L'incipit in un libro è tutto. In pochi capoversi l'autore cattura l'attenzione del lettore e lo risucchia nel vortice della storia. Oppure con poche banali parole lo perde per sempre...
Quanti libri, magari meritevoli, giacciono abbandonati dopo poche righe sui comodini di ogni lettore? E quanti altri invece sono stati divorati in poche ore perché già dalle prime righe non siamo più riusciti a staccare gli occhi dalle pagine?
Anche questo mese vogliamo condividere con voi gli incipit dei libri che stiamo leggendo, perché alcuni di voi possano trarre ispirazione per le loro future letture e perché altri possano di nuovo perdersi nel ricordo di personaggi e atmosfere che già una volta li avevano rapiti...
***
«In quel giorno era impossibile passeggiare. La mattina avevamo errato per un'ora nel boschetto spogliato di foglie, ma dopo pranzo (quando non vi erano invitati, la signora Reed desinava presto), il vento gelato d'inverno aveva portato seco nubi così scure e una pioggia così penetrante, che non si poteva pensare a nessuna escursione. Ne ero contenta. Non mi sono mai piaciute le lunghe passeggiate, sopra tutto col freddo, ed era cosa penosa per me di tornar di notte con le mani e i piedi gelati, col cuore amareggiato dalle sgridate di Bessie, la bambinaia, e con lo spirito abbattuto dalla coscienza della mia inferiorità fisica di fronte a Eliza, a John e a Georgiana Reed.»
«II serpente maligno s'è mangiato il mio cuore. Pasto frugale, le anime inquiete fanno fatica a calzare la carne.
Il serpente maligno ha ghermito i miei sensi. Le sue pupille mi scrutavano dal vestibolo dei peccati. Per sbaglio le ho fissate. E lui, spalancando le fauci, ha sfiatato le mie colpe.
Ora sento la stanchezza.
Non pensavo fosse così complicato disfarsi di un amore apparente. Le variabili offerte dalla realtà sono più numerose di quanto si possa immaginare.
Dicono che ci sia sempre un'altra opportunità. Qui, oppure altrove, in un posto lontano. Che non è il paradiso, l'inferno nemmeno.
Dicono, dicono. Ma non è mai così.»
«Nei miei anni più giovani e vulnerabili mio padre mi diede un consiglio che non ho mai smesso di considerare.
«Ogni volta che ti sentirai di criticare qualcuno», mi disse, «ricordati che non tutti a questo mondo hanno avuto i tuoi stessi vantaggi».
Non aggiunse altro, ma nel nostro riserbo siamo sempre stati sorprendentemente comunicativi e compresi che voleva sottintendere molto di più. Di conseguenza, sono incline a sospendere ogni giudizio, abitudine che mi ha aperto a un gran numero di persone strane e mi ha inoltre reso vittima di non pochi seccatori consumati. Una mente degenerata è lesta a riconoscere una simile caratteristica e ad attaccarvisi quando si manifesta in una persona normale, e fu così che al college mi ritrovai a torto accusato di essere un intrigante perché ero al corrente delle pene nascoste di uomini sregolati e misteriosi. La gran parte delle confidenze non erano cercate; ho spesso finto d’essere assonnato o assorto in altri pensieri o ho ostentato una frivolezza ostile non appena scorgevo agitarsi all’orizzonte il segno inconfondibile di una rivelazione intima; giacché le rivelazioni intime dei giovani, o perlomeno i termini nei quali i giovani le esprimono, sono di solito contraffatte e alterate da palesi omissioni. La sospensione del giudizio presuppone una speranza infinita. Ancora adesso temo che perderei qualcosa qualora mi dimenticassi che, come mio padre snobisticamente asseriva e io snobisticamente ripeto, il senso della basilare decenza viene distribuito in misura iniqua alla nascita.»
«Tutti nella propria vita hanno pensato almeno una volta al suicidio. Beh, tutti tranne quelli che non ci hanno mai pensato.
Qualche filosofo aveva ipotizzato che la prova della non esistenza di Dio (o di Allah, Buddha o chi di dovere) fosse racchiusa nel fatto che quasi mai politici o imprenditori prendessero in considerazione l’ipotesi di suicidarsi.
Ma in cosa consiste il suicidio? In generale nell’autoterminazione delle proprie funzioni biologiche, anche se molte persone sembra riescano a porre fine alle proprie esistenze rimanendo in vita anche per molti anni, magari guardando soap opera o cimentandosi in attività similari. Molti esimi professori si sono dimostrati scettici relativamente agli effettivi benefici arrecati dal suicidio e ne sconsigliano l’uso da parte dei contribuenti ponendo come base assoluta ed inoppugnabile alle loro tesi il fatto che questi poi non pagherebbero più il ticket.»
«Era il tempo migliore e il tempo peggiore, la stagione della saggezza e la stagione della follia, l'epoca della fede e l'epoca dell'incredulità; il periodo della luce, e il periodo delle tenebre, la primavera della speranza e l'inverno della disperazione.
Avevamo tutto dinanzi a noi, non avevamo nulla dinanzi a noi; eravamo tutti diretti al cielo, eravamo tutti diretti a quell'altra parte - a farla breve, gli anni erano così simili ai nostri, che alcuni che li conoscevano prodondamente sostenevano che, in bene o in male, se ne potesse parlare soltanto al superlativo.»
«Alberi o alberelli?
Poteva sembrare una questione bizantina, bizantinissima addirittura, e invece era una solenne stupidaggine. Era semplicemente assurda quell’ostinazione su arbusti e alberi da frutto, a scapito di robuste acacie o piangenti salici o contorti ulivi, o persino, volendo concedersi raffinatezze più costose e audaci, una dracena, l’albero del drago, almeno una, come tocco di buon gusto, di gusto quasi sublime. E invece no, niente da fare: peri, meli e mandorli nani. Che impuntatura sciocca! Chi avesse soggiornato lì, anche solo per qualche giorno, anche per una sola notte, chi avesse preso la decisione di arrivare fin lì, accettando di sottoporsi a tutti i necessari test e colloqui preliminari, non sempre dei più agevoli, mai si sarebbe sognato di procedere in modo così grossolano, così poco originale. Sarebbe stato un controsenso. E invece no.»
«"Rivederla è stato come farmi esplodere una bomba a mano sul cuore".
Così cominciava la lettera di accompagnamento a questo manoscritto. Mettendo la parola 'FINE' a un mistero durato dieci lunghi anni.
Era notte quando scartai il pacco. E trattandosi della confessione postuma di un famosissimo pluriomicida, i lettori potranno immaginare quanta sia stata la mia angoscia.
Tanto più che, non essendo stata rinvenuta alcuna salma, sembra impossibile archiviare il caso in via definitiva.
Cosa fare, dunque, di questo memoir?
Cestinarlo era naturalmente fuori discussione.
Preso in sé era comunque l'ultimo romanzo dell'autore più amato e più odiato della sua generazione.»
«I Karnowski della Grande Polonia erano noti per il loro carattere testardo e provocatore, ma allo stesso tempo stimati per la vasta erudizione e l'intelligenza penetrante. La genialità era inscritta nelle alte fronti da studioso e negli occhi profondi e inquieti, neri come il carbone. Ostinazione e sfida si leggevano sui nasi forti e sproporzionati che spiccavano beffardi e arroganti nei loro volti scarni: poche confidenze! E' per via di questa testardaggine che nessuno in famiglia era diventato rabbino, anche se non sarebbe stato difficile, e tutti avevano intrapreso la via del commercio. Per lo più trattavano legname, e conducevano zattere di tronchi sulla Vistola, spesso fino a Danzica. Nelle baracche costruite per loro dagli zatterieri sui tronchi galleggianti, si portavano pile di volumi del Talmud e altri testi sacri che studiavano con passione. Sempre a causa del loro carattere, non erano devoti di nessun rabbino hassidico e, accanto alla dottrina talmudica, coltivavano anche l'interesse per argomenti profani come la matematica e la filosofia e leggevano perfino libri in tedesco, stampati in aguzzi caratteri gotici.»
«Cambridgeshire, 12 agosto 1968
Cara tata Madd,
oggi sto pensando a te. Ricordi nove anni fa, quando io e Conor ti abbiamo portata fuori a fare un giro? Luglio 1959, una giornata di luce radiosa e scintillante. Noi siamo andati a fare una nuotata, e tu ci hai aspettato seduta su una panchina di legno sulla Cliff Walk, con il sole in faccia e la luce che si rifletteva danzando sull’acqua di Port-na-happle. Gli scogli erano tutti in ombra, e il mare s’infrangeva sulle rocce, e un jet, simile a un ago infilato di bianco, cuciva il proprio cammino, perfettamente dritto, come ci insegnava la vecchia Miss Greenan, in un cielo terso. E poi, tata Madd, ricordi cosa abbiamo fatto?
Avevi detto che avevi una storia da raccontarmi, e io sapevo di quale storia si trattava. Negli anni ci sono state così tante voci, così tanti sguardi di intesa che sono riuscita a metterne insieme almeno una parte. Prima non mi sentivo pronta per ascoltarla, ma ora sì. Sei l’unica rimasta a potermela raccontare.
Stiamo per arrivare, stiamo per tornare alla casa gialla. Ci vediamo a settembre. Abbi cura di te. Con l’affetto di sempre,
Anna»
0 Commenti a “La vetrina degli incipit - Maggio 2013”
Posta un commento