Lo statunitense William Faulkner è il vincitore del Premio Nobel per la Letteratura del 1949, con la seguente motivazione: per il suo contributo forte e artisticamente unico al romanzo americano contemporaneo. In realtà Faulkner ricevette il Premio l'anno successivo, un po' per il suo stupore e una sua iniziale riluttanza, un po', soprattutto, perché il comitato non riuscì a trovare accordo sui candidati di quell'anno, tutti giudicati inferiori ai livelli ideali voluti da Alfred Nobel; venne quindi premiato l'anno successivo insieme al vincitore designato per il 1950. Nel suo discorso di accettazione del premio Faulkner si rivolse "ai giovani uomini e alle giovani donne" che vivono in un'età in cui ci si è dimenticati dei "problemi dello spirito", affinché imparassero ad ascoltare di nuovo i problemi del cuore umano. Diede anche una sua definizione del ruolo del poeta, dello scrittore, che non deve essere solo un testimone dell'esistenza umana, ma ha il privilegio e il dovere di sostenere l'essere umano nella sua lotta per la sopravvivenza.
William Falkner (senza la "u", che venne erroneamente aggiunta da un tipografo e dunque adottata dall'autore come pseudonimo) nacque nel 1897 e morì nel 1962. Scrittore e poeta, scrisse tredici romanzi e molteplici racconti; fu anche sceneggiatore e drammaturgo. Le sue opere, cariche di pathos, sono caratterizzate da una forte attenzione alla vita quotidiana americana, motivo per il quale vinse il Nobel del 1949; in particolare, dipinse con tratti talvolta gotici la decadenza delle antiche casate nobili americane del sud e le condizioni di vita misere dei braccianti e degli schiavi afroamericani.
Ebbe un inizio di carriera di poco successo. La necessità di un tornaconto economico lo spinse a scrivere e pubblicare con foga, e tuttavia fu grazie a questo che scrisse i suoi migliori e in seguito più noti e apprezzati romanzi, come Sartoris (1929), L'urlo e il furore (1929) e Mentre morivo (1930), ambientati in una contea dal nome fittizio, ma specchio della contea in cui Faulkner visse gran parte della sua vita. Da L'urlo e il furore è stato tratto un film nel 1959, mentre l'ultimo è stato recentemente portato sul grande schermo da James Franco e presentato al 66° Festival di Cannes. Il successo cominciò ad arrivare solo con Santuario (1931), giudicato scabroso per la trattazione del tema della corruzione e per la descrizione realistica dei suoi luoghi, in uno stile che preannuncia il genere pulp. Il successo fu comunque tale da aprirgli le porte di Hollywood e, con essa, la carriera di sceneggiatore.
Se molti suoi romanzi apparentemente sono limitati al genere della saga familiare, è nel particolarissimo stile di scrittura che si contraddistinse: opponendosi al minimalismo di Hemingway, Faulkner aderì allo sperimentalismo psicologico di Joyce, Woolf e Proust, adoperando il flusso di coscienza libero, presentandosi dunque come il grande autore americano modernista degli anni Trenta. Oltre al Nobel vinse anche due Pulitzer, con i romanzi Una favola (1954) e I saccheggiatori (1962).
Il 1929, passato alla storia come l'anno del crollo di Wall Street che segnò l'inizio della Grande Depressione, è un anno fondamentale anche per la letteratura americana. Escono infatti "Addio alle armi" di Hemingway e "L'urlo e il furore" di Faulkner, una coincidenza che avvicina i libri, diversissimi tra loro, di due amici. Faulkner dà voce barocca a tutte le ossessioni e i fanatismi di quel Sud di cui pativa l'interminabile decadenza, incominciata con la sconfitta nella guerra civile. La mitica contea di Oxford diventa il teatro di un insanabile conflitto tra bianchi e neri, bene e male, passato e presente. Il romanzo è un complesso poema sinfonico in 4 tempi, che scandiscono le sventure di una famiglia del profondo Sud.
Recensione
C'è una parola ben precisa che mi evoca questo romanzo: "sfida". L'urlo e il furore è effettivamente un romanzo-sfida, per il lettore messo a dura prova, e il romanzo di una sfida, quella per la sopravvivenza di una vecchia casata americana in decadenza in un'epoca di conflitti. L'idea della sfida, inoltre, mi pare possa giustificare un titolo che non trova riscontro visivo nella trama, ma che, in realtà, è una citazione shakespeariana. L'urlo e il furore sarebbero, allora, lo scuotimento dell'uomo che si divincola nell'epoca moderna, tra tutti i suoi conflitti, lottando disperatamente per la propria sopravvivenza. E' questa, a ben vedere, la migliore interpretazione che Faulkner dà dell'esistenza umana - la trama di questo romanzo non ne sarebbe che l'argomentazione, la testimonianza delle lotte personali di una famiglia in crisi.
Basterebbe questo a restituire il senso fortemente moderno e innovativo, cinico nella sostanza e sorprendentemente barocco e grottesco nella forma, di un romanzo che, oltre che tra i più difficili, risulta essere uno dei più significativi di Faulkner. La verità è che c'è molto di più, c'è un apparato stilistico così forte da far passare quasi in secondo piano la trama, capace anche di compromettere la stessa esperienza di lettura. Il vocabolario riccamente grottesco dà colore a una narrazione verbosa, talvolta ridontante, che viene affiancata a una finissima ricerca psicologica che si traduce innanzitutto nel flusso di coscienza joyciano, ma non solo. Tutto il romanzo è il dispiegamento di forze di Faulkner alla ricerca del migliore modo possibile per indagare e raccontare la coscienza umana, le sue forme alterate (come nel caso di Benjamin, il figlio demente dei Compson), la sovrapposizione di ricordi, fantasticherie, percezioni e sentimenti. Le quattro parti in cui si suddivide il romanzo, una per un giorno di narrazione, sono altrettanti tentativi stilistici che, se mettono a dura prova il lettore, d'altra parte trasmettono bene la furia e il ruggito dell'uomo moderno.
Le prime tre parti sono accomunate da ricercatezza stilistica, dall'avere protagonisti maschili e dall'uso della narrazione in prima persona. La prima parte è la più audace, un battesimo del fuoco per il lettore che si ritrova a leggere eventi vicini all'epilogo del romanzo, in una inversione temporale delle quattro parti, per di più scardinata da continue incursioni di ricordi e flashback senza precise coordinate spazio-temporali. L'unico modo per distinguere i tre filoni narrativi che si intrecciano nella prima parte pare essere quello di fare attenzione al personaggio che, di volta in volta, assiste il demente Benjamin: i tre figli della vecchia domestica negra, uno per ogni decennio circa. Talvolta fanno comparsa dei periodi evidenziati in corsivo, che Faulkner adopera sempre per indicare un salto temporale. La seconda parte riporta indietro il lettore di qualche decennio, presentando l'inquieto e giovane Quentin, autore di un monologo un po' più lineare e chiaro. Quentin rappresenta forse uno dei personaggi più intriganti: lo scontro con la vecchia filosofia di vita del padre, l'ossessione dal sapore incestuoso verso la sorella sono gli estremi di un conflitto interiore dall'esito letale. La terza parte contrappone lo spietato cinismo di Jason, terzo figlio dei Compson: incarnazione perfetta dell'americano medio del sud, razzista, materialista, sessualmente frustrato e ossessionato dal potere e dal controllo. La quarta parte si discosta dalle prime tre perché presenta essenzialmente un personaggio femminile, visto esternamente, con una narrazione in terza persona, neutra e piuttosto fredda.
E' significativo che Faulkner abbia sperimentato tre profili maschili differenti, per poi mancare l'appuntamento con quello femminile, quasi come se delle donne lui potesse solo parlare dall'esterno, senza riuscire a indagarne l'interno. Non è un caso, forse, che le uniche figure femminili in grado di reagire preferiscano fuggire piuttosto che sottomettersi a un sistema che, come illustrato in brusco finale, malgrado tutto perpetua se stesso. Il tempo è un concetto superato, e Faulkner lo dimostra scardinando la cronologia degli eventi - ciò che rimane è una percezione tutta soggettiva, di un uomo che ripensa se stesso e le sue vicende, un uomo che alla fine non è altro che questo, "la somma delle proprie sfortune".
Giudizio:
+4stelle+Dettagli del libro
- Titolo: L'urlo e il furore
- Titolo originale: The Sound and the Fury
- Autore: William Faulkner
- Traduttore: Vincenzo Mantovani
- Editore: Einaudi
- Data di Pubblicazione: 2005
- Collana: Einaudi Tascabili
- ISBN-13: 9788806179557
- Pagine: 318
- Formato - Prezzo: Brossura - 12,00 Euro
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