12 marzo 2013

Il lato positivo. L'orlo argenteo delle nuvole - Matthew Quick

Pat Peoples è convinto che la sua vita sia un film prodotto da Dio. La sua missione: diventare fisicamente tonico ed emotivamente stabile. L'inevitabile happy end: il ricongiungimento con la moglie Nikki. Questo ha elaborato Pat durante il periodo nel 'postaccio', la clinica psichiatrica dove ha trascorso un tempo che non ricorda, ma che deve essere stato piuttosto lungo... Infatti, ora che è tornato a casa, molte cose sembrano cambiate: i suoi vecchi amici sono tutti sposati, gli Eagles di Philadelphia hanno un nuovo stadio ma, soprattutto, nessuno gli parla più di Nikki, e anche le foto del loro matrimonio sono scomparse dal salotto. Dov'è finita Nikki? Come poterla contattare, chiedere scusa per le cose terribili che le ha detto l'ultima volta che l'ha vista? E come riempire quel buco nero tra la litigata con lei e il ricovero nel postaccio? E, in particolare, qual è la verità? Quella che ti fa soffrire fino a diventare pazzo, o quella di un adorabile ex depresso affetto da amnesie ma colmo di coraggiosa positività? Pat guarda il suo mondo con sguardo incantato, cogliendone solo il bello, e anche se tutto è confuso, trabocca di squinternato ottimismo, fino all'imprevedibile finale.

Recensione

Per la prima volta in vita mia ho visto il film prima di leggere il libro e vi consiglio di fare altrettanto, non perché il libro sia necessariamente migliore, ma perché i due hanno un taglio piuttosto differente e sviluppano la vicenda enfatizzando aspetti diversi. Prometto che amplierò il discorso nel mio prossimo "Dal libro al film", al momento basti dire che se avessi letto il romanzo di Quick prima di andare al cinema probabilmente me ne sarei uscita pensando: "Ecco, non hanno colto il senso del libro, l'hanno banalizzato" (che è poi quello che succede il 90% delle volte in cui si vede un film tratto da un libro, alla faccia di chi vi dà dell'intellettuale spocchioso). Invertendo le azioni, invece, mi sono sinceramente divertita vedendo la pellicola con Bradley Cooper e poi mi sono goduta senza troppe recriminazioni la prospettiva alternativa offerta dal libro.

Non che il racconto di Quick brilli per la profonda analisi della realtà delle malattie psichiatriche, ma se non altro ci offre un resoconto sincero della vita quotidiana di una persona affetta da un grave disturbo psicologico che tenta di inserirsi nuovamente nella società dei "normali", per i quali è facile etichettare ogni diversità sotto la generica insegna di "pazzo".

Sarà che ho letto i due libri a breve distanza l'uno dall'altro,ma per molti aspetti Il lato positivo mi è sembrato una versione adulta di Noi siamo infinito di Stephen Chbosky. Stessa forma di narrazione in prima persona, stesso protagonista estremamente emotivo e con un modo di esprimersi notevolmente immaturo rispetto all'età anagrafica, medesima presenza di un traumatico evento nel passato volutamente rimosso che viene svelato al lettore solo nelle ultime pagine come evento catartico verso la riconquista dell'equilibrio mentale da parte del protagonista, medesimo tentativo di maturazione attraverso la lettura di alcuni grandi classici della letteratura

Se in Noi siamo infinito era evidente il taglio adolescenziale degli eventi, qui il personaggio principale, Pat Peoples, è inserito in un contesto decisamente più adulto; unico richiamo all'adolescenza rimasto è l'atteggiamento del protagonista che, come un Holden Caulfield troppo cresciuto, si rifiuta di affrontare il mondo dei grandi, dove non tutto ha un lieto fine e non sempre c'è un lato positivo a cui aggrapparsi.
Per sottolineare il livello di immaturità a cui Pat è regredito, e possibilmente anche a causa di un violento colpo in testa (l'autore non è molto specifico a questo riguardo), Quick sceglie di far parlare l'uomo ormai trentacinquenne come un ragazzino, per cui la sua narrazione spesso suona come un temino di un quindicenne che non ha mai terminato le elementari, sia nella forma che nel linguaggio utilizzato (l'istituto psichiatrico in cui Pat ha trascorso anni è sempre identificato come "the bad place", i malviventi che lo derubano "the bad people", etc). Onestamente, per quanto ne capisca le intenzioni, questo mi pare uno degli aspetti meno credibili dell'opera, soprattutto se si considera che, prima del suo crollo nervoso, Pat era insegnante di storia alle superiori.
Seppur in modo grossolano, tuttavia, questo stratagemma aiuta a comprendere il senso di estraniamento di Pat che, pur circondato da amici e familiari animati dalle migliori intenzioni sebbene in qualche modo intimiditi dal suo essere un "crazy pop piller", fatica a esprimere il proprio profondo turbamento in modo adeguato, navigando in un limbo di frustrazione e sensi di colpa. Per questo motivo, le maggiori fonti di conforto si rivelano essere le uscite con una vicina instabile quasi quanto lui e le partite di football degli adoratissimi Eagles; in entrambe le situazioni infatti Pat riesce in qualche modo a dimenticare la propria anormalità e a sentirsi di nuovo parte di un gruppo nel quale l'incapacità di accettare l'abbandono di uno sposo o perfino un attacco di violenza irrazionale non suonano più così folli.

La scelta di legare gli alti e bassi del processo di guarigione di Pat e il suo complesso legame con un padre totalmente incapace di accettare la malattia del figlio all'andamento degli Eagles nel campionato di football è sicuramente uno degli aspetti meglio riusciti del romanzo, e lo dico da donna totalmente ignorante di football e in generale incapace di affrontare una conversazione sullo sport senza cadere addormentata nel giro di cinque minuti. Sempre come donna, inoltre, mi vien da dire che questo è un libro chiaramente scritto da un uomo, non tanto per la massiccia presenza di sport, quanto per la visione stereotipata e leggermente maschilista di tutti i personaggi femminili (la mamma superchioccia, la moglie del migliore amico ipercritica, e naturalmente la giovane vedova che per superare il dolore si offre ad ogni uomo che incontra) e in generale per la risoluzione un po' terra terra (un uomo direbbe "senza troppe paturnie") delle problematiche che affliggono il protagonista; tuttavia il romanzo rimane decisamente godibile e non privo di una simpatica ironia da "black comedy" che aiuta a sdrammatizzare i momenti più emotivi e regala qualche sincera risata.

Infine, come avevo già osservato in Noi siamo infinito, anche qui paga la scelta un po' ruffiana di un personaggio mentalmente svantaggiato che con la sua ingenuità disarmante e il suo caparbio, e alla fine un po' patetico,impuntarsi nel cercare sempre il lato positivo di ogni situazione arriva al cuore del lettore e lo spinge a imparare a considerare prospettive diverse e a immedesimarsi nel prossimo prima di ergersi a giudice delle azioni altrui.

Ultimo importante avvertimento: se ancora non avete letto Il Grande Gatsby, Il giovane Holden, La Campana di Vetro, Addio alle armi, La lettera scarlatta e Huckleberry Finn, fate attenzione perché Pat spoilera il finale di tutti questi romanzi!

Giudizio:

+4stelle+

Dettagli del libro

  • Titolo: Il lato positivo (già pubblicato come "L'orlo argenteo delle nuvole")
  • Titolo originale: The Silver Linings Playbook
  • Autore: Matthew Quick
  • Traduttore: G. Calza
  • Editore: Salani
  • Data di Pubblicazione: 2013
  • ISBN-13: 9788867152933
  • Pagine: 290
  • Formato - Prezzo: Rilegato, sovraccoperta - 16,00 Euro

5 Commenti a “Il lato positivo. L'orlo argenteo delle nuvole - Matthew Quick”

  • 12 marzo 2013 alle ore 10:12
    radiolinablu says:

    Ho appena finito "noi siamo infinito" quindi ho colto i punti in comune di cui parli. Magari ora cerco di procurarmi questo per leggerli anch'io uno i seguito all'altro. Ciao!

  • 12 marzo 2013 alle ore 10:25
    Valetta says:

    Penso che leggendo i libri a breve distanza sia impossibile non notare uno schema comune, cosa curiosa se si pensa che sono stati pubblicati a quasi 10 anni di distanza e che le vicende narrate si sviluppano in contesti estremamente diversi, uno prettamente da "high school", l'altro decisamente più adulto.

  • 12 marzo 2013 alle ore 11:01
    Cannibal Kid says:

    dopo aver amato il film, me lo vado a cercare...

  • 12 marzo 2013 alle ore 11:27

    il film non mi ha fatto impazzire, l'ho trovato carino ma nulla di più. Il romanzo però mi incuriosisce molto e probabilmente lo apprezzerei più della sua trasposizione cinematografica :)
    Dei romanzi di cui spoilera il finale c'è La campana di vetro che voglio leggere da tempo, quindi mi sa che mi conviene procedere partendo da quest'ultimo. Grazie per averlo segnalato ;)

  • 12 marzo 2013 alle ore 11:48
    Valetta says:

    Di nulla! Lo spoiler dei finali dei vari libri era indispensabile ai fini della narrazione (se hai già visto il film saprai il perché), tuttavia ci sono rimasta un po' male comunque, va bene che si tratta di grandi classici ma non per questo tutti li hanno letti, soprattutto in Italia :)

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