Dopo più di due mesi dalla prima selezione di titoli, in uscita il 30 maggio altri dodici volumi della nuova (nella grafica e nel nome, ma non nei contenuti e nello spirito) collana LIVE di Newton Compton Editori. Il successo (telefonato o no) dei primi volumi pubblicati a marzo, schizzati in poco tempo in vetta alle classifiche della narrativa italiana ed estera, ha suscitato - anche grazie al vespaio sollevato su Twitter da
@Einaudieditore - una guerra d'opinione rimbalzata da un blog all'altro con due schieramenti contrapposti: chi ha appoggiato l'idea (che non è nulla di nuovo, in realtà: i Live replicano i Centopagine-Millelire che hanno spopolato negli anni Novanta) con entusiasmo, e chi l'ha decisamente condannata proclamando a gran voce l'azzeramento del valore della cultura. Non riesco realmente a giustificare, se non per ragioni d'interesse economico, chi si schiera contro l'abbassamento dei prezzi dei libri, tanto più se tale interesse economico viene mascherato da battaglia in favore delle piccole case editrici o di un presupposto valore monetario della cultura. Ciò che vedo io è un incoraggiamento a leggere, un ingresso nelle case di Shakespeare, Seneca, Dostoevskj e Fitzgerald; la qualità piuttosto bassa delle traduzioni Newton è nota, ma i prezzi più che competitivi (non solo di questa collana) offrono un'alternativa conveniente a lettori senza troppe pretese, o più semplicemente a studenti che necessitano di questi testi per studio e che non possono permettersi edizioni con un prezzo di copertina dai dieci euro in su.
Detto questo, vediamo la rosa di titoli proposta da Newton per il 30 maggio: rispetto alla prima dozzina, che conteneva tre titoli moderni (due romanzi storici di autori italiani e il paranormal romance di un'autrice straniera), la seconda tornata di LIVE conterrà un solo titolo moderno: La lama del rasoio, un breve romanzo giallo di Massimo Lugli, candidato al Premio Strega.
Un ultimo appunto: se Virginia Woolf vedesse la copertina che è toccata al suo saggio femminista Una stanza tutta per sé non ne sarebbe certo lusingata.
«Avevo ventotto anni e sempre fin allora ritenuto il mio naso, se non proprio bello, almeno molto decente».
Ha inizio così l’odissea di Vitangelo Moscarda, quando un commento distratto della moglie lo inchioda a una tremenda verità: gli altri ci vedono in modo diverso da come ci vediamo noi stessi. Tra gli esiti più nuovi della letteratura del Novecento, l’ultimo romanzo di Pirandello è la storia di un “naufragio dell’esistenza”: in seguito al cortocircuito iniziale, il protagonista arriva ad accettare l’incompletezza di sé attraverso la via della rinuncia e della solitudine, fino all’abbandono definitivo di ogni coesione interna, fino alla follia. Come ebbe a dire l’autore stesso, dei suoi romanzi Uno, nessuno e centomila è il «più amaro di tutti, profondamente umoristico, di scomposizione della vita».
«Certe volte mi accade di non poter capire come un altro possa volerle bene, abbia il diritto di volerle bene, mentre io l’amo così esclusivamente, così intensamente e non conosco, non so, e non ho altro che lei».
Il Werther è il più famoso romanzo d’amore della letteratura tedesca, tra i più letti e conosciuti della narrativa europea. Un’opera che non può essere chiusa in un genere o in una definizione: come se fosse animata da una forza misteriosa, spezza i confini della letteratura e diventa testo romantico, religioso, filosofico, sociale, persino politico. E così la storia vera dell’amore del giovane Goethe per Lotte Buff si trasforma nel dramma epistolare che narra di Werther e Carlotta: una passione tragica e assoluta, un capolavoro immortale.
Uno studio in rosso è il romanzo che segna l’esordio di Sherlock Holmes, l’investigatore più amato e imitato di tutti i tempi.
Attraverso il racconto del dottor Watson, suo inseparabile socio e amico, vede la luce l’infallibile detective, con la sua intelligenza fulminea e gli straordinari metodi di indagine. Un uomo capace di scovare una verità dove gli altri vedono una bugia, una soluzione lampante in un mistero che per tutti è tremendamente ingarbugliato. La scienza della deduzione e il rigore di una razionalità inflessibile hanno fatto della creatura di Doyle il paradigma dell’investigatore letterario, un mito che sembra destinato a non tramontare mai: nella recente trasposizione cinematografica, per la regia di Guy Ritchie, Robert Downey Jr. veste i panni del protagonista.
Tre casi che sembrano non avere alcun legame tra loro: un’inchiesta ad alto rischio per Marcello Mastrantonio, disilluso funzionario della Mobile in perenne conflitto con capi e colleghi.
Un’organizzazione criminale che gestisce feroci combattimenti tra cani. Un architetto assassinato nello scenario di un gioco erotico gay. Una giovane donna sieropositiva sgozzata. Un assassino senza nome che uccide le vittime con un rasoio. Quella che inizia come un’indagine di routine sul maltrattamento di un cane si trasformerà in un incubo sanguinoso, una trappola mortale. Tra false piste, scontri all’arma bianca e omicidi, l’escalation di violenza e mistero si concluderà in modo assolutamente imprevisto.
Se esiste un uomo capace di unire la sfrontatezza, l’arguzia, l’intelligenza e l’ironia, e portarle a un livello di perfezione mai raggiunto né prima né dopo, è sicuramente Oscar Wilde.
Animo irrequieto e controcorrente, delizia, stupore e scandalo dell’Inghilterra vittoriana, in poche righe riesce a dare conto delle sue convinzioni più critiche e autentiche sulla vita, le donne, la morale, l’arte e la società. Wilde, strenuo nemico delle convenzioni, combatte con impeto e orgoglio le sicurezze rassicuranti e i comodi preconcetti. La mediocrità è il suo nemico; convinto, per usare le sue parole, che solo ciò che è straordinario può sopravvivere, riversa in queste pagine il suo genio e la sua visione unica della realtà.
Illustre capostipite dei manifesti femminili del Novecento europeo, è anche il primo, brillante intervento della Woolf sul tema “donne e scrittura”.
Una stanza tutta per sé è un trattato ironico, immaginifico, personalissimo e vario, che riesce a unire l’analisi sociale e la satira. Il leitmotiv della stanza, grembo e prigione dell’anima femminile, si allarga fino a comprendere tutti i luoghi della dimora umana: la natura, la cultura, la storia e infine la “realtà” stessa nella sua inquietante ma esaltante molteplicità. L’autrice demolisce la società patriarcale, bussa con forza alle porte del mondo della cultura, fino a quel momento di esclusivo appannaggio maschile, pretende di farvi irruzione, chiede che non ci siano più limiti e divieti per il pensiero delle donne.
«L’opera più bella e più profonda in lingua cinese», «uno dei più importanti testi di tutta l’antichità».
Così è stato definito questo libro, sintesi della saggezza, della profondità di pensiero, della visione del mondo di una cultura millenaria. Un’opera così compenetrata nel mito – è il testo cinese antico più tradotto in Occidente – che è mitica anche la sua origine. Secondo la leggenda, un vecchio saggio intenzionato a lasciare la Cina venne fermato da un doganiere, che pretese il pagamento di un pedaggio. E il vecchio “pagò” scrivendo per lui un volume in due parti, sul significato della vita e sulla virtù. Era proprio il Tao-teh-ching, Il libro del Tao
Il Profeta, capolavoro indiscusso di Kahlil Gibran, fu pubblicato per la prima volta a New York nel 1923 e, come tutte le grandi opere, provocò critiche ed entusiasmi ugualmente accesi.
I suoi versi, che scandagliano l’animo umano con sensibilità poetica e forza visionaria, si interrogano sui rapporti dell’uomo con se stesso, con la natura e con Dio. Blake, Nietzsche, i mistici dell’India, gli asceti del mondo islamico: i riferimenti di Gibran sono molteplici, non c’è nulla che non possa confluire nella sua poetica. Tutti gli aspetti della vita quotidiana – il matrimonio e i figli, la gioia e il dolore, la colpa e il castigo, le leggi e la libertà, la ragione e l’amore – nelle parole immortali di Gibran vivono una nuova vita, sono illuminati da una nuova luce.
La metamorfosi è il racconto più celebre di Kafka, un capolavoro immortale che ha superato i confini della letteratura fino a cambiare per sempre l’immaginario collettivo.
Chi non si è mai svegliato rabbrividendo dall’orrore, in un mondo e in un corpo che non gli sembravano più familiari, ma ostili e sgradevoli? È quello che succede a Gregor Samsa, commesso viaggiatore che senza alcun motivo logico perde la parola, l’identità, la sua stessa natura, fino a diventare una bestia degna di ribrezzo e odio. La scrittura di Kafka – asciutta, fredda, quasi asettica e perciò paradossalmente ancora più forte e spietata – tocca in queste pagine nuove vette, raggiunge picchi inesplorati, scandaglia profondi abissi. Arricchiscono il volume i racconti Contemplazione, La condanna e Il fochista.
Non potrebbero essere più diversi il pacifico dottor Jekyll, stimato medico londinese, e il malvagio Mr. Hyde, creatura mossa dagli istinti.
Eppure sono la stessa persona: quando il dottore prova su se stesso una pozione di sua creazione, scatena la parte oscura che si cela nel suo animo. L’opera più celebre di Robert Louis Stevenson dopo L’isola del tesoro è un pilastro dell’iconografia popolare, uno dei capolavori della letteratura mondiale, un’esplicita metafora dell’eterna lotta tra il bene e il male. L’onesto Jekyll è fragile, incerto, drammaticamente lacerato tra impulsi contrastanti: istinti che solo il crudele e vizioso Hyde può soddisfare, senza freni o esitazioni.
Sotto il bisturi di uno scienziato un cane viene trasformato in uomo. Ma non è la bestia a diventare più nobile, è lo spirito umano ad abbassarsi al livello canino. O forse la verità è un’altra?
Forse, semplicemente, l’uomo è più crudele e insensato di qualsiasi animale? La storia del cane/uomo Pallino nella Russia della rivoluzione è allo stesso tempo un racconto vibrante e una satira spietata: un romanzo che si tiene sempre in magico equilibrio tra la narrativa e il teatro, tra la precisione scientifica e il grottesco, tra la dura realtà quotidiana dei soviet e l’assurdo.
La casa stregata, forse l’opera più celebre del maestro dell’horror, fu ispirata a Lovecraft da una casa realmente esistente, «maledetta o nutrita di cadaveri», a Providence.
Antichi orrori che si risvegliano, aure demoniache, il soprannaturale che opprime la vita quotidiana: sono questi i temi che Lovecraft padroneggia come nessun altro. E sono i temi anche del celebre L’orrore a Red Hook: la precisione con cui riporta alcune formule usate durante rituali esoterici ha convinto molti che lo scrittore fosse un affiliato di una setta occulta. Verità o ennesima leggenda fiorita intorno al mito del genio di Providence? Quello che è certo è che queste due gemme oscure della letteratura dell’incubo risplendono nelle tenebre, sposano la narrativa all’angoscia, sussurrano all’animo umano le sue paure più oscure.
Sto giusto rileggendo ora "Il grande Gatsby" in un'edizione Newton e confermo quello che già si sapeva: le traduzioni sono penose ed orripilanti. Ciò detto ho la libreria piena dei vecchi "classici a 1000 lire" e sono assolutamente favorevole all'operazione :)
Favorevolissimo all'operazione. La divulgazione aiuta la cultura. La conoscenza, la lettura o Rilettura di classici è giusto sia disponibile ad un prezzo popolare.
Traduzioni penose? Non diciamo sciocchezze. Collaborano con la Newton personalità intellettuali e accademiche di tutto rispetto. Dare credito a falsità come questa è da disinformati o incompetenti; contribuire addirittura alla loro diffusione è da idioti.
Bello vedere come esistano persone così ben informate e che non si firmano.
Quasi tutte le traduzioni Newton risalgono all'anteguerra. Facciamo nomi e numeri?