Recensione
Inserito in alcune delle liste dei libri da leggere assolutamente prima di morire, Il dio delle piccole cose è il romanzo d’esordio della scrittrice e attivista indiana Arundhati Roy, che nel 1997 si è aggiudicato nientemeno che il Booker Prize.
La storia slitta avanti e indietro nel tempo tra il 1969 e il 1993, narrando scorci di vita della coppia di gemelli Estha e Rahel e dei membri della loro famiglia, e permettendo in tal modo di scorgere l’evoluzione del paese indiano nell’arco di un trentennio. Il palcoscenico ove ogni Recita ha luogo è Ayemenam (oggi parte del Kottayam), regione costiera nel sudovest della penisola indiana: è in riva a un fiume limaccioso che sorgono la casa e la fabbrica di conserve di Mammachi e Pappachi, dove Estha e Rahel sono andati a vivere con la madre Ammu in seguito al suo divorzio dal marito alcolizzato e violento. Ospiti di parenti che non mancano di farli sentire un peso indesiderato in ogni momento della giornata, figli di Nessuno - il divorzio, negli anni Sessanta, privava la donna di qualsiasi posizione sociale - alla disperata ricerca di una figura paterna che non può essere lo zio Chacko, i due gemelli riescono almeno a essere soli insieme grazie alla straordinaria simbiosi che li lega. I loro occhi osservano con incanto le Piccole Cose di ogni giorno, quelle Piccole Cose che in fondo influenzano la vita più di quelle Grandi, perché le Grandi, come il comunismo e la differenza tra caste, non le capiscono.
Sono Piccole e Grandi Cose quelle che accadono a Estha e Rahel nell'estate del '69, dal pomeriggio in cui, fuori dalla sala cinematografica in cui Ammu, la prozia Baby Kochamma e Rahel guardano Tutti insieme appassionatamente, Estha viene molestato dall'Uomo delle Aranciate, fino al momento in cui viene Restituito al padre. Sono Piccole e Grandi Cose che vengono raccontate in una storyline ingarbugliata, Piccole e Grandi Cose come tessere di un puzzle smontato che rivela la sua bellezza solo alla fine: l'arrivo dell'ex moglie dello zio Chacko, inglese, insieme alla cuginetta Sophie Mol, e la scoperta della relazione tra Ammu e Velutha, un paravan (Intoccabile) impiegato nella fabbrica dei nonni e loro compagno di giochi, mettono in moto la Storia in un modo che trasforma due bambini innocenti in carnefici involontari.
E' l'Ingiustizia, una parola che i due bambini non conoscono e che non utilizzano mai, il motore del romanzo e la croce che segna quasi tutti i suoi personaggi: c'è Ingiustizia per Estha e Rahel, privati della loro infanzia nella tragica estate del '69 a soli sette anni, e costretti a mentire consapevolmente nella speranza di salvare la madre; c'è Ingiustizia per Ammu, sposatasi in fretta e furia per sfuggire alla violenza domestica del padre e caduta nella violenza domestica del marito, privata di uno status dal divorzio, e costretta a ritornare sotto il tetto natale per sottomettersi alla violenza domestica della madre, della zia e del fratello; c'è Ingiustizia per Velutha, estromesso da qualsiasi strato sociale e capro espiatorio della Storia; c'è Ingiustizia per la piccola Sophie Mol, uccisa in un malaugurato incidente. Di Ingiustizia si macchiano Pappachi, il violento nonno; Mammachi, vittima della violenza del marito e spettatrice noncurante delle violenze sulla figlia; Chacko, sobillato dalla zia Baby Kochamma, zitella inacidita; e le autorità chiamate per far rispettare quel limite inviolabile tra le caste.
Altalenando tra Cause e Conseguenze, tra Piccole e Grandi Cose, tra Menzogne e Verità, la Roy affresca un quadro deprimente dell'India degli anni Sessanta, concedendosi anche escursioni negli anni Novanta solo per mostrare come nulla sia cambiato se non il numero sul calendario (Rahel, tornata a casa dopo aver a sua volta divorziato, si troverà quasi esattamente nella posizione della madre). Incredibile la ricchezza stilistica dell'autrice che, ricordiamolo, ha esordito proprio con questo romanzo, dimostrando non solo di saper padroneggiare alla perfezione una lingua acquisita, ma anche di sapersi districare tra le tecniche narrative più diverse e i punti di vista più disparati, nonché di riuscire a tratteggiare personaggi complessi e profondi. Il tutto non per un vuoto esercizio di stile, ma per testimoniare la discriminazione sociale e sessuale che ancora lacera il suo paese.
Giudizio:
+4stelle+Dettagli del libro
- Titolo: Il dio delle piccole cose
- Titolo originale: The God of Small Things
- Autore: Arundhati Roy
- Traduttore: Gabutti C.
- Editore: Guanda
- Data di Pubblicazione: 2012
- Collana: Narratori della Fenice
- ISBN-13: 9788860888211
- Pagine: 360
- Formato - Prezzo: Brossura - 15.00 Euro
anche a me era piaciuto molto quando l'avevo letto... ricordo che mi aveva fatto pensare come un certo modo - secondo me profondamente ipocrita - di vivere il cattolicesimo delle forme esteriori possa far danni anche nelle latitudini più esotiche e impensate