Recensione
Quando si parla di scrittori profetici. Al centro del romanzo c'è un colossale scandalo finanziario in cui un paio di uomini d'affari senza scrupoli arraffano risparmi (veri) di ingenui e speranzosi risparmiatori e giocando al rialzo in borsa di azioni di una compagnia ferroviaria (falsa) accaparrando una fortuna (vera) lasciando gli sventati soci con un pugno di mosche in mano.
In altre parole, qualche squalo della finanza gioca in borsa sul nulla e un sacco di gente finisce sul lastrico.
La cosa vi è familiare? Aspettate di conoscere il personaggio chiave del romanzo, Augustus Melmotte, uomo d'affari immensamente ricco, volgare, maleducato, caciarone, di cui nessuno ha veramente idea di dove abbia preso i soldi ma tutti sono abbastanza certi si tratti di mezzi illeciti. I membri della vecchia aristocrazia lo disprezzano apertamente per la sua volgarità ma nel privato ne diventano amici, attirati dalle sue ricchezze. Il popolino lo adora per la sua immagine di successo di uomo "che si è fatto da solo", nonostante la dubbia origine della sua ricchezza. O forse proprio per quella. Per tentare di evitare di esser travolto dagli scandali finanziari, il grand'uomo, che oltre a essere immensamente ricco è anche immensamente arrogante, decide di scendere in politica come salvatore della patria. Ovviamente col partito conservatore. Ovviamente i suoi stessi colleghi di partito si vergognano di lui, ma non esitano a sostenerlo ciecamente finché la fortuna gira dalla sua parte. E altrettanto ovviamente gli avversari politici sono incapaci di arrestare la sua ascesa perché, a parte puntare il dito contro i difetti del grand'uomo, non sanno proporre una sola idea originale per contrastarlo.
No, non vi sto riassumendo l'ultimo libro di Marco Travaglio, ma il romanzo capolavoro dello scrittore vittoriano Anthony Trollope, il quale, povera anima, si scandalizzava per la degenerazione morale dell'Inghilterra del 1870, dove l'unico valore dominante sembrava essere il dio denaro, e la metteva alla berlina in questa corposa opera dal titolo sarcastico e lievemente disgustato.
Non immaginava, il grand'uomo, che il bello doveva ancora venire e che, a parte qualche sottile variazione, le assurdità da lui ridicolizzate più di un secolo orsono ancora l'avrebbero fatta da padrone nell'occidente degli anni 2000.
Oggi forse non avremo più l'aristocrazia (per lo meno in Italia), ma i ricchi figli di papà e i nullafacenti politici incapaci di produrre alcuna forma di reddito ma pronti a contrarre debiti colossali coi soldi altrui direi che non ci mancano proprio.
Se non altro si è persa l'abitudine di vendere la propria figlia al miglior offerente in cambio di un buon vitalizio, come invece capita alle povere Marie Melmotte e Hetta Carbury in quest'opera, dove entrambe imparano ben presto che sentimenti e matrimonio hanno poco a che fare l'uno con l'altro. Alla faccia della sacralità del rito millenario che ci viene continuamente ricordata da qualche benpensante oggigiorno.
Fa veramente piacere osservare come nell'800 vittoriano fosse proprio un uomo ad accorgersi e denunciare nel suo romanzo la ridicola condizione di asservimento del genere femminile, trattato null'altro che come merce di scambio per rimediare agli sconquassi finanziari prodotti dagli uomini di famiglia, i quali, dal canto loro, non sembrano avere alcun obbligo morale se non quello di ricercare il proprio piacere.
In quest'opera Trollope ne ha per tutti: per gli uomini d'affari senza scrupoli, l'aristocrazia parassitaria, i figli di papà buoni a nulla e pieni di pretese, la Chiesa incapace di parlare di fede ma preparatissima a parlar di soldi, il disprezzo della donna e il razzismo verso gli ebrei. Attraverso le intricate vicende dei Carbury, dei Melmotte e dei Longstaffes, l'autore si scaglia con la sua penna sferzante verso una società ipocrita e senza principi morali, molto attenta alle forme e pronta a giudicare il prossimo ma incapace di correggere se stessa.
Unica critica che gli si può rivolgere è che la sua ironia bruciante fa poco per appassionare il lettore alle vicende personali dei protagonisti, per cui si finisce per interessarsi di più al fato dei personaggi "negativi" che alle vicissitudini amorose del triangolo tra Hetta, Paul e Roger.
In vita Trollope ebbe modo di polemizzare con Dickens per il suo eccessivo sentimentalismo, ma forse non avrebbe guastato se avesse imparato ad aggiungere un po' di cuore alle sue opere, donando loro giusto quel pizzico di passione che le avrebbe rese perfette.
Rimane comunque un romanzo affascinante e godibilissimo che, nonostante le sue quasi ottocento pagine in lingua originale (più di mille dell'edizione italiana), scorre come un fiume, capace ancora oggi di risultare originale, divertente e coinvolgente, per cui consiglio sicuramente la lettura di questo romanzo per riscoprire un autore ormai quasi dimenticato in Italia e che invece meriterebbe uno spazio di primo piano nelle nostre librerie.
Giudizio:
+4stelle+Dettagli del libro
- Titolo: La vita oggi
- Titolo originale: The way we live now
- Autore: Anthony Trollope
- Traduttore: Romano Carlo Cerrone
- Editore: Sellerio
- Data di Pubblicazione:2010
- Collana: La Memoria
- ISBN-13: 9788838925139
- Pagine: 1182
- Formato - Prezzo: Tascabile (in due volumi) - Euro 22,10
0 Commenti a “La vita oggi - Anthony Trollope”
Posta un commento