Indicato come uno dei più influenti insegnanti della sua generazione, è autore sia di racconti che di romanzi. I suoi racconti sono stati pubblicati su riviste come Granta, Esquire, The Paris Review, Best New American Voices e Best American Short Stories per poi essere raccolti nell'unico volume Emporium, pubblicato nel 2002. Vincitore del Whiting Award e del National Endowment for the Arts Fellowship, è uno dei pochissimi americani ad aver visitato la Corea del Nord.
Da quella esperienza è nato Il Signore degli Orfani (The Orphan Master's Son, 2011), romanzo pubblicato in Italia da Marsilio nel 2013, che ha richiesto un lavoro preparatorio di ricerca durato sette anni. Un lungo lavoro che ha però dato i suoi frutti perché gli ha permesso di arrivare finalista al National Book Critics Circle Award e, soprattutto, di vincere il Premio Pulitzer nel 2013. Pubblicato in dodici paesi, ha sbaragliato concorrenti quali Di cosa parliamo quando parliamo di Anne Frank di Nathan Englander e La bambina di neve di Eowyn Ivey.
Pak Jun Do è figlio di una madre scomparsa, una cantante rapita e portata a Pyongyang per allettare i potenti della capitale, e di un padre influente, direttore di un orfanotrofio. Crescendo, si fa notare per lealtà e coraggio, tanto da convincere lo Stato a offrirgli una carriera molto rapida. E per lui comincia un percorso senza ritorno attraverso le stanze segrete della dittatura più misteriosa del pianeta. "Umile cittadino della più grande nazione del mondo", Jun Do diventa un rapitore professionista, costretto a destreggiarsi tra regole instabili e richieste sconcertanti da parte dei suoi superiori per sopravvivere. L'amore per Sun Moon, attrice leggendaria, lo porterà a prendere in mano la propria vita, con un sorprendente colpo di scena. Ambientato nella Corea del Nord dei nostri giorni, il libro di Adam Johnson descrive vita e accadimenti di un moderno Candido in un regime isolato e folle, un vero e proprio regno eremita in cui realtà e propaganda si sovrappongono fino a essere indistinguibili. Romanzo d'avventura, racconto di un'innocenza perduta e romantica storia d'amore, "Il signore degli orfani" è anche il ritratto di un mondo che fino a oggi ci è stato tenuto nascosto: una terra devastata dalla fame, dalla corruzione, da una crudeltà che colpisce a caso, dove esistono anche solidarietà, inaspettati squarci di bellezza, e amore.
Recensione
Adam Johnson è uno dei pochi occidentali che ha potuto visitare la Corea del Nord e quando gli hanno chiesto cosa l’avesse colpito maggiormente di quel paese, ha risposto:«…oltre alla scomparsa improvvisa delle persone, la limitazione violenta della libertà e la grottesca propaganda mi ha sconcertato il fatto che non esistano librerie. Non si leggono libri da sessanta anni, e i cittadini ignorano cosa sia successo nel mondo. Non hanno modo di confrontarsi con nulla, anche da un punto di vista culturale: è una situazione persino più tragica dell’Unione Sovietica. In quel caso una persona poteva decidere di essere, a suo rischio e pericolo, uno scrittore, e leggere, ad esempio, Puskin. Oggi la Corea del Nord è un luogo in cui esiste una sola storia ufficiale e non c’è spazio per alcuna discussione o ironia. Non esistono gli individui, ma un solo personaggio: “il caro leader”. Il tutto mentre la propaganda dice ovunque che è la più felice democrazia del mondo. Ogni casa ha una radio collegata con la stazione centrale che trasmette perennemente i messaggi del caro leader e chi tenta di spegnere l’apparecchio si mette nei guai».
Si intuisce pertanto come un romanzo che si svolga nella Corea del Nord presenti delle caratteristiche che lo rendono unico. Queste poi sono le parole che l’autore mette in bocca al protagonista del romanzo, Pak Jum Do, quando tenta di spiegare il proprio paese agli americani:
"Nel posto dal quale veniamo noi le storie sono reali. Se un contadino viene dichiarato un virtuoso della musica, è meglio che tutti comincino a chiamarlo "maestro". E sarebbe saggio da parte sua cominciare a studiare il piano. Per noi, la storia è più importante della persona. Se un uomo e la sua storia sono in conflitto, è l'uomo che deve cambiare".
Si può dire che gli occidentali si ricordino dell’esistenza della Corea del Nord solo in occasione delle sue ricorrenti minacce di conflitti termonucleari. Le poche informazioni che riceviamo sulla vita che conducono i nordcoreani ci provengono dai profughi e sono raccapriccianti, come questa di Shin Dong-huyuk, nato in un campo di “rieducazione”:
«Ho visto impiccare mia madre. Che cosa ho provato? Niente, succedeva spesso».
Con queste premesse, un romanzo ambientato nella Corea del Nord non poteva che avere un impatto molto forte sul pubblico, tanto più che Adam Johnson riesce a essere anche molto coinvolgente, inserendo colpi di scena a tutto spiano, ed è impossibile non appassionarsi alle vicende del protagonista. Peraltro tutte le situazioni narrate sono per noi europei al limite dell’inverosimile e non è sempre chiaro distinguere dove finisca la mentalità prettamente nordcoreana per l’intrigo e dove inizi il gusto tipicamente americano per l’impresa impossibile compiuta dall'eroe solitario. Solo nell’ultima parte del romanzo gli eventi si trascinano forse più di quanto non si vorrebbe. Sembra di leggere uno di quei libri di fantascienza sociologica che hanno per sfondo una società distopica. Gli avvenimenti risultano talmente surreali che, se non sapessimo che potrebbero essere drammaticamente veri, apparirebbero solo grotteschi.
La trama del romanzo è complessa e articolata in due parti. Il protagonista –almeno nella prima parte- è Pak Jum Do, un “quasi” orfano di madre che, dopo essersi arruolato nell’esercito in cui viene addestrato nelle arti marziali e nei combattimenti al buio, diventa in pratica un agente segreto. Il suo compito è quello di rapire persone dei cui servigi la Corea del Nord potrebbe avere bisogno. In pratica Pak Jum Do è una specie di James Bond nordcoreano, ma nel tempo libero, invece di essere un buongustaio e uno sciupa femmine come il suo alter ego inglese, tende all’introspezione e arriva a comprendere la mancanza di etica delle azioni che gli vengono imposte. Una volta portate a buon fine diverse missioni, dando dimostrazione di coraggio e capacità, gli viene offerto di frequentare la scuola interpreti. Successivamente viene imbarcato su un peschereccio spia con il compito di intercettare le trasmissioni americane. Per poter meglio interpretare la parte del pescatore, deve tatuarsi sul petto l’immagine della propria moglie come fanno i marinai nordcoreani. Non essendo sposato, gli viene tatuato il volto di una donna preso dalla locandina di un film. Il ritratto risulta essere ;quello della più famosa attrice del paese, Sun Moon, moglie di uno dei più coraggiosi, potenti e crudeli capi dell’esercito, il comandante Ga. Pak Jum Do, dopo aver compiuto un prodigioso atto di coraggio, viene chiamato a partecipare ad una strana missione diplomatica negli USA che ha il fine primario di sbeffeggiare il nemico yankee di sempre. Quando gli americani scorgono il suo tatuaggio, riconoscono in esso il volto di Sun Moon e ritengono che lui sia il comandante Ga.
Nella seconda parte del romanzo i protagonisti si sdoppiano e, oltre a Pak Juom Do, conosciamo anche la vita ed il modo di pensare di uno degli agenti della Divisione che deve investigare sulla vita delle persone che si presume si siano ribellate al sistema. Negli interrogatori degli indagati è normale che si faccia largo utilizzo della tortura. Per un insieme di circostanze che sarebbe troppo complesso raccontare, Pak Juom Do si trova a doversi battere con il comandante Ga. Durante una lotta al buio il comandante Ga rimane ucciso e Pak Juom Do si sostituisce a lui nella vita privata e pubblica. Per quanto potrebbe apparire strano in una nazione diversa dalla Corea del Nord, il suo leader, Kim Il Sung, accetta di buon grado questa sostituzione perché il comandante Ga tendeva a fargli ombra con la sua fama e perché può avere mano più libera con Sun Moon sua amante. Non sveliamo il finale che è rocambolesco come un thriller di spionaggio.
La storia narrata non tratta direttamente la vita degli americani e pertanto si potrebbe affermare che in essa manchi uno dei requisiti in genere richiesti per vincere il Premio Pulitzer, tuttavia nel romanzo vi è la contrapposizione dello spirito libero degli USA a quello delle cosiddette democrazie asiatiche, dove la felicità è imposta per legge. Un concetto per noi occidentali assurdo, tanto che ben si adatterebbe alla Corea del Nord la barzelletta che Asimov era solito raccontare su quale sia la vera felicità.
Per chi non dovesse conoscerla provo a riassumerla brevemente, anche se in questo modo perde il suo spirito caustico.
Un tedesco, un francese ed un russo discutono su quale sia la vera felicità. Per il tedesco non c’è niente di meglio di una marcia e di una bella bevuta di birra intonando cori con i compagni durante ogni brindisi. Per il francese invece niente è più appagante di una notte d’amore con una bella donna dopo una cena a base di champagne e foie gras.
Il russo dice che quelle espresse dagli altri due non sono altro che forme di piacere. Un’altra cosa è la felicità e riporta questo esempio :Se mentre siete a casa dopo una dura giornata di lavoro bussano alla porta e vi trovate davanti a due energumeni della polizia che vi chiedono se siete Vassilj Andropov, la felicità consiste nel poter dire: “No, Vassilj Andropov abita al piano di sopra".
Giudizio:
+4stelle+Dettagli del libro
- Titolo: Il Signore degli Orfani
- Titolo originale: The Orphan Master's Son
- Autore: Adam Johnson
- Traduttore: Fabio Zucchella
- Editore: Marsilio
- Data di Pubblicazione: 2013
- Collana: Romanzi e racconti
- ISBN-13: 9788831714624
- Pagine: 554
- Formato - Prezzo: Rilegato con sovracopertina- Euro 21,00
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