Recensione
Questo racconto di Mankell, che aveva stabilito tempo fa di interrompere la fortunata serie di inchieste del commissario Wallander, non è frutto di un ripensamento dello scrittore, ma risale a quando gli editori olandesi, per incentivare la vendita di romanzi gialli, gli avevano commissionato un poliziesco da regalare a coloro che avessero comprato un altro libro dello stesso genere. Cronologicamente si pone quindi prima de L’uomo inquieto, l’ultimo della serie.Il romanzo, come tutti quelli scritti da Mankell, è piacevole. Cosa renda godibile la lettura dei suoi libri, quantunque non siano in genere particolarmente originali, ipotizzo sia dovuto a una serie di fattori.
Prima di tutto la scorrevolezza. In secondo luogo l’autore sa dosare opportunamente gli indizi. Di primo acchito, quello che viene presentato sembra un caso irrisolvibile, ma poi si affaccia qualche timido elemento che dà impulso alle indagini. Quando alla polizia sembra di avere trovato la pista giusta e di essere sul punto di venire a capo del caso, ecco che l’autore scombina le carte facendo ripartire le indagini dal principio e a quel punto fa intervenire l’intuito risolutore di Wallander che, sotto alcuni aspetti, ricorda quello dell’altrettanto famoso commissario Maigret. Possiamo affermare quindi che i romanzi siano avvincenti, ancorché non siano pieni d'azione né particolarmente cruenti. Gli omicidi sono sempre di per sé eventi drammatici, ma l'autore non indulge in descrizioni raccapriccianti e non si sofferma a raccontarne gli aspetti più patetici.
In terzo luogo la personalità del protagonista. Per quanto burbero e irascibile, inizialmente in disaccordo con la moglie e successivamente, dopo il divorzio, con la figlia con cui convive, la sua umanità traspare dalle considerazioni che fa durante le indagini. Wallander però non pontifica mai e la sua vita privata, che occupa solo qualche frazione di pagina, non condiziona le investigazioni.
In ultimo luogo l’utilizzo del metodo induttivo che porta il lettore a seguire passo passo il protagonista nelle sue indagini fino alla risoluzione del caso.
I dialoghi, pur se non possono definirsi brillanti, non sono mai banali e scoprono talvolta una certa vena ironica nell'autore. Mankell riconosce di non essere dotato di particolare umorismo e non si mette ad inserire nel contesto episodi che si prestino ad esserlo, a differenza di altri scrittori il cui sforzo di cercare di scrivere qualcosa di divertente è talvolta patetico.
In questo romanzo Wallander, come in genere accade a tutti i padri, riconosce di essere geloso della figlia e la figlia, a sua volta, rimane disturbata nel vedere il padre guardare ragazze più giovani di lei. Padre e figlia vivono sotto lo stesso tetto e rispettano la privacy l'uno dell'altro, ma tengono fra loro una libertà di linguaggio che a me pare abbastanza rara fra generazioni diverse. Mi chiedo se questo modo di fare avvenga soltanto in Svezia o sia diventata una prassi comune a mia insaputa.
In definitiva, per chi già apprezza Mankell, questa indagine del commissario Wallander non sarà una delusione se non per la sua brevità; si potrebbe infatti definire un racconto lungo più che un romanzo.
Giudizio:
+4stelle+Dettagli del libro
- Titolo: La mano
- Titolo originale: Handen
- Autore: Henning Mankell
- Traduttore: Laura Cangemi
- Editore: Marsilio
- Data di Pubblicazione: ottobre 2013
- Collana: Farfalle
- ISBN-13: 9788831716680
- Pagine: 140
- Formato - Prezzo: Brossura - Euro 12,00
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