Un vagabondo, un viaggiatore senza meta, una scoria della creazione: il pianeta Worlorn era tutte queste cose. Per innumerevoli secoli aveva continuato a cadere, da solo, senza scopo, precipitando tra i freddi e solitari spazi che si aprono fra le stelle. Ma lui non apparteneva a nessuna di quelle stelle. In un certo senso non faceva nemmeno parte della galassia, anche se rotolava attraverso il piano della galassia come un chiodo che attraversa la tonda superficie di un tavolo. Non faceva parte di niente...". Poi Worlorn passa vicino alla Ruota di Fuoco, la supercostellazione che gli darà qualche anno di luce prima che esso piombi di nuovo nella notte senza fine cui sono destinati i mondi senza sole.
E nel momento in cui il pianeta solitario si avvicina, forse per l'ultima volta, al fuoco della vita, gli uomini decidono di trasformarlo per i loro fini riposti.
Recensione di Daniele
Dici G. R. R. Martin e pensi subito a “Le cronache del ghiaccio e del fuoco”. Purtroppo, però, gli intrighi, le battaglie, gli amori e le lotte per il trono di spade hanno bisogno di molto tempo per poter essere gustate, soprattutto dal pubblico italiano. Cosa fare tra un capitolo e l’altro? Guardare la serie tv potrebbe essere una soluzione, ma se sapete già recitare tutte le battute a memoria e la vostra suoneria del cellulare è “Rains of Castamere”, una buona soluzione può essere quella di riscoprire i vecchi lavori di Martin.
“La luce morente” è il primo romanzo dell’autore americano, finalista ai prestigiosi premi “Hugo” e “British Fantasy Award”. La storia è ambientata su Worlorn, pianeta errante che dopo essere passato vicino a un gruppo di stelle si sta inesorabilmente allontanando. La luce è sempre minore e il buio, dopo i bagordi di un festival avvenuto anni prima e che aveva coinvolto gran parte dei popoli abitanti nell’universo conosciuto. Dirk t’Larien vi arriva richiamato da una sua ex ragazza, Gwen o Jenny come la conosceva lui, perché in pericolo. Più volte dovrà combattere per la sopravvivenza in un mondo ostile abitato da uomini dalle tradizioni assurde e obsolete.
Fin dagli esordi, Martin si dimostra un narratore meticoloso. Ne “La luce morente” c’è molto di più della storia narrata. Così, ecco che alla fine del libro il glossario si dimostra utile per capire alcuni aspetti che nella trama rimangono in secondo piano. Questa è una profondità che può disorientare il lettore, ma che allo stesso tempo affascina e incuriosisce, in puro stile Martin. In più, condensate in poco più di trecento pagine, ci sono tante di quelle idee che per svilupparle tutte non sarebbero bastati altre mille pagine e altri dieci autori. Basti pensare che Martin inventa la razza dei Githyanky, mostri che in più di un’avventura di Dungeons and Dragons hanno dato del filo da torcere ai giocatori, e che ne “La luce morente” sono assolutamente ininfluenti ai fini della trama. Oppure all’uso dei nomi di Alto Kalavaan, un pianeta lontano i cui abitanti sono divisi in macro-fazioni e che ha degli ultimi avamposti sul desolato Worlorn, e alla storia che ne sta dietro. Sull’enorme talento nel creare mondi di Martin, insomma, non si può discutere. Ciò che lascia perplessi in questo primo romanzo sono la verbosità delle descrizioni, che poi verrà affinata nelle opere successive, e personaggi ben costruiti ma poco accattivanti. La lettura non è coinvolgente come mi sarei aspettato, ma in fondo ci può stare in un’opera prima letta a posteriori. Il talento si vede tutto, ma in quest’opera prima ha ancora bisogno di essere bilanciato a dovere.
In conclusione, “La luce morente”, vista in un’ottica di riscoperta delle origini dell’autore, va letto. In sé porta un’urgenza narrativa che non viene del tutto liberata, ma i fan non rimarranno delusi. Per chi invece non conosce ancora George R. R. Martin è meglio passare direttamente a “Le cronache del ghiaccio e del fuoco”. Rimane comunque, dal mio punto di vista, una lettura entropicamente affascinante.
Il romanzo sarà ristampato ad aprile dalla Gargoyle editore con il titolo di "In fondo al buio".
Giudizio:
+4stelle+Recensione di Sakura
C'è un pianeta che vaga nei profondi abissi dell'universo: avvicinatosi al sistema solare Ruota di Fuoco, Worlorn è stato identificato, esplorato e parzialmente colonizzato. Ora che la sua orbita lo sta conducendo nuovamente lontano dall'universo conosciuto, quelle città sono disabitate, il Festival del Margine è stato smantellato, e sulla sua superficie vagano poche centinaia di abitanti provenienti da diversi mondi.
Quando Dirk t'Larien, avaloniano, riceve la pietra dell'anima appartenuta a Gwen, decide di trovarla e di raggiungerla su Worlorn, di cui la donna sta studiando l'ecosistema.
Dirk è un inetto sveviano catapultato in un contesto fantascientifico. "Falso uomo", viene più volte definito - con diverso significato - da chi lo disprezza, e non a torto: in nome dell'amore riposto in una donna che non vede da anni, sfida le distanze per atterrare in un pianeta in declino su cui si aggirano uomini appartenenti a una cultura che non comprende e che pretende di giudicare e di sfidare. Gwen, la donna che ama, si è legata a un Kavalar in un vincolo simile al matrimonio, ma con regole tribali che lo rendono incomprensibile e ingiusto agli occhi di Dirk, il quale, dall'alto di una sua sedicente superiorità morale e culturale, si sente in diritto e in dovere di recidere quel legame per liberarla.
Gwen, la classica donna che si proclama cosmopolita e vuole provare l'ebbrezza del far parte di una cultura diversa ma poi vuole sfidarne tutte le convenzioni e cambiarne le regole perché la giudica retrograda e maschilista, dal canto suo non sa proprio se preferire un ritorno nel mondo civilizzato con l'inabile ex compagno o restare con il virile e affezionato nuovo marito di cui però non riesce proprio ad accettare le usanze.
Se il personaggio di Gwen non fosse a sua volta così inetto ci si chiederebbe perché dovrebbe preferire Dirk a Jaan: il primo, uomo moderno, è campione di parole non mantenute, codardia, ristrettezza mentale e insipidità; il secondo, pur essendo legato alla propria cultura tribale, è pronto a sfidarne quasi tutte le regole maschiliste e brutali in nome dell'amore per la propria compagna e di un senso di giustizia estraneo alla civiltà Kavalar. Laddove Jaan rischia la vita per preservare i suoi ospiti, garantire l'onore e il rispetto verso Gwen, proteggere i non-Kavalar residenti su Worlorn - considerati "falsi uomini" - dalle battute di caccia del clan Kavalar Braith, Dirk trama per portar via la donna da sotto il tetto dei suoi ospiti, rifiuta la loro protezione salvo poi mettersi nei guai e chiedere loro aiuto, accetta sfide mortali cui poi non si presenta per vigliaccheria, promette amicizia e complicità per poi fuggire al momento opportuno.
Un perfetto esempio, questo In fondo il buio, di scontro tra culture con rovesciamento di ogni stereotipo possibile: il personaggio che dovrebbe rappresentare la (in)civiltà più retrograda, l'uomo che divide la donna con il compagno d'armi e che lo mette al di sopra del vincolo coniugale, l'appartenente a una comunità barbara che caccia come un animale chi è considerato inferiore, risulta aperto di mente, giusto, generoso, coraggioso, pronto a cambiare quegli aspetti della sua stessa comunità che reputa inaccettabili, molto più moderno in definitiva di Dirk, che dovrebbe rappresentare l'aperta mentalità occidentale.
D'altronde Martin, nella sua più famosa e matura saga Le cronache del ghiaccio e del fuoco, ha confermato la sua capacità di saper mostrare tutte le facce d'ogni medaglia, rivelando i lati umani dei nemici più efferati, la complessa bellezza delle più brutali etnie (i Kavalar, a tal proposito, sembrano essere una prima bozza di ciò che in seguito diventerà la civiltà dothraki) e l'inettitudine nascosta in molti dei personaggi più positivi. Tema molto più interessante e pregnante di una supposta storia d'amore talvolta sbandierata a (s)proposito di questo romanzo, la quale, se ci fosse stata - e non c'è: Gwen non ama più Dirk e Dirk è appigliato al ricordo di una Gwen che non è mai esistita -, sarebbe stata ben banale.
La mano di Martin risulta acerba nella prosa, nella povertà di descrizioni, nel finale incerto che lascia insoddisfatto il lettore, e nella mancanza di carattere e personalità di molti personaggi: Dirk e Gwen, tanto per dirne due, ma anche Ruark, il collega di Gwen su Worlorn. D'altro canto, altri come Jaan Vikary, il rivale di Dirk, e come Garse, suo teyn (termine che designa un compagno d'armi, un amante, un fratello acquisito cui si è legati nel corpo e nell'anima), spiccano originali e ben costruiti, e molti e interessanti sono i dettagli della loro cultura approfonditi da Martin, il quale (si apprezza lo sforzo: l'autore ha rivelato di detestare le lingue e di aver affidato allo staff della serie tv lo sviluppo di quelle da lui inventate per la serie cartacea) ha anche inserito a fine romanzo un glossario dei termini più ardui.
Una buona opera d'esordio, se si considera che è stata anche candidato all'Hugo Award del '78, ma la distanza dalle opere successive è molta.
Nota sull'edizione: si segnalano i tantissimi refusi ed errori del testo che rendono la lettura particolarmente gravosa.
Giudizio:
+3stelle+Dettagli del libro (edizione Fanucci)
- Titolo: La luce morente
- Titolo originale: Dying of the light
- Autore: George R. R. Martin
- Traduttore: Franco Giambalvo
- Editore: Fanucci
- Data di Pubblicazione: 1994
- Collana: Biblioteca di Fantascienza
- ISBN-13: 9788834704288
- Pagine: 290
- Formato - Prezzo: Brossura - Euro 10,33
Dettagli del libro (edizione Gargoyle)
- Titolo: In fondo il buio
- Titolo originale: Dying of the light
- Autore: George R. R. Martin
- Traduttore: Tarallo M.; Tintori A.
- Editore: Gargoyle
- Data di Pubblicazione: 2012
- Collana: Extra
- ISBN-13: 9788889541678
- Pagine: 384
- Formato - Prezzo: Brossura - Euro 16,90
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