L'odio e l'orgoglio sono i veri protagonisti di questo romanzo di formazione, pubblicato nel 1928 su una rivista letteraria con lo pseudonimo Pierre Nerey (ottenuto dall'anagramma di Irene: Nerey). L'uso di un nome diverso e molti degli elementi narrativi rivelano il carattere dolorosamente autobiografico dell'opera: impossibile non ritrovare nel ritratto impietoso della donna egoista e infedele la madre dell'autrice, che era solita parlare di lei come della "nemica".
Secondo romanzo di Irene Némirovsky, mai apparso finora in volume singolo e inedito in Italia, "La nemica" si caratterizza come un atto di rivincita, teatro di sentimenti contraddittori, il cui groviglio potrà sciogliersi e trovare la propria catarsi soltanto nella sua drammatica conclusione.
Recensione
Se è vero che per uscire dall'infanzia è necessario compiere, almeno in senso metaforico, un gesto simbolico dell'uccisione del padre, questo è quello che Iréne Nèmirovsky fa compiere alla protagonista del suo secondo romanzo, con la differenza che l'omicidio catartico è perpetrato verso la figura materna, anche se non ne sarà la madre la vittima reale.La breve vicenda ruota intorno al rapporto, negato e cercato, tra una figlia, Gabrielle, e la sua giovane madre, Francine. Questa si trova, da sola e in condizioni disagiate, visto che il marito è via da lungo tempo per affari, a prendersi cura di due bambine, Gabrielle, appunto, la più grande, e Michette, una bambina.
Proveniente dalla profonda provincia francese, Francine si lascia sopraffare dal fascino scintillante della metropoli parigina: la sua prima apparizione, in una fredda domenica innevata, è a passeggio nel Bois de Boulogne con un amico, mentre le due bambine, la piccola affidata alla grande, restano indietro, lasciate a se stesse, prive delle attenzioni più normali che ci si aspetterebbero da una figura materna, senza nulla da mangiare per tutta una giornata.
In seguito, la morte accidentale della piccola Michette in un incidente domestico scava un abisso incolmabile tra madre e figlia, anche quando il padre ritorna a casa, accompagnato da un affascinante cugino con cui cui ha avuto successo negli affari in Polonia, e il tenore di vita della famiglia, che grazie alle nuove ricchezze può adottare lo stile di vita della buona borghesia, migliora fortemente. Nonostante l'affetto per il padre, Gabri è sola e cresce sola, trascurata da una madre sempre più mondana e distaccata dal ruolo materno, tanto da venir sempre chiamata per nome da un narratore onnisciente che privilegia il punto di vista della figlia.
Gabrielle sviluppa la sua personalità definendo se stessa in opposizione a Francine, soprattutto quando ne scopre il rapporto adulterino con il cugino che abita nel loro stesso palazzo. Nell'adolescente, che sublima nell'immagine della sorellina morta la propria condizione di bambina trascurata, monta un senso di rivolta sordo e introverso: formalmente si comporta bene, subisce la rigida educazione imposta dai genitori che vogliono inserirsi nell'alta società anche attraverso la loro figlia, ma in realtà cova un rancore profondo e un desiderio di vendetta nei confronti della madre e dei 'grandi' in generale. Cerca uno sfogo per i suoi conflitti interiori, e non riuscendo a fare leva sul rapporto con il padre per vendicarsi della madre, finisce per cadere tra le braccia di uno spiantato aristocratico russo scampato ai bolscevichi, che per mantenersi danza nelle sale da ballo. La scoperta da parte di Francine di questa relazione clandestina però non porta il rapporto madre-figlia nella direzione che Gabri sembra cercare con determinazione, cioè uno scontro frontale. Anzi i ruoli finiscono per capovolgersi ancora di più perché, cercando di recuperare una forma di intimità, Francine trasforma la figlia in confidente delle proprie pene d'amore, una volta di più invertendo le parti.
Ancora una volta l'egocentrismo materno tenta di fagocitare la figlia usando come arma il bisogno di affetto di Gabri, perché è questo desiderio di essere notata e amata che emerge limpido nel suo odio ancora infantile verso di lei, e raggiunge il suo scopo in un finale straziante e inaspettato, con un crescendo di sensi di colpa e di contraddizioni che intrecciano tra di loro. Se è vero che l'urgenza che contraddistingue il secondo romanzo della scrittrice ucraino-francofona ne è il limite, visto che la critica lo ha giudicato non all'altezza di opere successive come David Golder o Suite francese, è vero anche ne costituisce anche il lato più interessante, che avvince il lettore alla narrazione.
Da un lato l'analisi spietata dell'ipocrisia imperante in certi strati sociali e all'interno dei meccanismi famigliari, in particolare nel rapporto fortemente autobiografico tra madre e figlia, prelude a temi che saranno caratterizzanti in romanzi successivi, in particolare in Jezabel, dall'altro lo stile, per quanto non privo di ingenuità sentimentali, manifesta una notevolissima capacità descrittiva, un tratto abile nel cesellare con poche pennellate situazioni e personaggi, forse senza scendere in profondità come avverrà nei romanzi più tardi, ma perfettamente in grado di mostrare i tormenti dell'animo nella complessità di accenti e sfumature che contraddistingue la scrittura di grande valore.
Giudizio:
+5stelle+Dettagli del libro
- Titolo: La nemica
- Titolo originale: L'ennemie
- Autore: Iréne Nèmrovsky
- Traduttore: M. Capuano
- Editore: Elliot
- Data di Pubblicazione: 2013
- Collana: LIT - Libri In Tasca
- ISBN-13: 9788861923409
- Pagine: 151
- Formato - Prezzo: Brossura - 16,00 Euro
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