Caso editoriale negli Stati Uniti, passato invece un po' in sordina qui da noi dove il tema della segregazione razziale ha un minore impatto emotivo, The Help è uno di quei romanzi che sembrano fatti apposta per diventare un film. Non a caso la sua autrice, l'esordiente Kathryn Stockett, aveva già concesso all'amico di infanzia e regista Tate Taylor i diritti cinematografici della sua opera nel 2008, ovvero l'anno prima che essa venisse pubblicata.
Nonostante i numerosi rifiuti iniziali, una volta ottenuta la pubblicazione il romanzo della Stockett si rivelò quasi immediatamente un best-seller, rimanendo nella classifica dei libri più venduti per 50 settimane consecutive e raggiungendo i 10 milioni di copie complessive, di conseguenza in modo abbastanza prevedibile l'industria hollywoodiana nella forma di Chris Columbus si è buttata a pesce su di esso finanziando il progetto cinematografico le cui riprese sono iniziate già nell'anno successivo, il 2010, con appunto Taylor alla regia.
Il film è arrivato nelle sale americane nell'agosto 2011, bissando in qualche modo il successo del romanzo, mentre da noi è uscito a inizio 2012 ottenendo un riscontro discreto anche se non esaltante, accompagnato da una riedizione del romanzo da parte della Mondadori che per sfruttare il traino del film ha sostituito il titolo della prima edizione, L'aiuto, con quello originale The Help, appunto. Per chi non avesse letto il libro (di cui vi ricordiamo la nostra recensione qui), la pellicola racconta il legame tra una ragazza bianca decisa a diventare scrittrice e di un gruppo di cameriere di colore ("gli aiuti" del titolo) sullo sfondo di Jackson, Mississippi, ai tempi della segregazione razziale.
La giovane Eugenia 'Skeeter' Phelan, appena tornata dal college, rifiuta di adeguarsi al destino delle sue coetanee, tutte già mogli e mamme, e, indignata per il trattamento riservato alla servitù "negra", decide di raccontare la storia di un gruppo di loro, guidate dalle coraggiose Abeleen e Minny, in un'epoca in cui una cosa del genere avrebbe potuto costare la vita a tutte loro.
Si tratta della classica storia corale femminile, genere di cui Hollywood vanta una vasta tradizione che da sempre combina melodramma e momenti di ilarità, giocando sulla complicità fra le protagoniste. In particolar modo il film di Taylor segue piuttosto fedelmente il romanzo da cui è tratto, apportando giusto qualche taglio secondario per venire incontro ai tempi cinematografici con il risultato di alleggerire ulteriormente l'aspetto drammatico della vicenda.
Se già leggendo il libro della Stockett avevamo avuto la sensazione che il contesto della vicenda fosse affrontato con molta superficialità, senza mai indagare a fondo le implicazioni della cultura razzista dominante, questo è ancora più evidente guardando il film, il quale punta soprattutto sui dialoghi attraverso gli instancabili scambi di battute fra le protagoniste, mentre si limita ad accennare alcuni fra gli eventi più drammatici come la morte del figlio di Abeleen, le violenze subite da Minny, l'uccisione di un attivista nero da parte del Ku Klux Klan. Addirittura scene che dovrebbero risultare altamente drammatiche come la fuga terrorizzata di Minny inseguita dal marito della sua padrona che in realtà voleva solo offrirle un passaggio, scena che dovrebbe farci riflettere sul livello di violenza e paura che caratterizzava la vita della gente di colore, si trasforma in una scena comica con la goffa cameriera che ballonzola per i campi seminando pezzi di spesa per strada.
Se si esclude la commovente sequenza finale e un paio di scene toccanti, il tono è quindi più quello della commedia, accentuato dalle scelte scenografiche estremamente curate che privilegiano colori allegri e solari delle gonne a palloncino delle signore e dei loro cappelli colorati. A questo proposito è divertente notare come le grandi case di produzione hollywoodiane fatichino ad accettare l'idea di una protagonista femminile non bella: invece della sciapa Skeeter dagli indomabili capelli crespi ci ritroviamo una graziosissima e boccoluta Emma Stone (The Amazing SpiderMan, Crazy Stupid Love) dagli occhioni perennemente sgranati, la quale per il resto sembra perfettamente in parte rendendo la sua Eugenia insipida ed inutile come era apparsa nel romanzo.
Parte della drammaticità si perde indubbiamente per l'impossibilità di tradurre sullo schermo la struttura narrativa del romanzo, che era per metà raccontato direttamente dalla voce stanca e malinconica della stessa Abeleen. Per questo motivo molto meno spazio viene dato alla pur toccante e intensa relazione tra la donna e la piccola Mae Mobley, bimba trascurata da una madre anaffettiva. L'interpretazione che ne dà Viola Davis (Beautiful Creatures, Il dubbio) è comunque perfetta, un complesso mix di combattività, malinconia e rassegnazione che avrebbe meritato qualcosa in più della sola nomination all'Oscar, che ha invece premiato come non protagonista la Minny di Octavia Spencer (Le regole della truffa), che a mio parere aveva un compito decisamente più facile per due motivi: non solo le era stato assegnato un personaggio estremamente esuberante e fuori dalle righe con cui di solito gli attori si divertono a gigioneggiare, ma Kathryn Stockett ha rivelato di aver scritto il personaggio di Minny proprio modellandolo sulla Spencer di cui è amica di lunga data. In generale comunque tutto il cast merita una menzione particolare e non a caso il suo valore è stato riconosciuto ai SAG awards che hanno assegnato al film il premio Outstanding Performance by a Cast in a Motion Picture; tra di esse segnaliamo in particolar modo l'eclettica Jessica Chastain (Zero Dark Thirty, The tree of life) che, pur avendo mancato l'appuntamento con l'Oscar, ha ottentuto numerosi altri riconoscinemti per la sua interpretazione della fragile Celia, e Bryce Dallas Howard (SpiderMan 3, The Village), perfetta nell'interpretare la meschina Hilly Holbrook.
La pellicola infine vanta un'attenta cura dell'ambientazione; su pressione di Taylor e della Stockett infatti l'intero film è stato girato in Mississippi, prevalentemente nella cittadina di Greenwood, mentre alcune scene sono filmate proprio nell'odierna Jackson, in cui realmente esistono alcuni degli edifici e negozi citati sia nel libro che nel film. Come spesso accade nei film storici, la straordinaria attenzione dedicata alla perfetta resa dell'epoca toglie un po' l'anima al racconto, per quanto nel complesso chi ha amato il libro dovrebbe rimanere abbastanza soddisfatto da questa trasposizione. Per tutti gli altri rimane l'impressione che The Help sia uno di quei film fatti apposta per farci sentire buoni e moderni mentre giustamente ci indignamo per l'inumano trattamento degli afro-americani, per poi uscire dal cinema e riprendere tranquillamente a lagnarci del fastidio causato dalla consistente presenza di immigrati sui mezzi pubblici o sull'inaffidabilità delle badanti rumene sempre pronte a rubarci in casa.
Il film è arrivato nelle sale americane nell'agosto 2011, bissando in qualche modo il successo del romanzo, mentre da noi è uscito a inizio 2012 ottenendo un riscontro discreto anche se non esaltante, accompagnato da una riedizione del romanzo da parte della Mondadori che per sfruttare il traino del film ha sostituito il titolo della prima edizione, L'aiuto, con quello originale The Help, appunto. Per chi non avesse letto il libro (di cui vi ricordiamo la nostra recensione qui), la pellicola racconta il legame tra una ragazza bianca decisa a diventare scrittrice e di un gruppo di cameriere di colore ("gli aiuti" del titolo) sullo sfondo di Jackson, Mississippi, ai tempi della segregazione razziale.
Skeeter, Minny e Abeleen in una scena |
Si tratta della classica storia corale femminile, genere di cui Hollywood vanta una vasta tradizione che da sempre combina melodramma e momenti di ilarità, giocando sulla complicità fra le protagoniste. In particolar modo il film di Taylor segue piuttosto fedelmente il romanzo da cui è tratto, apportando giusto qualche taglio secondario per venire incontro ai tempi cinematografici con il risultato di alleggerire ulteriormente l'aspetto drammatico della vicenda.
Se già leggendo il libro della Stockett avevamo avuto la sensazione che il contesto della vicenda fosse affrontato con molta superficialità, senza mai indagare a fondo le implicazioni della cultura razzista dominante, questo è ancora più evidente guardando il film, il quale punta soprattutto sui dialoghi attraverso gli instancabili scambi di battute fra le protagoniste, mentre si limita ad accennare alcuni fra gli eventi più drammatici come la morte del figlio di Abeleen, le violenze subite da Minny, l'uccisione di un attivista nero da parte del Ku Klux Klan. Addirittura scene che dovrebbero risultare altamente drammatiche come la fuga terrorizzata di Minny inseguita dal marito della sua padrona che in realtà voleva solo offrirle un passaggio, scena che dovrebbe farci riflettere sul livello di violenza e paura che caratterizzava la vita della gente di colore, si trasforma in una scena comica con la goffa cameriera che ballonzola per i campi seminando pezzi di spesa per strada.
Il cast di The Help: Davis, Howard, Stone e Spencer |
Jessica Chastain e Octavia Spencer |
Il trailer italiano del film
Tanto di cappello a chi ha scritto questa recensione! E' sempre un piacere seguirvi!
Grazie :-)