Recensione
Irène Némirovsky è sempre in grado di sorprenderti.
Con un libretto color viola dove, in copertina, spicca la sagoma della Tour Eiffel, l’Editore Elliot ci dona tre deliziose brevi novelle, espressione del genio poliedrico della grande scrittrice ebrea, ucraina di nascita (1903), naturalizzata francese, morta ad Auschwitz nell’estate del 1942, dove perì forse soppressa nella camera a gas, forse sopraffatta dal tifo.In “La sinfonia di Parigi e altri racconti” l’A. si cimenta con una nuova modalità espressiva.
Infatti, all’inizio degli anni Trenta del Novecento, attratta dall’incanto della settima arte, il Cinema, ella lasciò temporaneamente il genere “Romanzo” per cimentarsi con una scrittura, per così dire, “ottica”, adatta a una versione cinematografica. Vennero così alla luce, nel 1931, “La sinfonia di Parigi", "Natale" e "Carnevale di Nizza”, tre racconti ambientati a Parigi, ora tradotti e pubblicati in italiano per la prima volta.
Del resto, come ci viene ricordato nella presentazione, l’incontro di Némirovsky con lo schermo era già avvenuto grazie alla realizzazione del film “David Golder” di Julien Duvivier (1931, prima pellicola sonora del regista francese), tratto dal suo omonimo romanzo, uscito due anni prima.
Anzi il cineasta affermò di non aver avuto bisogno di aggiungere scene o modificare dialoghi, tanto la scrittura si sposava col ritmo e le tecniche cinematografiche.
Nessuna delle tre storie qui presentate diventò un film e i tragici eventi che, anno dopo anno, si susseguirono, non ci hanno consentito di vedere una Irène matura, magari celebrata sceneggiatrice, oltre che romanziera illustre. Ma esse ci regalano una prosa gradevole, di agile e veloce lettura, perché quanto mai coinvolgente.
Una scena sfocia nell’altra, le dissolvenze giungono al momento giusto; uno stile sonoro, onomatopeico. “Prima, un’immagine silenziosa, poi il dolce brontolio di Parigi, simile alla vibrazione di una corda di violino […]il fischio di un treno, alcuni colpi di clacson, resi più dolci, sfumati, dalla distanza. Il ticchettio della pioggia su una lunga strada”.
Tanti piccoli quadri esatti, ben disegnati, mai artificiosi. E’ il mondo dove giunge Mario Cavalhère, il protagonista del primo racconto, “La sinfonia di Parigi”: è un giovanotto di provincia, giunto nella capitale per frequentare i corsi di composizione musicale al Conservatorio. Il suo sogno è scrivere, un giorno, “la sinfonia di Parigi”. Egli dovrà passare attraverso fallimenti, delusioni e dolori (anche affettivi), farà i conti con i compromessi che la vita, prima o poi, impone, potrà contare su pochissimi amici, come un anziano musicista bohémien di cui seguirà tutto solo il funerale, ma, alla fine, grazie al lavoro, alla sofferenza, all’amore, la sinfonia prenderà corpo, concludendosi in “un inno solenne e gioioso”.
La seconda novella ci presenta una famiglia della medio/alta borghesia, padre, madre, due figlie adulte, poco più che ventenni, due figli minori, maschio e femmina, ancora bambini. Tutto ruota attorno alla festività del Natale, inteso non certo come solennità religiosa, ma come insopportabile, bensì irrinunciabile, Rito Collettivo, da celebrarsi in un clima misto di conformismo e falsità. Stupendo il ritratto dei genitori: due persone anziane, che non hanno mai conosciuto giovinezza, astiose l’una verso l’altra e contro il mondo intero: “Lui è calvo, piccolo di statura e brutto. Grugnisce, di cattivo umore: ‘…che stupida usanza andare al veglione natalizio, invece di restarsene tranquillamente a casa propria…’. La signora, imbellettata, civettuola, vecchia, tozza…”. Ti chiedi subito come possano, due creature così attempate, avere un paio di figli ancor piccoli, gli unici, in famiglia, a credere nella magia del Natale; immagino per poco tempo ancora…
Scopri poi che, nonostante l’apparenza scoraggiante, entrambi i coniugi si prendono, per così dire, le loro libertà: inevitabile.
Il fulcro della storia sono le vicende amorose delle due figlie maggiori, Marie Laure e Claudine, sempre impegnate a divertirsi in balli e ricevimenti, pur sotto l’occhiuta sorveglianza di madri e zie, nonché alla ricerca un… buon partito per sistemarsi. “Ragazzo perbene”, così il padre valuta un certo pretendente; e, va da sé, il termine significa esclusivamente ricco di famiglia, secondo la ferrea, intramontabile morale borghese. Poco importa, è chiaro, come queste ricchezze siano state acquisite. Le ragazze riescono, di tanto in tanto, a sfuggire al controllo e, specie una, a cercare guai. Ma sarà proprio il perbenismo ipocrita nel quale hanno sempre vissuto, unito ad una certa astuzia femminile, a salvare il tutto. Con soddisfazione, sia pur moderata, come si conviene, dell’intera famiglia. Dissolvenza.
“L’illusione dell’amore” potrebbe essere il sottotitolo dell’ultimo racconto, “Carnevale di Nizza”, dove l’Autrice ci delizia al massimo con i suoi virtuosismi letterari, in grado di sortire un continuo effetto sorpresa. A cominciare dalla trovata di mandare all’indietro, dal 1932 al 1907, le “lancette” della grande meridiana della chiesa posta in Place de la Trinité di Parigi. Il frastuono della metropoli cede il posto ad un’atmosfera calma e dolce da Belle Époque. Sul tetto praticabile dell’omnibus, il cosiddetto imperiale -predecessore dei tram-, “compare una struttura di cui [...]è impossibile precisare la natura e l’uso. Zampilli di garza, uccelli [...] fiori artificiali: i fiori tremolano al vento sugli steli di ottone, gli uccelli becchettano ciliegie”.
Che strana scena è mai questa? La spiegazione giunge dopo qualche istante di perplessità: “…una volta che l’immagine si rimpicciolisce e arretra, si capisce che si tratta del cappello della giovane donna”.
Per la strada, intanto, passa il “vecchio donnaiolo”, monocolo e ghette chiare, intento a seguire una graziosa modista, mentre due uomini giungono in senso inverso discutendo i fatti politici del giorno. Lo Zar, i Balcani…
I protagonisti sono una coppia ancor giovane: Simone e René Jacquelain. Ordinati, di bell’aspetto senza far girare la testa, tranquilli. L’armonia viene pian piano sconvolta dalla presenza di un cugino di lui, Tony, ventenne -in teoria studente, in pratica perdigiorno-, che si è installato in casa loro. Eccone l’immagine: “…magro e muscoloso, capelli bruni che ricadono in riccioli disordinati sulla fronte, un’aria beffarda e volitiva da bambino viziato. Tiene sotto il braccio una cartella da studente. La scaraventa sul tavolo. ‘Buongiorno, ragazzi miei!’”.
Il dipanarsi della storia non lo racconto per non sciupare al lettore la sorpresa. Il fattore Tempo, che tutto trasforma, il richiamo, cui non si può resistere, della Vita reale, fatta di Prestigio e di Carriera, cancellano la fallace gioia dei Sentimenti, l’abbaglio di un Amore che tuttavia forse non avrebbe mai potuto concretizzarsi.
“La giovinezza è breve, l’amore passa…”. Lo ricorda la canzone del carnevale.
Giudizio:
+5stelle+Dettagli del libro
- Titolo: La sinfonia di Parigi e altri racconti
- Titolo originale: La symphonie de Paris; Noël; Carnaval de Nice
Pagine: 91
sembra molto bello, devo leggerlo!
Della Nemirovosky ho amato molto Suite francese e mi farebbe piacere ritrovare un po' di quelle atmosfere intime e corali al tempo stesso :)
ciao, anche a me suite francese era piaciuto. Penso che leggerò anche questo dato che ne parli bene, mi incuriosisce