L'abbiamo detto molte volte: il cinema ha da sempre trovato nel mondo della letteratura una fonte inesauribile di ispirazione. Un altro pozzo apparentemente senza fondo al quale registi e sceneggiatori amano attingere, soprattutto negli ultimi anni di crisi di idee, è quello delle biografie di personaggi più o meno famosi, tra i quali ovviamente non possono mancare gli scrittori.
Se autori famosissimi, come l'intramontabile Jane Austen, hanno avuto vite piuttosto tranquille e ordinarie, è decisamente più alto il numero degli scrittori che hanno vissuto un esistenza travagliata perché, sappiatelo, il binomio genio&sregolatezza non si applica solo ai musicisti, anzi.
Egocentrici, anticonvenzionali, polemici, tormentati: questi sembrano essere i tratti basilari per chiunque sia in grado di metter su carta qualcosa degno di esser letto e con caratteri così è molto difficile avere una vita banale. Al netto dei vari abbellimenti e licenze poetiche necessarie per rendere appetibile un film biografico al più elevato numero di spettatori, esiste una lista inaspettatamente ampia di pellicole appassionanti, in grado di coinvolgere e ispirare anche chi in partenza non è un appassionato dello scrittore che ne è protagonista.
Per questo articolo ho cercato di selezionarne solo il gruppo significativo, considerando quelle che sono state portate anche in Italia e in primis le mie insindacabili preferenze.
E poiché sono i miei gusti a dettar legge partiamo da uno dei miei preferiti: Iris - un amore vero (Iris, 2002) di Richard Eyre, con Kate Winslet, Judi Dench, Hugh Bonneville, Jim Broadbent. Un classico british movie, dalla regia al cast al soggetto principale, questo film passato quasi inosservato in Italia racconta la vita della romanziera e filosofa inglese Iris Murdoch, una delle più apprezzate e originali autrici inglesi del dopoguerra, contrapponendo la giovinezza anticonformista e indipendente al declino in tarda età dovuto al morbo di Alzheimer. Il tutto visto dal punto di vista del marito, un uomo mite e tradizionalista che per anni ha lasciato la moglie dettare le regole della loro relazione e che in tarda età si ritrova a gestire una donna improvvisamente docile per la quale riscopre il linguaggio infantile per continuare a comunicare con lei. A fianco ai bravi Jim Broadben e Hugh Bonneville (fan di Downton Abbey, l'avete riconosciuto?) spiccano ovviamente le due protagoniste femminili Judi Dench e Kate Winslet, entrambe nominate all'Oscar. Per la Winslet era la quarta nomination e la seconda per aver interpretato la "versione giovane" della stessa donna, com'era accaduto in Titanic. Per ragioni a me incomprensibile l'attrice dovrà aspettare altre due nomination per ottenere il meritato riconoscimento.
Incidentalmente, anche questo film è tratto da un libro: le memorie di John Baley, marito della Murdoch.
Proseguiamo con un altro film che ho molto amato anche se ad essere onesti alterna scene molto intense ad altre incredibilmente ridicole (i poeti che belano a quattro zampe nel prato? suvvia!). Sto parlando di Poeti dall'inferno (Total Eclipse, 1995) di Agnieszka Holland con Leonardo DiCaprio, David Thewlis, Romane Bohringer, film che immagino la maggior parte delle trentenni d'oggi si siano avidamente procurate ai tempi di Titanic per vedere il tanto criticato nudo integrale del loro idolo pre-fama. Oltre ai nudi frontali di DiCaprio e Thewils (sappiatelo: pochi fotogrammi per la verità, vedibili solo col fermo immagine), il film fece scandalo per l'esplicita scena di sesso fra i due, impegnati a rappresentare la turbolenta relazione sentimentale fra due poeti cardini del Simbolismo francese: il giovane Arthur Rimbaud e il più maturo Paul Verlaine (all'epoca sposato). La pellicola trae direttamente spunto dalle poesie e dalle lettere che i due si scambiarono e dalla piece teatrale che ne fu ricavata e ha il difetto di concentrarsi sull'aspetto più distruttivo della loro relazione senza indagare l'influsso che questa ebbe sulla corrente del Simbolismo o senza spiegare come essa si è evoluta. Rimane tuttavia un film appassionante e ben recitato, una buona introduzione a due figure chiave della letteratura, oggi spesso citate a sproposito.
Una curiosità: al posto di DiCaprio era stato previsto River Phoenix per la parte ma la prematura scomparsa del giovane attore ha cambiato le regole. Un peccato perché per quanto Leo abbia reso giustizia al ruolo, credo che Phoenix avrebbe affrontato la parte con maggiore sensibilità.
Altro film scandaloso, altro film con Kate Winslet è Quills - La penna dello scandalo (Quills, 2000) di Philip Kaufman, con Geoffrey Rush, Joaquin Phoenix, Michael Caine. Il film si basa sulla vita del famigerato Marchese DeSade fornendo un'interpretazione romanzata degli ultimi anni di vita dello scrittore, quando fu incarcerato nel manicomio di Charenton a causa della sue pubblicazioni. Al di là della tanto citata scena di necrofilia, il film più che a creare scandalo si rivela come una riflessione sulla censura, la moralità, il sesso e la pornografia, a tratti acuta mentre in altre occasioni più scontata e può vantare un cast in piena forma dall'eclettico Rush, nominato all'Oscar, alla splendida Winslet qui in un'inedita versione bruna all'angosciato Joaquin Phoenix. Assolutamente da vedere.
Vi sono poi autori che hanno ispirato più di un film. Uno di questi è Truman Capote, protagonista della splendida pellicola Truman Capote - A sangue freddo (Capote, 2005) di Bennett Miller con Philip Seymour Hoffman e di quella un po' inferiore Infamous - Una pessima reputazione (Infamous, 2006) di Douglas McGrath, con Toby Jones e Sandra Bullock. Entrambe le opere, uscite curiosamente a solo un anno di distanza l'una dall'altra, si focalizzano su un momento preciso della vita di Capote, osservando lo scrittore mentre effettua le sue ricerche per il famosissimo romanzo A Sangue Freddo, ispirato a un omicidio realmente accaduto.
Capote ebbe modo di incontrare i due autori della strage prima che venissero giustiziati e il film di Miller osserva le conseguenze di questi incontri, dipingendo lo scrittore combattuto fra la compassione suscitata dagli avvenimenti e l'egoistica smania di completare l'opera. La pellicola oltre a dipingere con grande profondità la psicologia del protagonista si avvantaggia dell'interpretazione di Philip Seymour Hoffman, giustamente premiato con l'Oscar che inevitabilmente schiaccia nel confronto il povero Toby Jones (comunque non malvagio). Il film con Jones tratta lo stesso argomento con uno sguardo diverso e in un certo modo più umano, alternando le sequenze in cui Capote effettua le sue ricerca a interventi di diverse celebrità che componevano il raffinato circolo di frequentazioni dello scrittore, tra cui spicca l'autrice de Il buio oltre la siepe Harper Lee, a cui Capote era notoriamente legato da una profonda amicizia.
Infamous, a sua volta tratto da un'opera teatrale, tende a romanzare maggiormente gli eventi rispetto al film precedente: il risultato finale non è comunque apprezzabile ma eccede nella caricatura della personalità del protagonista, per questo ho preferito il film con Hoffman che mi è sembrato più raffinato.
Torniamo alla vecchia Inghilterra e a un autore che personalmente non mi fa impazzire ma di cui recentemente si è parlato molto dato che dai suoi libri sono stati tratti film di successo: C.S.Lewis, celebre attualmente per la saga fantasy Le Cronache di Narnia. Tra il 1950 e il 1960 lo scrittore ebbe una complessa relazione sentimentale con la poetessa americana di origine ebrea Joy Davidman, la cui morte di cancro riuscì addirittura a scuotere la profonda fede cristiana dell'autore. La vicenda è raccontata in Viaggio in Inghilterra (Shadowlands, 1993) di Richard Attenborough, con Anthony Hopkins e Debra Winger, un'opera dedicata soprattutto agli amanti del cinema inglese, con le sue atmosfere sonnolente e i dialoghi pacati, in cui le passioni emergono soprattutto in intensi silenzi. Nonostante il tema del contrasto tra la riservata Inghilterra e la caotica America sia uno di più abusati in cinema e letteratura, il risultato finale è comunque coinvolgente e intenso, oltre che nient'affatto scontato.
Questo drammone strappalacrime, invece, lo conoscete tutti e lo inserisco qui più per lo sguardo obliquo di Joseph Finnies e la splendida Inghilterra elisabettiana che per le insopportabili smorfiette di Gwineth Paltrow che pure per aver nascosto la chioma bionda vestendosi da uomo è stata dichiarata attrice seria e premiata con l'Oscar: ovviamente sto parlando di Shakespeare In Love (Id., 1998) di John Madden che vede fra i non protagonisti la perfetta Judi Dench e un quasi irriconoscibile Colin Firth. Il film si ispira molto liberamente alla vita del Bardo, impresa su cui si possono muovere poche critiche perché come si sa della vita del grande drammaturgo inglese si conosce ben poco e quindi ognuno è libero di fantasticare come vuole. Madden salta a pié pari i dubbi sulla sessualità del poeta, scaturiti più che altro dai suoi sonetti e immagina un giovane Shakespeare in crisi di ispirazione che si innamora di una nobile promessa a un altro e dalla sfortunata vicenda verrà ispirato per scrivere Romeo e Giulietta. Al di là del melodramma sentimentale il film è divertente e ben fatto, un must per gli amanti dei film in costume ma anche più che apprezzabile anche da tutti gli altri
Restiamo sui film in costume e torniamo a Kate Winslet (è la mia attrice preferita, rassegnatevi) co-protagonsta insieme a Johnny Depp di Neverland - Un sogno per la vita (Finding Neverland ,2004) di Marc Forster, con Dustin Hoffman e Julie Christie. Il film racconta l'incontro del commediografo James Barrie con la giovane vedova Sylvia Llewelyn Davies e i suoi quattro figli, incontro che porterà Barrie a scrivere l'immortale Peter Pan. La versione degli eventi è ovviamente romanzata ma comunque abbastanza fedele a ciò che accadde nella realtà, compreso un accenno alle insinuazioni meschine di cui Barrie fu vittima per il suo interesse verso i piccoli Llewelyn Davies. In tutta onestà il film sguazza un po' troppo nel melodramma e al personaggio di Kate Winslet vengono messe in bocca alcune frasi sdolcinate un po' stomachevoli, per questo i personaggi più apprezzati sono l'impresario teatrale impersonato da Dustin Hoffman (ricordate il suo Capitan Uncino in Hook?) e la moglie di Barrie, che fatica ad accettare lo spirito fuori dagli schemi del marito. Dopo anni di personaggi fuori dalle righe, Depp riesce a guadagnare una nomination all'Oscar per il ruolo di uno scrittore che indubbiamente nell'Inghilterra dei primi del '900 avrà suscitato scalpore ma che è il più mite fra i personaggi che gli sono capitati fra le mani. Come prevedibile neanche questa volta il povero Johnny si è aggiudicato l'ambita statuetta, il film rimane però molto interessante e imperdibile per tutti i fan del bambino che non vuole crescere.
Sempre ai primi del '900 e sempre in Inghiterra ci fu un autore che suscitò uno scandalo ben superiore ai pettegolezzi sul mite Barrie: Oscar Wilde. La sua vita, da idolo dei salotti della buona società a carcerato per sodomia, è ripresa con sufficiente dettaglio dal film Wilde (Id, 1997) di Brian Gilbert, con Stephen Fry nel ruolo principale. La sceneggiatura è stata tratta dalla biografia di Wilde scritta da Richard Ellmann e premiata con il Pulitzer e segue lo scrittore dagli albori del suo successo all'esilio europeo in seguito al rilascio dal carcere, attraverso il matrimonio, la scoperta della propria omosessualità e la turbolenta e fatale relazione con Lord Alfred Douglas. Il film riproduce fedelmente la vita dello scrittore ma tenta di discostarsi dalla classica biografia alternando scene della vita di Wilde a immagini di uno dei suoi racconti più famosi e amati, Il gigante egoista, che donano al film un tocco più intimo e personale, spogliandolo della pedanteria che a volte caratterizza le biografie. Stephen Fry fa un ottimo lavoro nell'impersonare il commediografo irlandese, sfruttando anche una somiglianza fisica impressionante ma chi attira davvero l'attenzione è il quasi esordiente Jude Law, la cui bellezza crudele è perfetta per rappresentare il capriccioso e viziato Bosie.
Concludiamo questa prima parte della nostra carrellata con un'opera particolare, The Hours (Id, 2002) di Stephen Daldry con Nicole Kidman, Julianne Moore e Meryl Streep. Il film, tratto dall'omonimo romanzo di Michael Cunningham, racconta la storia di tre donne di età ed epoche diverse, due fittizie e una realmente esista: Virginia Woolf. Non una tradizionale biografia quindi ma il racconto di tre vite all'apparenza diverse legate però dalle pagine del romanzo della Woolf La signora Dalloway. È il racconto di tre infelicità che si focalizza sui mesi che la scrittrice inglese dedicò alla stesura del romanzo, mentre combatteva con i sintomi della depressione che l'avrebbe poi portata al suicidio. Molto bello, una delle poche trasposizioni cinematografiche ben fatte, è un film che si fa amare anche da chi non conosce o non ama particolarmente Virginia Woolf.
Si conclude qui la prima parte di questo nostro approfondimento, nella prossima puntata vedremo qualche film in costume in meno ma non ci faremo mancare la giusta dose di alcolismo e trasgressioni per cui continuate a seguirci, potreste scoprire il vostro prossimo autore (e film) preferito!
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