L'autore
Lavie Tidhar è uno scrittore di origine israeliana, nato il 16 Novembre 1976. Cresciuto in un kibbutz ha poi trascorso gran parte della sua gioventu in viaggio fra Sud Africa, Gran Bretagna, Laos, e la piccola isola di Vanuatu.
Il suo esordio nel mondo della letteratura avviene tramite una raccolata di poesie in ebraico pubblicate nel 1998. Dopo di queste lo scrittore si converte alla prosa componendo un grande numero di racconti nei primi anni 2000. Tra essi ricordiamo Temporal Spiders e Spatial Webs che vinsero il concorso Clarke-Bradbury nel 2003, sponsorizzato dalla European Space Agency, e The Night Train (2010) che arrivò tra i finalisti del Sturgeon Award.
Nel 2009 scrive insieme a Nir Yaniv il racconto dark fantasy The Tel Aviv Dossier mentre negli anni successivi pubblica l'apprezzatissima serie The Bookman Histories, in cu combina personaggi storici e letterari con elementi steampunk, e che è composta da tre romanzi: The Bookman (2010), Camera Obscura (2011), e The Great Game (2012).
Il romanzo Wanted (Osama 2011) combina il pulp con uno sguardo sofisticato all'impatto del terrorismo sulla nosta vita e gli regala la consacrazione definitiva facendogli vincere il World Fantasy Award nel 2012.
Tidhar sostiene la diffusione della fantascienza presso un pubblico più vasto e ha contribuito ad aggiornare The Apex Book of World SF (2009) e The Apex Book of World SF 2 (2012). Egli è inoltre editore capo del blog World SF Blog , arrivando finalista al World Fantasy Award del 2011 per il lavoro qui svolto. Dopo Wanted ha scritto The Violent Century(2013) e The Drummer (in arrivo in libreria quest'anno).
Il libro
Joe è un detective privato alla vecchia maniera e vive in un mondo in cui gli attacchi dell'11 settembre non sono mai avvenuti, anzi fanno parte della realtà immaginaria di una famosa serie di romanzi che hanno come protagonista la figura, altrettanto immaginaria, di Osama bin Laden. Un giorno Joe riceve la visita di una misteriosa donna, che lo ingaggia per trovare proprio Mike Longshott, l'autore di quei libri; inizia così un'avventura paradossale fra Laos, New York, Londra, Parigi e, ovviamente, Kabul. Man mano che l'indagine di Joe progredisce, le cose si fanno sempre più strane e le certezze del detective cominciano a trasformarsi in lancinanti dubbi, tanto da portarlo a non essere più sicuro nemmeno della sua stessa identità. Così, in un mondo senza terrorismo globale, Joe si ritrova ad affrontare nemici oscuri che cercano di impedirgli di scovare la verità che sta sotto a quella che lui ha sempre considerato la realtà. "Wanted" è un romanzo dai contorni noir in cui i confini fra reale e immaginario si confondono, in cui il thriller internazionale si tramuta in storia alternativa, e in cui Lavie Tidhar delinea uno sconcertante ritratto dei nostri tempi.
L'intervista
Il testo dell'intervista in lingua originale lo trovate in fondo al post.
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1. Mi ha molto colpito scoprire che tu e la tua famiglia vi siete trovati in prossimità di ben tre attacchi terroristici, quelli avvenuti a Nairobi, a Londra e nel Sinai. Che impatto hanno avuto questi eventi su di te e quanto di quest'esperienza si ritrova in "Wanted"?
Nel 1998 ero in viaggio con lo zaino in spalla e fu all'ora che venni per la prima volta a contatto con ciò che il mondo avrebbe scoperto a partire dal 2001. Per me fu quello l'inizio della storia, qualcosa che mi avrebbe seguito ovunque andassi - a Londra, in Egitto - per cui il punto non è mai stato se avrei raccontato questa storia ma quando. Vivevo nel Laos nel 2008 quando finalmente mi sono deciso a provare a metterla per iscritto, a dieci anni quindi dagli attacchi all'ambasciata!
2. Joe, il protagonista di questo romanzo, è un detective vecchio stile, tipico dei noir e la sua presenza conferisce al racconto un'atmosfera anni '50 che si sposa incredibilmente bene con l'ambientazione a noi contemporanea. Come mai hai scelto un uomo come Joe invece di una figura più d'azione? Perché hai deciso di mischiare i toni cupi del romanzo noir con una storia sul terrorismo islamico?
Sospetto che Joe in qualche modo mi rappresenti - e io non sono certo un eroe d'azione. Penso che in un certo senso dipenda da come si interpreta il libro e il mondo in cui il libro è ambientato. E' una realtà di fantasia, un mondo inventato in cui Joe - o io stesso - tenta di fuggire. Sono affascinato non dall'idea della fuga ma dalla sua impossibilità.
Il noir è qualcosa da cui sono attratto - qualcuno tempo fa mi ha detto che "Wanted" avrebbe potuto essere un romanzo sulla ricerca del Santo Graal o, per dire,un fantasy con i draghi! - e che non importa quale sia la natura di questa realtà immaginaria. Ma credo che il noir, o i romanzi gialli in generale, abbiano un fascino particolare, poichè sono un mezzo per fare delle domande - per interpretare il mondo.
3. Nel mondo di Joe il terrorismo non esiste, se non come un qualcosa che può essere trovato in romanzi pulp dozzinali. E' questo ciò che la nostra realtà è diventata? Un romanzo pulp in cui accandono cose così raccapricianti da superare qualsiasi invenzione della fantasia?
Penso di sì. E' un argomento che ricorre spesso nei miei ultimi lavori. Il mondo è molto più strano e bizzarro di qualuque cosa possiamo inventarci!
4. In "Wanted" combini le atmosfere surreali della storia di Joe con lo stile pratico, quasi giornalistico, degli estratti dei romanzi che Joe sta leggendo. Perché hai scelto due stili così diversi? E' stato difficile combinarli?
Bisogna creare un contrasto tra la fantasia e la realtà. Lo stile giornalistico si prestava a descivere quelle che sono atrocità terribili. Mi premeva molto l'accuratezza dei dettagli in quelle sezioni. Dovevano essere il più dettagliate e il più vere possibile. E spassionate, in un certo senso, in modo che fossero gli eventi, con la loro efferatezza a parlare per sè.
5. Il tuo racconto si basa su un argomento molto controverso: è stato difficile proporre "Wanted" ad un editore? Ritieni che il pubblico abbia capito il messaggio che stavi cercando di trasmettere?
E' stato molto difficile! In effetti è una di quelle classiche storie sulla difficoltà di essere pubblicati che si sentono sempre raccontare - il libro che viene respinto in continuazione... Alla fine fu pubblicato da un piccolo editore nel Regno Unito e a quel punto mi ero ormai rassegnato a vederlo sparire senza lasciare traccia. Invece cominciò a ricevere candidature e buone critiche, vinse il World Fantasy Award e fu tradotto in una mezza dozzina di lingue. Credo che la lezione di tutto questo sia di scrivere sempre ciò in cui si crede, senza prendere la strada più facile.
6. La percezione che abbiamo del mondo in cui viviamo è uno dei temi principali del tuo romanzo. Quanto le nostre paure sono influenzate dalla propaganda dei mezzi di informazione e questo come influenza la nostra vita? Possiamo imparare ad avere una visione obbiettiva e indipendente della realtà?
Il trattamento operato dai media sicuramente ricopre un ruolo fondamentale nel romanzo - dal discorso di Bush sull'"Asse del male", che effettivamente ricorda qualcosa proveniente da un romanzo dozzinale, al modo in cui l'invasione dell'Iraq fu riportata dai gionali, che continuavano a parlare di "Mr. Bush" da un lato e "Saddam" dall'altro. Mi sono sempre chiesto se avrebbero comunque invaso l'Iraq se i gionali avessero parlato di "George" e "Mr. Hussain". La nostra percezione è filtrata, la storia del mondo viene scritta per noi dalle persone che hanno interesse per un certo tipo di racconto. Cosa che è in effetti affascinate, dal punto di vista di un romanziere!
7. I politici e i giornali occidentali hanno trasfomato Osama Bin Laden in una sorta di figura mitologica, una specie di super cattivo uscito da un fumetto. Ritieni che lui ( e la sua morte) siano stati sfruttati per ragioni politiche e economiche?
Ritengo che sia un comodo unomo di paglia, non credi? Osama non esiste più, se mai è esistito. Abbiamo l'Osama figura mitologica. Tra parentesi, e questo è solo parzialmente collegato a ciò che stiamo dicendo, il mio prossimo libro riguarda Adolf Hitler, ed è stato affascinante - e disturbante!- provare ad entrare nella testa di Hitler e cercare di trattarlo come una persona. Ho trascorso la maggior parte dello scorso anno nella testa di Hitler, che decisamente non è un bel posto in cui stare!
8. Molti hanno paragonato il tuo romanzo a "La svastica sul sole" di Philip K. Dick. Ti sei effettivamente ispirato al libro di Dick? Ritieni il paragone calzante?
Sì, l'opera di Dick mi è stata d'ispirazione, anche se non credo si possa dire che è stata un'influenza totalmente esclusiva - sono stato anche influenzato da giallisti europei come Peter Hoeg e Arturo Perez-Reverte, per esempio. Ma sicuramente Dick, e "La svastica sul sole" - hanno aiutato a forgiare questo racconto.
9. "Wanted" ha vinto il World Fantasy Award nel 2012. Cos'ha significato per te vincere questo premio, specialmente contro rivali quali George R.R. Martin e Stephen King?
Beh, è stato totalmente inaspettato e, da un punto di vista meramente provessionale, di grande aiuto. Sicuramente aiuta. Da un punto di vista personale è stata una sorta di conferma che è valsa la pena scrivere questo folle libro, che molti editori nemmeno volevano toccare. Sono cose che danno soddisfazioni.
10. Finora hai scritto soprattutto fantasy e fantascienza. Perché preferisci questo genere? Questo rispecchia anche i tuoi gusti come lettore?
Non so se sia totalemnte vero... ciò che mi attrae è scrivere lavori che mescolano i generi letterari, utilizzando qualsiasi strumenti possiedo e voglio. Sicuramente mi piace la fantascienza e il fantasy ma nello stesso modo in cui mi interessano, per dire, i gialli, la poesia o i libri di cucina. Penso che molto abbia a che fare con il marketing. Il mio ultimo libro, per esempio. The Drummer sarà pubblicizzato come "narrativa" invece che "fantasy". Ma che significa? Il libro è sempre quello!
11. "Wanted" ha ricevuto un grande successo di critica e pubblico. Questo ha in qualche modo influenzato ciò che scrivi? Avverti la pressione di replicare un tale successo?
La sola persona che ritengo di dover soddisfare è me stesso.Questo non è mai cambiato. Non mi interessa il successo o i premio (per quanto belli essi siano!). Voglio scrivere i libri che sento di aver bisogno di scrivere - e se qualcun altro oltre a me li apprezza, è un qualcosa in più.
Come ti puoi immaginare, questo a volte fa impazzire il mio agente...
Grazie infinite per la tua gentilezza!
Grazie a te!
The interview
1. I was appalled to discover that you and your family found yourselves very near to the terrorist attacks in Nairobi, London and Sinai. How this impacted you and how much of this experience can be found in "Osama"?
I was backpacking at the time – 1998 – and it was my first exposure to what the rest of the world would discover by 2001. It was really the beginning of the story for me – something that followed me around – to London, to Egypt – the question was always not whether I would write it, but when. I was living in Laos in 2008 when I decided to finally try and put it down – so a decade on from the embassy attacks!
2. Joe, the protagonist of your book, is an "old style" detective, typical of many noir novels and his presence gives the story a "fifties atmosphere" which blends remarkably well with the more contemporary setting. Why did you choose a man like Joe instead of a more action hero? How came into your mind to mix the dark tones of noir stories with a novel about Islamic terrorism?
I suspect Joe is me – and I’m not an action hero. I think to an extent it depends on how you interpret the book, and the world the book takes place in. It’s a fantasy world, a make-believe world, a world Joe – or I – attempt to escape into. I am fascinated not by the idea of escape, but by the impossibility of escape. Noir is something I’m attracted to – someone told me a while back Osama could have equally been a novel about, say, the quest for the holy grail or a fantasy with dragons! – that in a way it doesn’t matter what the make-believe nature of the world is. But there’s a great appeal I think in noir, or in detective fiction in general, since it’s a way of asking questions – of interpreting the world.
3. In Joe's world terrorism doesn't exist if not as something that can be found in cheap pulp novels. Is this what our reality has become? A pulp novel in which acts so gruesome that exceed every possible fantasy work are performed?
I think so. It’s certainly a theme recurring, I’ve noticed, in my recent work. The world is far stranger and more bizarre than anything we could make up!
4.In your book you mix the surreal atmospheres of Joe's story with the matter-of-fact, journalistic style of the extracts from the imaginary novels the protagonist reads. Why did you adopt two writing styles so different? Was it hard to combine them in a unique work?
You have to contrast the “fantasy” with the real. The journalistic style I think lent itself to describing what are terrible atrocities. I was particularly interested in details for those sections. As detailed, as true as I could make them. And dispassionate, in a sense – to let the events, how awful they are, to speak for themselves.
5. Your story is based on a very controversial theme: was it difficult to propose "Osama" to publishers? Do you feel the public has understood the message you were trying to convey?
It was very difficult! In fact it’s one of those classic publishing stories you always hear about – the book that gets rejected over and over and over again… it finally came out from a very small publisher in the UK, at which point I was resigned to it disappearing without a trace. Instead it started getting award nominations and reviews, won the World Fantasy Award and was translated into half a dozen languages. I guess the lesson I take from that is to always write what you believe in, not to take the easy path.
6. Human's perception of the world we live in is one of the main themes of the novel. How much our fears are influenced by media propaganda and how does this influence our life? Can we learn to have an independent and objective vision of our reality?
Media treatment was certainly a part of it – from Bush’s “Axis of Evil” speech, which is reminiscent of something out of a cheap pulp, to the coverage of the Iraq invasion in the papers, which kept referring to “Mr. Bush” on the one hand, and to “Saddam” on the other. I always wondered if we still invaded Iraq if the papers referred to “George” and “Mr. Hussain”. Our perception is filtered, the story of the world is being written for us by people with interests in a certain narrative. Which is fascinating, from a novelist’s perspective!
7. Western politicians and newspapers have transformed Osama Bin Laden in a somewhat mythical figure, a sort of bad hero from a comic book. Do you think that he (and his death) have been exploited for political and economical purposes?
I think he’s a handy straw man, isn’t he? In a way, Osama the man no longer exists, if he ever did. We have Osama the myth Incidentally, and this is not entirely related, by my next book is about Adolf Hitler, and it was fascinating – and disturbing! – to try and get into Hitler’s head, to try and treat him as a person. I spent most of last year in Hitler’s head, which is not a very nice place to be!
8. Many have compared this book to "The man in the high castle" by Philip K. Dick. Were you actually inspired by Dick's work and do you find the comparison fitting?
I was inspired by Dick’s work, yes, though I wouldn’t exactly want to say it was an all-pervasive influence – I was similarly inspired by European crime writers such as Peter Hoeg and Arturo Perez-Reverte, for instance. But certainly Dick – and the Man in the High Castle in particular – helped shape the book.
9. Osama won the World Fantasy Award in 2012. What does it mean to win this award, especially against contenders as George R.R. Martin and Stephen King?
Well, it was completely unexpected. And, you know, from a purely professional point of view, very helpful. It certainly helps. From a personal perspective, it was a validation of sort that this mad book I’ve been working on and that no publisher wanted to touch was nevertheless worth doing. There is satisfaction in that.
10. Up to now you’ve written mainly science fiction and fantasy books. Why do you privilege this kind of narration? Does this reflect also your tastes as a reader?
I don’t know if this is entirely true… what appeals to me is writing work that is a mix of genres, that uses whatever tools I have and want. I am certainly interested in science fiction and fantasy, but equally in, say, detective fiction and poetry, even cookbooks. I think a lot of it is marketing. My next book, for example, The Drummer, is going to be marketed as “literature” rather than “fantasy”. But what does that mean? The book is the same!
11. Osama received great acclaim from audiences and critics alike. Has this success influenced the way you write? Do you feel pressed to repeat such an achievement?
The only person I’ve ever felt I need to please is myself. That hasn’t changed. I am not interested in success or awards (as nice as both are!). I want to write the books I need to write – and if someone else besides me likes them, then that’s a bonus.
As you can imagine, though, this tends to drive my agent mad on occasion…
Thank you very much for your kindness!
Thank you!
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