Recensione
Romanzo generazionale.
A dispetto del titolo, Sporco come l'amore è fondamentalmente un romanzo di crescita e d'identità, più che d'amore, a meno di voler intendere questo amore sporco, torbido, come l'impulso vitale, contraddittorio, lacerante, che muove il protagonista nel confronto/scontro con chi gli sta più caro. A cominciare dal rapporto con la famiglia, entro la quale si ritrova incasellato quasi inconsapevolmente: una chiara, trasparente indifferenza verso i genitori adottivi, contrapposta all'accecante relazione a singhiozzo con la sorella maggiore, tra distanze incolmabili, senso di inferiorità e desideri irrealizzabili.
Sporco come l'amore è la storia di Oscar, ma sarebbe meglio dire la voce di Oscar, fosse solo per restituire la dimensione fortemente intima e introspettiva di questo romanzo. Lambito ancora dagli strascichi del languor adolescenziale, il giovane Oscar confronta le sue mire e le sue ambizioni con l'unico metro che la vita sembra avergli donato: la sorella. Più grande di quattordici anni, distante, scrittrice affermata, in viaggio per l'Italia, comunque sempre troppo lontana da una Sardegna che non si riesce e non si vuole, forse, abbandonare. Mentre Oscar è inchiodato a una vita che forse considera mediocre, inchiodato all'inseguimento eterno di un successo editoriale che fatica ad arrivare, inchiodato a una quotidianità di corsi all'università, musica, parole strappate alla vita, dialoghi surreali con un amico, passione torbida per la sua ragazza, sa sposa, come affettuosamente le si rivolge, e che pure sembra non bastare. Mentre il quotidiano scorre, arriva la crisi, arrivano i tagli, la protesta studentesca, l'Onda, per poi filare via, scorrere impetuosamente; il protagonista si ritroverà a dare un nome alle sue inquietudini, in un finale d'impatto, anche un po' surreale.
Si tratta di un'opera interessante sotto molto profili. Il primo dato che sorprende e richiama l'attenzione è la voracità della narrazione in prima persona, che unisce sapientemente tono intimo, lirismo, parlata gergale e flusso di coscienza. Domina su tutto il ricorso a una scrittura parlata, che si colora di regionalismi sardi: non tanto, credo, per dare dimensione a un'identità sarda che, a ben vedere, è assente, quanto piuttosto per restituire spontaneità al profilo di Oscar, che non può fare a meno di esprimersi in tal modo, ricorrendo ad alcuni regionalismi linguistici, per il semplice fatto di essere abituato a esprimersi così. Tutto ciò si traduce in una scrittura che tendendo al flusso di coscienza incalza il ritmo, annienta la punteggiatura, si accavalla su se stessa, complice anche l'accanirsi ridondante su se stesso dei pensieri e delle turbe di Oscar. Una mossa furba: perché dà colore all'ambientazione, senza però conoscerne gli inevitabili limiti, puntando così a un'immedesimazione più larga possibile. Dietro la vicenda personalissima di Oscar è facile ritrovare il ritratto di una generazione smarrita, che a vent'anni è ancora travolta da un'adolescenza che sembra non aver fine, che priva di punti saldi, di orientamento, si consegna a relazioni impetuose, travolgenti, a sogni di gloria irrealizzabili, oppure, come nel caso dell'amico Michele, a un distacco da tutto, distacco da un mondo che fa schifo in ogni caso, da proteste universitarie inutili comunque vada.
Se questi sono i punti di forza, tanto più apprezzabili considerando si tratti di un'opera giovanile, difetti, ingenuità narrative, manchevolezze e quant'altro non mancano di farsi notare. L'intero intreccio narrativo poteva esser gestito meglio, almeno nel segno di una migliore organicità, per cui le diverse parti del romanzo mal si raccordano tra loro: soprattutto la prima parte, che verte principalmente sul ritorno della sorella e sul sogno di diventare uno scrittore affermato. Proprio questa prima parte denuncia soprattutto una fastidiosissima autoreferenzialità, vizio diffusissimo, ormai, di una nuova generazione di scrittori esordienti che non riesce a raccontare altro che se stessa e la sua frustrazione letteraria-editoriale. Prima di concedersi a uno smarrimento esistenziale, dalle precise coordinate spazio-temporali, la storia di Oliver all'inizio è quella del solito giovane che si considera di talento ma le cui ambizioni vengono frustrate dall'opacità dell'intellighenzia editoriale italiana. Archiviata questa parte, il senso di autoreferenzialità rimane, trasfigurandosi in un narcisismo che emerge nei passi più lirici e introspettivi. Proprio questi passi risultano talvolta ridondanti (in particolar modo i capitoli finali). Niente, però, che una esperta mano editoriale non possa limare e affinare.
Non manca qualche ingenuità narrativa, certo non imperdonabili, a cominciare da come viene gestita la vicenda nascosta che emerge alla fine. Cercando di evitare il più possibile di spoilerare, dirò solo che non mi pare credibile, ad esempio, che una persona in coma possa parlare, anche solo bisbigliare un nome.
Tirando le somme, l'opera passa la prova, e se non convince pienamente, certo colpisce e attrae. Promette bene, soprattutto. I vizi d'origine spariranno con la maturazione, il narcisismo può offrire qualche resistenza, ma può essere debellato. L'originalità della forma e la cura stilistica lasciano intravedere un talento in emersione. Tre stellette, dunque, più una sulla fiducia.
Giudizio:
+4stelle+Dettagli del libro
- Titolo: Sporco come l'amore
- Autore: Stefano Aranginu
- Editore: Il cenacolo di Ares
- Data di Pubblicazione: 2013
- ISBN-13: 9788890801129
- Pagine: 196
- Formato - Prezzo: Brossura - 13,00 Euro
0 Commenti a “Sporco come l'amore - Stefano Aranginu”
Posta un commento