punto più alto d’umanità della storia, un passaggio toccante e che fa riflettere:
-Gentili signore,cari ospiti, è con grande tristezza che mi accingo a dare una notizia che nessuno, in questa sala e, credo, nell’intera Europa, avrebbe voluto sentire… - L’emozione, non l’arte oratoria, impose una pausa. –Qualche ora fa l’impero degli Asburgo ha consegnato alla Serbia al dichiarazione di guerra che segue al suo rifiuto di accettare senza condizione le clausole previste dall’ultimatum del 23 luglio scorso. Appena un’ora fa mi hanno riferito che Belgrado è sotto il fuoco dell’artiglieria austriaca. Quest’ultima notizia, però, non è ancora stata confermata da fonti ufficiali -. Il commendator Spada fede una pausa. Abbassò il foglio, fece un passo avanti. Il silenzio si toccava con le dita. – Amici…permettetemi, in questo momento, di usare questa parola, amicizia, con calibrata leggerezza; amici, questo 28 luglio del 1914 è un giorno che resterà. Un giorno di tragedia, perché molti di noi sono in età militare, e molti altri hanno figli e fratelli che conosceranno il campo di battaglia. Mi pare sia stato Solone a dire che il male pubblico giunge alla casa di ognuno. Sotto il primo arco della vetrata esplose un singhiozzo trattenuto. Niccolò si girò: una signora si copriva la faccia con le mani. Poi il silenzio si fece muraglia. Allora gli parve di intravedere, vicino a una delle colonne dell’ingresso, la testa rossa di Monsieur Morin. -In momenti come questi è naturale che la paura e la costernazione confondano la mene, e minaccino le fondamenta del palazzo, magnifico e fragile, che chiamiamo Civiltà. Ebbene l’Excelsior non è solo un grande albergo, è un mattone di quel magnifico, fragile palazzo. L’Excelsior è il mio sogno, il sogno di una vita, un sogno che ha coinvolto una città intera, che voleva essere, aspirava a diventare, una testimonianza di cosa può e sa fare la civile convivenza di uomini è nazioni. L’Excelsior è un crocevia, un monumento dell’amicizia, e questo vuole continuare ad essere a dispetto dell’ora avversa. Si sarebbe udito un tovagliolo cadere. Niccolò cercò, con gli occhi, i suoi camerieri. Erano, tutti, sull’attenti, i vassoi in verticale lungo la gamba, scudi deposti di soldati dispersi fra le schiere dei tavoli imbanditi. -Vorrei concludere con un appello. Un appello al coraggio di tutti e di ciascuno di voi. Non permettiamo al dolore, alla rabbia, all’odio di travolgere quel che i bei giorni passati hanno fatto per noi, quel che noi abbiamo fatto di loro. Ciascuno per proprio conto è chiamato, io credo, a farsi soldato di un regno più grande di quello che porta il nome della sua patria, e del casato che la governa: il regno dell’umana generosità, e del coraggio. Potrebbe succedere, Dio non voglia che accada che qualcuno di noi, qualcuno dei presenti, per una maligna bizzarria della sorte sia costretto dal dovere di fedeltà al proprio sovrano, alla propria terra, a puntare il fucile su un uomo che proprio qui ha condiviso con lui il tavolo da pranzo o da gioco. Il foglio con le tre parole li sfuggi dalle dita e scivolò sotto la scarpa di una signora che sembrava ascoltare trattenendo il respiro. -Ricordiamoci di rimanere uomini, perché la nostra umanità, proprio in momenti come questi, è il nostro bene più prezioso. E la pietà resta il primo dovere di tutti e di ciascuno, sempre. Penserete che io sono un uomo d’affari, che la guerra io la odio perché non fa bene all’industria degli alberghi, in cui ho investito tempo, sogni e denaro… Molto denaro. È vero. Ma io odio la guerra perché credo che quel che distrugge non può più essere riedificato. Oh… la specie sopravviverà, perché è sempre riuscita a farlo, in ogni tempo, in ogni guerra, ma questa volta potrebbe subire, lo temo davvero, una mutazione. Si, avete bene inteso, una mutazione culturale da cui non sarà facile che nasca qualcosa di buono, di bello, di grande. La grazia e il coraggio nessuno se li può dare, ma ciascuno ha il dovere di difendere ogni briciola di grazia e di coraggio che trova dentro di sé. Non permettiamo al nostro mondo, al mondo che abbiamo ereditato dal lavoro dei padri e che a nostra volta abbiamo trasformato per i nostri figli, di farsi terreno di odio. Sta a ciascuno di voi, di noi, fare del suo meglio, tutto quel che può… perché questo non accada, oggi e in tutti i difficili giorni che ci aspettano. Mi dispiace, mi dispiace davvero di essere stato io a… -la voce gli mancò, tossì, -darvi questa notizia, mi dispiace di avervi rovinato la cena. Auguro buona fortuna a tutti, a ciascuno di voi, a tutti noi. Dio sa se ne abbiamo bisogno.
Giudizio:
+5stelle+Dettagli del libro
- Titolo:Presagio
- Autore: Andrea Molesini
- Editore: Sellerio
- Data di Pubblicazione: 2014
- Collana: La memoria
- ISBN-13: 9788838931956
- Pagine: 170
- Formato - Prezzo: Brossura - Euro 12
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