Recensione
Con questo romanzo si conclude il ciclo dei "Figli della Terra": aggiungerei 'finalmente', visto che dal primo "Ayla figlia della Terra" sono trascorsi ben 30 anni. Opera mastodontica, sicuramente curata e affascinante, ma ne valeva davvero la pena? Io sono stata relativamente fortunata a scoprire la saga una decina di anni fa, ma penso a chi l'ha conosciuta fin da subito, magari adolescente, e si ritrova a concludere il racconto ormai alle soglie della mezza età. Per non parlare dell'autrice, costretta a restare fedele a un progetto infinito e molto impegnativo: già nel precedente "Focolari di pietra" si notava una certa stanchezza, che in questo è decisamente evidente.
Per fortuna la Auel ama riprendere per cenni episodi salienti dei romanzi passati, altrimenti numerosi passaggi rimarrebbero oscuri. Certo è che tra il rinfrescare la memoria e la ripetizione a disco rotto c'è una bella differenza e l'autrice purtroppo predilige la seconda: l'episodio di Giondalar adolescente che rompe i denti a Ladroman è ripetuto almeno quattro volte, l'accento particolare di Ayla ci viene ricordato ogni volta che apre bocca, la storia di Lupo cucciolo torna quasi ogni volta che l'animale viene menzionato. Anche gli schemi si ripetono, i soliti che non sopportano Ayla, le sue doti straordinarie sempre in evidenza, le persone che la adorano incondizionatamente, per non parlare poi del suo litigio con Giondalar, pressoché identico a quello già visto in "Gli eletti di Mut". Pure le descrizioni tanto accurate di flora e fauna stancano, non trovando grandi novità rispetto ai romanzi precedenti.
Viene giustamente da chiedersi se la Auel venga pagata a numero di pagine: le descrizioni delle caverne dipinte sono numerose e tutte uguali tra loro e il Canto della Madre viene trascritto parola per parola diverse volte (cui seguono sempre le stesse identiche reazioni di Ayla).
Tanta carta e tante parole sprecate, visto che quello che risulterebbe più importante viene trascurato. Ayla è la protagonista incontrastata, ma ricade nel cliché; Giondalar, quell'uomo sensibile, combattuto, passionale e super-affascinante è diventato un fantoccio nemmeno così piacente; Gionayla è semplicemente nominata qua e là, giusto perché non ci dimentichiamo di lei; gli altri personaggi restano sullo sfondo, agendo quando serve come scontati deus ex machina.
Tutto sommato direi che gli ultimi due romanzi della serie, e soprattutto questo ultimo lavoro, sono inutili: si fosse fermata a "Le terre del passaggio" sarebbe stato perfetto, seppure già questo un po' ridondante.
Vogliamo riconoscere qualche merito a "La terra delle caverne dipinte"? Dopo cinque romanzi di amplessi sublimi che hanno meritato alla saga il titolo di "epopea del sesso tra i cavernicoli" (cit. Stephen King, "Mucchio d'ossa"), almeno qui ci viene risparmiata l'intimità dei protagonisti, se non per un paio di volte giusto per non dimenticarci quale abile amante sia Giondalar e che regina delle pellicce sia Ayla.
Mi aspettavo che questo romanzo non fosse all'altezza dei precedenti, ma mai avrei pensato così tanto: una delusione.
Giudizio:
+2stelle+Dettagli del libro
- Titolo: La terra delle caverne dipinte
- Titolo originale: The Land of Painted Caves
- Autore: Jean Auel
- Traduttore: Silvia Gramaglia et al.
- Editore: TEA
- Data di Pubblicazione: 2012
- Collana: Teadue
- ISBN-13: 9788830432123
- Pagine: 772
- Formato - Prezzo: 10.00 Euro
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