2 aprile 2013

Confessioni di un barman - Paolo Marini e Mirco Cavalli

E' la storia di Cuper Bennati, un barman, un sognatore, un amante del bello, e come chi è sempre in stretto contatto con la gente, un abile psicologo, soprattutto del mondo femminile.
Le donne - filo conduttore del suo "viaggio" - lo accompagnano attraverso un on the road per il mondo in un saliscendi di emozioni accompagnate da un sottofondo romantico, talvolta surreale, comico e pulp.



Recensione

Il problema di base dell'esperimento di Marini è che pare essere mancato un serio intervento di editing che riuscisse trasformare - ammesso che fosse possibile - del materiale grezzo da diario privato in un prodotto editoriale potabile. La classica zucca in carrozza, insomma.

Se anche l'idea in sé potrebbe essere intrigante e offrire buoni spunti di sviluppo - e lo insegna Tom Cruise in Cocktail -, nel percorso intimo di Cuper Bennati, barman con base fiorentina ma cosmopolita e vagabondo nell'anima oltre che nel cuore, manca una trama vera e propria.

Il racconto segue la via dei ricordi e saltabecca qua e là avanti e indietro, senza avere una scansione cronologica coerente, sull'onda di emozioni e ricordi, e vorrebbe proporsi come testimonianza di un uomo alla perpetua ricerca di sé attraverso le esperienze di vita, lavoro e amore

Per sostenere il peso di una trama priva di eventi decisivi servirebbero almeno uno stile robusto, una voce molto personale e definita e una notevole abilità narrativa, che però in questo caso mancano.

Il punto critico di fondo è che chi legge ha l'impressione che l'autore - o gli autori? - faccia di tutto per meravigliarlo apposta, cercando di raggiungere il risultato con sfoggio di vocaboli aulici, a volte anche a sproposito, ma senza ottenere la minima naturalezza.

Per esempio, di un personaggio di poche parole l'autore dice che la sua quantità oratoria non è molta. Passi la litote, ma la quantificazione oratoria come perifrasi è decisamente troppo! Ancora, le figlie di papà americane - tutto il mondo è paese, chiosa Cuper per non lasciarsi sfuggire anche questo luogo comune - sono convenzionate e non 'sovvenzionate' dai loro genitori e si lasciano andare, a differenza delle pudiche ragazze greche, al sesso... estemporaneo. Di alcune parole - 'estemporaneo' in cima alla lista - sembra che all'autore piaccia tanto il suono da indurlo a infilarle ovunque, come il prezzemolo, senza troppo badare al senso.

La prosa è tutto un fiorire di attributi iperbolici che dovrebbero sottolineare l'unicità delle esperienze, dei viaggi e degli incontri fatti dal barman di mondo, ma l'effetto raggiunto sembra più da depliant di un'agenzia di viaggi che da diario introspettivo. Che senso ha definire New York e una sistemazione a Manhattan 'fantastica!', la vita della metropoli 'scintillante' e chiosare definendola 'the city that never sleeps', in inglese e in traduzione italiana, quando questi riferimenti sono talmente universali da risultare ridondanti?

In effetti la sovrabbondanza nelle sottolineature crea un senso di asfissia nella lettura, le proposizioni si affastellano nell'affanno di mettere in risalto aspetti talora contraddittori di situazioni e personaggi e si prolungano in un susseguirsi di gerundi, fino a far mancare il fiato agli occhi, gli aggettivi si accumulano in un'ansia di connotare tutto che toglie al lettore il gusto di immaginare.
Innumerevoli incisi costellano la prosa ma con l'effetto di dare al racconto un sapore didascalico che sarebbe anche fastidioso, se non fosse così esasperato da risultare a tratti - involontariamente, forse, - quasi comico. Che bisogno c'è di dire che un film di Muccino è 'interpretato magistralmente da Will Smith' o di elencare tutti i piatti e i vini di un pranzo a Roma con lo zio d'America - manca solo il prezzo -, o di inserire considerazioni estemporanee (veramente!) sulla clonazione e la bioetica in un corteggiamento e citazioni letterarie e filosofiche che sembrano più esibite che contestualizzate?

Capitolo a parte ma fondamentale sono poi i personaggi femminili. Tutte rigorosamente belle e solari ma con un animo tormentato o comunque profondo, con risvolti segreti, le donne che si avvicinano al bancone di Cuper Bennati non sfuggono allo sguardo indagatore del barman consumato ed esperto e non potranno fare a meno di rivelare le loro angustie e di trovare conforto nella sua comprensione.

L'impressione è quella di un tratteggio artificioso e standardizzato dei caratteri, quantomeno poco naturale, come se ogni donna corrispondesse a una categoria, da quella caraibica passionale e sentimentale a quella orientale disinibita e lussuriosa ma anche colta e raffinata, all'anglosassone timida ma in realtà molto partecipe e coinvolta, alla greca mediterranea e pudica.

Il destino comune di queste donne è però quello di lasciarsi andare con il protagonista e ricevere, in cambio di spunti per un percorso di crescita interiore, emozioni e attenzioni dipinte con i toni pastello di una cartolina.

L'idea e il tema, in fin dei conti, potrebbero anche avere uno sviluppo interessante. Ma il tutto andrebbe rivoltato come un calzino per assumere una forma e una trama almeno accettabili.

Giudizio:

+1stella+

Dettagli del libro

  • Titolo: Confessioni di un barman
  • Autore: Paolo Marini, Mirco Cavalli
  • Editore: Curiosando Editore
  • Data di Pubblicazione: 2012
  • Collana: Narrativa
  • ISBN-13: 9788890499050
  • Pagine: 134
  • Formato - Prezzo: Brossura - Euro 10,00

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