Anche quest'anno sono arrivate le nominations agli Oscar e come nostra abitudine siamo andati a curiosare quali fra i film candidati sono stati ispirati da romanzi e biografie, e abbiamo scoperto che nemmeno questa edizione ci ha lasciati a bocca asciutta.
Partiamo come sempre dal premio più prestigioso, quello di Miglior Film, e dal titolo più famoso in questa categoria, American Sniper di Clint Eastowood. Se avete già visto il film, nelle nostre sale proprio in questi giorni, saprete che racconta la biografia di un vero e proprio eroe americano, Chris Kyle, passato alla storia come il più letale cecchino dell'esercito americano, e nel raccontare gli eventi si è ispirato direttamente all'autobiografia scritta dallo stesso Kyle in collaborazione con Scott McEwen e Jim DeFelice , appena pubblicata in Italia da Mondadori. La pellicola si è aggiudicata anche le candidature al Miglior Attore Protagonista (Bradley Copper, che ha praticamente raddoppiato la sua stazza per impersonare il marine), Sceneggiatura Non Originale, Montaggio e Suono ma, a sorpresa, non quella di Miglior Regia, a conferma che i giurati dell'Academy devono essersi accorti che il grande Clint, forse imbrigliato dalle maglie del film biografico e forse un po' troppo preso nell'esaltazione dei valori americani, non ha qui dimostrato la solita capacità analitica e d'approfondimento, producendo un film molto patriottico e un po' prevedibile.
Altro film che ha fatto incetta di nominations tra cui quella nella categoria di punta è The Grand Budapest Hotel, opera adorabilmente stravagante di Wes Anderson, che ha qui utilizzato il suo sguardo stralunato per unire su pellicola due libri dello scrittore anglo-austriaco Stefan Zweig: L'impazienza del cuore (Frassinelli) ed Estasi di libertà (Barbès Editore). I due romanzi narrano in realtà due storie distinte: il primo racconta il rapporto fra un giovane tenente e una ragazzina paralizzata che si innamora di lui, il secondo (pubblicato postumo) invece segue le vicende di un'impiegata postale austriaca nella Vienna impoverita in seguito alla Prima Guerra Mondiale. Entrambi rappresentano con grande efficacia le conseguenze della Grande Guerra sull'Europa e hanno ispirato ad Anderson sia il contesto che alcuni dei personaggi del suo film, come sempre un film corale fatto di figure impudenti e stravaganti che conta su un cast di tutto rispetto tra cui gli ottimi Ralph Fiennes e Bill Murray (purtroppo non nominati), Adam Brody e Saorsie Ronan, che hanno portato il film a ottenere 9 nominations, tra cui la Miglior Regia e la Miglior Sceneggiatura Originale.
Altra opera nelle sale italiane in questi giorni è l'attesissimo The imitation game di Morten Tyldum con Benedict Cumberbatch e Kiera Knightley. Vi si narra la vicenda, romanzata ma non troppo, di Alan Turing, colui che decifrò Enigma, la macchina utilizzata dall'esercito tedesco durante la Seconda Guerra Mondiale per criptare le proprie trasmissioni fornendo un aiuto un ruolo decisivo agli Alleati nella vittoria della guerra. Una vicenda affascinante già accennata in precedenti film e telefilm (ricordate Enigma con Kate Winslet?), che però non ebbero quasi mai il coraggio di affrontare la controversa vicenda che portò alla morte del "padre del computer", incarcerato a causa della sua omosessualità. Tyldum si propone di esaminare nel dettaglio la complessa figura del genio matematico basandosi su quanto narrato da Andrew Hodges in Alan Turing. Storia di un enigma, edito da noi nel 2012 dalla casa editrice Bollati Boringhieri, e lo fa sfruttando un cast d'eccezione guidato da Benedict Cumberbatch, da noi famoso soprattutto per il suo ruolo nel telefilm Sherlock, qui perfettamente a suo agio nei panni del tormentato Turing nel ruolo che potrebbe lanciarlo definitivamente come star, grazie anche alla nomination come Miglior Attore Protagonista, onore in cui è stato affiancato dalla Knightley, nominata per il suo ruolo di comprimaria.
Da un genio a un altro, da una biografia all'altra, tra i papabili al premio di Miglior Film troviamo La Teoria del Tutto, biografia del fisico Stephen Hawking qui portata sul grande schermo da James Marsh, ispirandosi al libro scritto dalla prima moglie di Hawking, Jane, appena arrivato sui nostri scaffali grazie a Piemme col titolo Verso l'infinito, nel quale la donna racconta con sorprendente candore la relazione col geniale astrofisico, complicata sia dal carattere dell'uomo che, inevitabilmente, dalla terribile malattia degenerativa che lo colpisce a soli ventun anni. Marsh non è riuscito ad ottenere riconoscimenti per la sua regia ma ha portato alla nomination i due protagonisti, Felicity Jones nella parte di Jane e il super favorito alla vittoria Eddie Redmayne, la cui interpretazione è davvero ai limiti della perfezione.
Abbandonando il gruppo d'élite dei candidati a miglior film troviamo ancora diverse pellicole ispirate a opere di carta. La prima è
Still Alice, film per il quale Julianne Moore ha ottenuto una nuova candidatura a Miglior Attrice (e si dice che questa sia la volta buona), tratto dal romanzo di Lisa Genova in Italia pubblicato ancora una volta da Piemme con il titolo Perdersi. La storia della Genova tratta un tema particolarmente caro al cinema di questi ultimi anni, oltre che all'Academy, perché di grande attualità: il morbo di Alzheimer. Julianne Moore interpreta infatti una professoressa di Harvard a cui viene diagnosticata la malattia e che si ritrova a lottare per mantenere il controllo della propria vita mentre i dettagli più intimi le scivolano dalla memoria. Racconto forse non originalissimo ma che ha colpito i lettori di Perdersi per la sensibilità e la verosimiglianza con cui vengono rappresentate le condizioni di un malato di Alzheimer.Un'altra pellicola che si è guadagnata solo una nomination per la Miglior Attrice è Gone Girl
che, come promesso, ha finalmente consentito a Rosamund Pike di scrollarsi di dosso l'etichetta di Bond Girl. E' questa però anche l'unica promessa mantenuta dal film di David Fincher, largamente atteso e pubblicizzato ma destinato a raccogliere critiche controverse, come del resto era stato per l'omonimo romanzo di Gillian Flynn, nel nostro paese pubblicato da Rizzoli con il titolo un po' fuorviante di L'amore bugiardo, che ha diviso il pubblico soprattutto a causa di una prima parte un po' lenta e prevedibile e un finale fatto apposta per suscitare polemiche. Le stesse critiche si possono muovere anche al film, che si è mantenuto abbastanza fedele all'opera che l'ha ispirato e, nonostante la presenza di attori azzeccati e di quell'atmosfera cupa e malsana che contraddistingue i film di Fincher, non è riuscito a scrollarsi di dosso una patina di sonnolenza.Premia le sue attrici anche Wild di Jean-Marc Vallée
che l'anno scorso portò Matthew McConaghey all'Oscar e quest'anno ci riprova con la Migliore Attrice Reese Witherspoon (che un Oscar l'ha già vinto con Walk the line) e la Migliore Attrice Non Protagonista Laura Dern, quest'ultima una candidatura inaspettata ma secondo molti lungamente dovuta alla Dern, musa da sempre di David Lynch. Wild è uno dei film più attesi di questa stagione in America perché ispirato all'omonimo bestseller autobiografico scritto da Cheryl Strayed, una giovane donna che trovandosi improvvisamente senza punti di riferimento a causa della fine del suo matrimonio e della morte della madre decide di intraprendere da sola un viaggio di più di mille miglia sulla Pacific Crest Trail. Ancora una volta è Piemme ad aggiudicarsi i diritti per questa opera accattivante che da noi non ha avuto molta visibilità ma ora con l'uscita della pellicola potrebbe attirare l'attenzione dei lettori.Di tutt'altro genere l'ultima candidatura a Migliore Attrice che compare in questo articolo: si tratta di Into the woods di Rob Marshall, che regala a Meryl Streep la sua diciannovesima(!) nomination nella parte di un'irresistibile strega cattiva. Il film è in realtà basato sull'omonima commedia teatrale, quest'ultima è però tratta dall'opera di Bruno Bettelheim Il mondo incantato. Uso, importanza e significati psicoanalitici delle fiabe, saggio edito da Feltrinelli che propone un'analisi freudiana delle più celebri fiabe suggerendo che siano i bambini a interpretare da soli le favole affinché ne traggano un migliore insegnamento. Concludiamo la nostra carrellata con un'altra opera largamente anticipata, Inherent Vice, tratta da Vizio di forma, noir psichedelico di Thomas Pynchon edito da Einaudi. Solo un regista di spessore come Paul Thomas Anderson poteva cimentarsi in una trasposizione tanto complessa, che però non ha ottenuto gli apprezzamenti attesi: le performances di Joaquin Phoenix e Josh Brolin, per quanto apprezzate, non hanno ottenuto candidature e il film è stato nominato solo per premi "minori" come la Miglior Sceneggiatura e i Migliori Costumi. L'opera, lo ricordiamo, segue le vicende dell'investigatore Doc Sportello mentre indaga sul rapimento dell'amante della sua ex fidanzata e, nel farlo, ripropone un interessante viaggio nella cultura pop anni 70.
E chi più di ogni altro ha preso ispirazione da opere letterarie se non i film d'animazione? Così anche quest'anno tra i candidati a Miglior Film d'Animazione troviamo il cartone Big Hero 6 della Disney, basato sul fumetto Big Hero 6 Comics edito da Marvel, The Boxtrolls tratto da Arrivano i mostri! di Alan Snow , edito da Mondadori, il favorito How to Train Your Dragon 2 che si ispira alla celebre saga di Cressida Cowell Come addestrare un drago, anche questa pubblicata in Italia da Mondadori, e The Tale of the Princess Kaguya che è invece basato su una favola della tradizione popolare giapponese: The Tale of the Bamboo Cutter.
E con questo abbiamo davvero terminato. Possiamo dire che anche quest'anno materiale da cui trarre ispirazione per le nostre future letture davvero non manca, anche se per la maggior parte si tratta di biografie, genere che da sempre va forte agli Oscar ma che tra i lettori è considerata una categoria un po' di nicchia. Certo la biografia non sempre di facile approccio come un romanzo, ma visti i nomi in questione mi sembra che le figure interessanti su cui sarebbe bello scoprire qualcosa di più non mancano.
Bella panoramica!
Almeno un paio vorrei recuperarmeli. E no, non mi riferisco all'autobiografia da cui è stato tratto il da me tanto detestato American Sniper :)
American Sniper urla cestino dopo 10 minuti. Patriottico nel modo sbagliato, eccessivamente gigione. Non ci siamo. La teoria del tutto <3 e The Grand Budapest Hotel invece hanno rubato il mio cuoricino. Con Wes ero già sicura, La teoria del tutto è stata invece una bella sorpresa! Sono curiosa anche per Wild!
American Sniper è decisamente uno dei peggiori film di Eastwood che abbia mai visto. La prima parte nemmeno accettabile come film di guerra perché identico a mille altro, la seconda più avvincente ma nel complesso rimane uno sbrodolamento senza ombra di critica sull'esaltazione dell'Americano buono che salva il mondo. Totalmente assente lo spirito riflessivo e critico di Million Dollar Baby o Mystic River. Peccato.
La teoria del tutto mi ha soprattutto colpita per l'interpretazione di Redmayne, veramente incredibile, il film è godibile e interessante ma forse si poteva dare un po' di spazio in più alle teorie di Hawking e un po' meno ad alcune smancerie.
Su tutti preferisco decisamente la stravaganza di Grand Budapest Hotel, uno dei migliori di Anderson.