L’Italia è entrata in guerra da tre anni e la vita della popolazione peggiora di giorno in giorno. Gli stenti gravano anche sull’esistenza della giovane Elisa, una diciottenne piegata dal terrore del fascismo e dei bombardamenti alleati, dalla fame. Un giorno Elisa conosce Alec, il figlio di una vicina di casa, un uomo misterioso e dallo strano accento; incute in lei un’adorazione che talvolta si tramuta in timore.
In un romanzo che ha il sapore di sole e calce, terra e pane nero, la vita rincorre e sfida gli orrori della dittatura e dei campi di concentramento, spera nelle attività antifasciste e incassa le perdite.
Il coraggio di una ragazza che diventa donna. La tenacia di un amore in bilico sull’abisso. Il ritratto di un’Italia che non c’è più. La coscienza di ciò che siamo stati nel flusso della grande Storia.
Recensione
Volendo usare un'etichetta per questo romanzo, ben conscio dei limiti propri di qualunque operazione volta a definire, e dunque a limitare, non ho timore a definire Tregua nell'ambra un romanzo sentimentale, più che un romanzo storico, come pure cerca di presentarsi, a cominciare da quella citazione di Primo Levi, all'esordio del libro, che ben presto pare assolutamente pretenziosa e poi addirittura fuori luogo.
Malgrado questa presentazione, Tregua nell'ambra potrebbe meritarsi una sua dignità, fosse solo per il ritratto vivido che l'autrice ci restituisce della vita italiana in un paesino pugliese nel bel mezzo della seconda guerra mondiale. Purtroppo, anche queste promesse non vengono mantenute, e quel che poteva sembrare un bel romanzo di formazione femminile in tempi di guerra ben documentato si riduce alla fine a esser un romanzetto sentimentale, pretenzioso e non esente da stereotipi e ingenuità narrative.
L'autrice non riesce, innanzitutto, ad amalgamare il fondo storico con la vicenda personale e sentimentale della protagonista, innamorata tramite il più classico dei colpi di fulmine del misterioso Alec, un giovane inglese piombato a turbare la sua quotidianità molto più della guerra stessa. Si ha dunque la sensazione di due filoni staccati, che s'incontrano attraverso artifici narrativi evidenti e macchinosi, a cominciare da un escamotage dal sapore manzoniano: un uomo di potere del paese, innamorato della protagonista, reagisce al rifiuto di quest'ultima facendo arrestare la famiglia per presunto antifascismo. Quel che ne consegue è la classica vicenda di separazioni, ricongiungimenti e nuove separazioni, che conduce a un finale improvviso e aperto, segnale di un sequel in arrivo.
A rovinare la lettura di quello che altrimenti sarebbe stato un umile ma dignitoso romanzo sentimentale è, oltre alla pretenziosità accennata all'inizio, la mancata capacità di trattare certi temi forti in modo adeguato. Nel suo peregrinare Elisa si trova prigioniera di un campo di lavori forzati: una parentesi cupa, per la quale l'autrice sembra essersi documentata, ma che richiede una competenza e una maturità che non trovano riscontro nel testo; al contrario, il tema delle deportazioni, della repressione del regime, è affrontato in maniera un po' superficiale, abbozzata, o per meglio dire, ingenua.
Come se non bastasse, malgrado il lavoro sulla caratterizzazione della protagonista, i personaggi appaiono piatti, immobili, assolutamente statici: complice anche la scelta di distribuire la vicenda su più romanzi, scegliendo un finale aperto, non vediamo mutare Elisa nel corso della vicenda; Alec, poi, risulta fin troppo costruito e idealizzato. Del tutto abbozzati gli altri personaggi, che del resto sono solo delle figurine di contorno alla coppia che regge tutta la storia.
La cura dell'ambientazione è altrettanto scostante: la documentazione storica c'è, ma non è distribuita in maniera omogenea. La sensazione è di leggere alcuni passaggi descrittivi da manuale scolastico, mentre altri pezzi di storia galleggiano nel nulla; l'autrice dipinge in maniera soddisfacente la vita nel regime fascista, ma poi si perde in ingenuità varie (un esempio: la creazione di campi di concentramento per ebrei e le sperimentazioni condotte dai tedeschi sono state scoperte a guerra conclusa; è poco verosimile che un semplice comandante fascista, in basso nella gerarchia, inchiodato a un campo di lavoro tra le colline pugliesi ne sia stato al corrente), per poi indugiare in tecnicismi militari del tutto superflui.
La scrittura è abbastanza buona, da segnalare una certa proprietà linguistica e un vocabolario ricco. Discorso diverso per l'uso dell'inglese, in cui l'autrice scrive buona parte dei dialoghi tra i soldati inglesi che affollano l'ultima parte del romanzo: un inglese scolastico, povero, non privo di qualche vistoso errore. Una scelta apprezzabile per dare maggiore realismo, ma superflua in un romanzo che di storico ha solo l'ambientazione e soprattutto controproducente se, come in questo caso, allunga ulteriormente la lista dei difetti.
Nondimeno, non mi sento di elaborare un giudizio del tutto negativo: la scrittura c'è, sebbene da affinare; al di là della vicenda, la storia è ben costruita, con un'appropriata gestione delle coordinate spazio-temporali, è organica e fluida. Aggiungo mezzo punto per la volontà di raccontare la storia, la nostra storia: di questi tempi, tra zombie innamorati e vampiri glitterati, non è cosa da poco.
Giudizio:
+2stelle+ (e mezzo)Dettagli del libro
- Titolo: La tregua nell'ambra
- Autore: Ilaria Goffredo
- Editore: Autopubblicato
- Data di Pubblicazione: 2012
- Pagine: 367
- Formato - Prezzo: Ebook - gratuito
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