Margaret Atwood è una poetessa, scrittrice e critica letteraria canadese, nata a Ottawa nel 1939.
Il suo amore per la letteratura si mostra già intorno ai sei anni e già dieci anni dopo decide di voler diventare una scrittrice.
L'approccio con la scrittura avviene dapprima tramite la poesia, con una prima raccolta pubblicata privatamente all'epoca del college, per la quale riceverà la medaglia E.J. Pratt. Dopo essersi laureata con onore in Inglese all'Università di Toronto, prosegue gli studi specialistici conseguendo un Master ad Harvard che la porterà a rimanere nell'ambito universitario per diversi anni come insegnante, presso le università della British Columbia, la Sir George Williams University di Montreal (1967–68), l'University of Alberta (1969–70), e la York University di Toronto (1971–72).
Nello stesso periodo inizia anche la sua carriera di romanziera, con la pubblicazione nel 1969 de La donna da mangiare (The Edible Woman).
Il romanzo è ambientato in un mondo devastato da un'epidemia. Jimmy, forse l'unico uomo rimasto in vita, deve proteggersi da numerosi animali feroci, risultato di mutazioni e di incontrollati esperimenti di ingegneria genetica. Jimmy si fa chiamare l'Uomo delle Nevi dai membri di una tribù di pacifici mutanti di innata infantile innocenza, i Craker. L'uomo gli insegna le elementari regole della sopravvivenza e tenta di spiegargli i segreti della natura ma, a causa del loro limitato sviluppo, deve usare concetti semplici e metafore di facile comprensione. La genesi, ad opera del creatore Crake, gli viene spiegata come fosse una fiaba e i Craker imparano a ringraziare la divinità femminile Oryx per la prosperità a loro concessa. Mentre i Craker sono erbivori, immuni alle radiazioni solari e repellenti per gli animali carnivori, Jimmy è costretto a combattere contro l'ambiente ostile per la propria sopravvivenza e per la ricerca del cibo.
Recensione
Se siete amanti della Atwood e in particolar modo avete già letto Il racconto dell'ancella, la struttura di questo L'ultimo degli uomini vi risulterà familiare.
Anche qui, infatti, l'ambientazione è un futuro distopico, una realtà lentamente svelata al lettore tramite la vita quotidiana del protagonista che alterna le sue riflessioni ai ricordi della vita passata, spiegando così come l'umanità è arrivata a una situazine tanto catastrofica.
A differenza de Il racconto dell'ancella, il fulcro della riflessione non è però la condizione della donna ma i disastri ambientali e l'evoluzione incontrollata della scienza.
La Atwood, nota in Canada per l'interesse dimostrato per le problematiche sociali e ambientali, ha evidentemente utilizzato questo romanzo come espressione delle sue opinioni (con la maggior parte delle quali posso essere d'accordo), sacrificando così il valore del racconto che pecca di prevedibilità e piattezza dei protagonisti.
L'ultimo degli uomini appare per quasi tutta la sua durata come una lunga, lenta introduzione a eventi più succosi che presumibilmente si verificheranno nei successivi volumi della Trilogia di Maddaddam, di cui questo romanzo costituisce il primo capitolo.
La reatà post-apocalittica in cui il libro è ambientato è piuttosto intrigante, sebbene un po' troppo in stile Robinson Crusoe: una figura solitaria, Uomo delle Nevi, abbandonato in una foresta selvaggia con la sola compagnia di una specie umanoide, non civilizzata ed estremamente ingenua, i figli di Crake, che ricorda le antiche tribù dell'America precolombiana. Essi vivono in un ambiente estremamente ostile, popolato da animali bizzarri, i figli di Oryx, risultato di scriteriati incroci genetici.
Questo scenario da incubo è figlio (ovviamente) di una comunità scientifica che ha travalicato i confini della sua missione di migliorare le condizioni di vita dell'umanità ergendosi a giudice morale di ciò che deve essere salvato e ciò che è superfluo, seguendo solo razionalistiche considerazioni di utilità e scopo.
L'idea, comprensibile quanto stupida, è quella di eliminare qualsiasi sofferenza dall'umanità, sia essa quella causata dalle malattie, sia quella interiore dovuta a sentimenti irrazionali come l'amore, la gelosia e la paura. Un essere umano guidato solo dalla logica degli istinti utili alla conservazione e non appesantito da inutili complessità astratte come il romanticismo, l'amore, l'arte, qualsiasi forma di pensiero astratto o individualista non rischierebbe mai di soccombere a orrori quali guerra, violenza, dittatura, stupro.
Ma sarebbe ancora un essere umano? E' chiara l'opinione dell'autrice in proposisto, la quale mostra come, nonostante l'attento lavoro degli scienziati, vi siano caratteristiche innate impossibili da estirpare nell'uomo. La Atwood non lesina con l'ironia quando descrive il modo in cui i figli di Crake, creature fatte nascere in laboratorio in modo che, fra le altre cose, non fossero contaminate dalle assurdità delle religioni, arrivano a identificare il loro creatore e la sua assistente come due divinità da adorare.
Uomo delle Nevi ha vissuto nella società che ha permesso a questa linea di pensiero di nascere e prosperare grazie a una consolidata abitudine all'indifferenza verso le sofferenze del prossimo, una società tanto assuefatta al sesso e alla violenza da considerare normale che internet proponga come principale forma di intrattenimento filmini pedo-pornografici o brutali esecuzioni capitali, una società che nell'ottica dell'autrice non è altro che l'ovvia evoluzione della nostra civilità indurita da un'idea voyerista di sesso, violenza, dolore e lacrime.
I ricordi della "vecchia" vita di Uomo delle Nevi, dalla sua infanzia infelice alle frustrazioni della vita adulta, quando ancora il suo nome era Jimmy e Oryx e Crake erano due persone reali, sono lo stratagemma tramite il quale la Atwood descrive come l'umanità sia arrivata all'estinzione, ma la vicenda si evolve in modo troppo lento e prevedibile tanto che, a dispetto della curiosità di sapere cosa sia veramente successo, le parti del romanzo più coinvolgenti e avventurose sono quelle ambientate nel presente, anche perché non vi è praticamente alcuna evoluzione della personalità dei protagonisti Jimmy e Crake sono due figure piuttosto stereotipate (il classico genio emotivamente sterile e il suo amico "tontolone" ma dal cuore buono).
Come spesso accade con i protagonisti dei libri della Atwood, Jimmy, pur essendo fondamentalmente una brava persona, non è un personaggio totalmente positivo perché troppo incline all'autocommiserazione e all'inattività, confuso e rallentanto da vaghi sensi di colpa che preferisce soffocare per un la propria pace mentale; si tratta ovviamente di una scelta intenzionale da parte dell'autrice che conferma ancora una volta la sua avversione per i caratteri eroici.
A differenza delle opere precendenti, L'ultimo degli uomini ha una voce narrante maschile, tuttavia il libro mostra lo stesso tono malinconico dei precedenti lavori che ho letto. Il risultato finale è abbastanza interessante da volermi far leggere i volumi successivi della trilogia, ma non posso ignorare la sensazione che la Atwood abbia deciso di muoversi su un terreno sicuro, riutilizzando situazioni e schemi narrativi già sperimentati per esprimere la sua critica a una crescita indiscriminata e la sua preoccupazione verso i rischi di una ricerca scientifica priva di etica.
Giudizio:
+3stelle+Dettagli del libro
- Titolo: L'ultimo degli uomini
- Titolo originale: Oryx and Crake
- Autore: Margaret Atwood
- Traduttore: R. Belletti
- Editore: Ponte alle Grazie
- Data di Pubblicazione: 2003
- ISBN-13: 9788879286565
- Pagine: 303
- Formato - Prezzo: Brossura - 7.50 Euro
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