Recensione
La vicenda inizia nel consueto modo in cui iniziano quelle situazioni che ci aspettano sulla soglia, ogni giorno. Un malore, due attacchi epilettici improvvisi, mai accaduti prima, e Anna, la protagonista, si ritrova in ospedale, dove scopre di avere un angioma al lobo frontale del cervello e dove conosce Ezio, il neurochirurgo che la opera.
“Devo operarmi per forza?”
“Sì”
“Altrimenti?
“Altrimenti deve avere paura”.
Dopo l’operazione che risolve la minaccia dell’angioma, si verifica un fatto strano: la protagonista non ricorda nulla del suo passato, se non in forma di racconto visionario, frammentario, non verosimile. La paziente che sembra, di fatto, non aver riportato alcun tipo di danno, neppur lieve, a seguito della delicata operazione, quando cerca di rievocare un episodio del passato riesce solo a produrre un flusso interrotto di coscienza confusa.
Questo “evento complicante” dà il via a una serie di accadimenti, primo fra tutti la storia d’amore tra la ragazza e il medico che cerca di capire che cosa sia accaduto.
Quando si guardarono nuovamente negli occhi, sprofondati nel divano del ber, fu Anna a prendere per prima la parola.
“E adesso” disse.
Adesso cosa?”.
La vicenda amorosa si intreccia alla storia del problema medico; come in molte narrazioni, il connubio malattia-amore risulta efficace. La storia scorre leggera, senza intoppi, si sorride, ci si corruga un po’, si riflette, si impara qualcosa.
La qualità della scrittura è, a mio avviso, buona perché possiede delle caratteristiche piacevoli: una sintassi chiara, un lessico arguto, un’ironia apprezzabile e un presentarsi sulla pagina, come un’incisione di pennino nero su fondo bianco. Precisa senza essere chirurgica, definita senza essere tagliente, la sintassi si dipana in un disegno gradevole che, se arrivasse a essere barocco, non apprezzerei:
Roberto aveva fatto propria la massima che le donne avrebbero ceduto a qualunque menzogna, pur di mantenere l’illusione di amare ed essere amate.[…]Egli, non inferiore in narcisismo, era per contrasto fautore di un “dongiovannismo qualitativo”, più attento all’intensità della passione che alla quantità delle amanti.
Nelle struttura del testo, all’inizio di ogni capitolo, c’è una lettera, dal tono onirico, dallo sviluppo non sempre chiaro: mi sono sembrate, queste lettere, elementi irrilevanti sul piano narrativo e che creavano ambiguità nella storia.
La conclusione, invece, sviluppa e avviluppa una scrittura che perde, un po’, la qualità che aveva nella parte iniziale di essere centrata, pesa e coinvolgente. Il finale è sospeso ed è, senza dubbio, la cosa meno riuscita del libro.
Nel complesso, questo primo romanzo mi fa ben sperare. La materia scrittoria è buona, c’è della vita tra le parole, c’è un guizzo intelligente e irriverente che mi è piaciuto e mi ha incuriosito. L’espediente dichiarato del palindromo (inteso come storia o sequenza narrativa che si può percorrere in entrambi i sensi) non mi convince del tutto, lo trovo un po’ gratuito e mi sembra un elemento estetico, non necessario alla scrittura. Il risultato, infatti, è un finale che si sfalda, si sbriciola ed, è un peccato perché fino ad un certo punto, la narrazione funzionava davvero bene. Nel complesso, allo stato attuale delle mie considerazioni, consiglierei questo libro con la raccomandazione di concedere all’autore l’indulgente giudizio delle prime opere. Con la speranza e l’augurio che il vino novello maturi e si trasformi presto in un ottimo vino d’annata.
Giudizio:
+4stelle+Dettagli del libro
- Titolo: Anna. Storia di un palindromo
- Autore: Francesco d’Isa
- Editore: Effequ
- Data di Pubblicazione: 2014
- ISBN-13: 978-88-98837-083
- Pagine: 202
- Formato - Prezzo: Brossura - Euro 13,00
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