12 gennaio 2013

Cloud Atlas. L'atlante delle nuvole - David Mitchell

I sei protagonisti di "Cloud Atlas - L'atlante delle nuvole" vivono in punti e momenti diversi del mondo e del tempo, eppure fanno parte tutti di un unico schema, una specie di matrioska composta da sei personaggi uniti l'uno all'altro dal filo sottile e inestricabile del caso. Le loro anime si spostano come nuvole, passando dal corpo di un notaio americano di metà Ottocento, giunto su un'isola del Pacifico per assistere ai devastanti effetti del colonialismo, al giovane musicista che s'intrufola nell'esistenza di un celebre compositore belga tra le due guerre mondiali. Da un'intrepida giornalista che indaga sull'omicidio di uno scienziato antinucleare in piena guerra fredda, a un editore inglese in fuga dai creditori nella Londra anni Ottanta, sino a un clone schiavizzato nella Corea del prossimo futuro. Per arrivare infine all'alba del nuovo mondo - all'indomani dell'Apocalisse - e al suo primitivo, stupefatto abitante. I sei personaggi si trasformano vivendo avventure incredibili in un affascinante, inventivo viaggio nella Storia dalle grandi esplorazioni fino ai confini del mondo che verrà - e nell'anima stessa dell'uomo. Un romanzo generoso, un'apoteosi di sapori, colori e atmosfere che emoziona, stordisce e finisce dove tutto era iniziato. Un'epica storia del genere umano nella quale le azioni e le conseguenze delle nostre vite si intrecciano attraverso il passato, il presente e il futuro, mentre le nostre anime mutano cambiando per sempre il nostro destino.

Recensione

Un esercizio di felicità.

Pensate ai vostri sei libri preferiti, sei libri che vi hanno cambiato la vita, i sei libri che più vi sembra parlino di voi e voi soltanto, i sei libri più entusiasmanti, che nemmeno la millesima rilettura potrebbe scalfirne la magia. Prendete questi sei libri e fondeteli in uno solo. Il risultato è questo: Cloud Atlas.

Ho cercato questo libro per quasi due anni. Impossibile da trovare in italiano, in qualunque formato. I pochi fortunati lettori ne parlavano come qualcosa di unico. Poi i Wachowski ci hanno messo lo zampino, promettendo un nuovo kolossal. Alla fine il libro è stato ripubblicato, sulla scia mediatica dell'arrivo del film nella nostra penisola, e a quel punto, dopo due anni di attese, speranze, curiosità, le aspettative erano talmente alte che sapevo ne sarei rimasto deluso. Non è successo: Cloud Atlas ha stupito ogni singola fibra del mio essere.

Si fa presto a dire capolavoro, la verità è che David Mitchell è stato capace di scrivere sei libri in un solo, e in essi ha rinchiuso tutto l'universo. Sei storie, sei protagonisti, sei epoche diverse. Il filo conduttore, si dice, è la reincarnazione. Ma di reincarnazione non si parla mai, nemmeno implicitamente, non vi è traccia di considerazioni religiose: a ben vedere, il filo conduttore è la capacità esclusivamente umana di connettersi gli uni agli altri, di sfidare l'entropia dell'universo e le sue leggi, di attraversare il tempo come le nuvole attraversano il cielo. L'atlante delle nuvole è il crogiolo di questa molteplicità di possibilità ideali: è innanzitutto un componimento musicale, un "sestetto per solisti che si sovrappongono", per cui "nella prima sezione, ogni assolo è interrotto da quello che segue, nella seconda ogni interruzione viene ripresa, in ordine"; più tardi si fa metafora, allegoria, autentica geografia dell'animo umano, motore immobile di una filosofia di vita di un futuro post-apocalittico che ha perso tutto, anche le parole. E' questa, lo dico esplicitamente, perché tale credo sia l'intenzione dell'autore, una religione laica, una filosofia fenomenologica, secondo la quale gli uomini sono capaci di connettersi attraverso lo spazio il tempo perché così è fatto l'universo, perché così è strutturata la natura, perché siamo fatti a immagine e somiglianza della natura e nient'altro. Correlazione quantistica, dunque, più che connessione mistica delle anime.

In questo gioco di connessioni implicite, sognate, sentite con l'animo, David Mitchell racconta sei vite, o per meglio dire, racconti sei frammenti di vita, e nonostante la precisa volontà di non raccontare i temi "alti", finisce ugualmente, senza mai apparire pesante, a farsi enciclopedia della vita umana. Il segreto è, ovviamente, una ben ponderata, artificiosa, certo, ma umanissima, stratificazione di livelli di lettura.

Il primo livello di lettura vede sei storie concatenate, attraverso il riproporsi dei personaggi secondo la già ricordata reincarnazione. Colpisce innanzitutto la simmetria perfetta della sua struttura: ogni racconto viene lasciato a metà, interrotto dall'inizio del successivo, fino all'ultimo, il sesto, che procede nella sua interezza; a quel punto, raggiunto il culmine, inizia la discesa, e i racconti interrotti vengono completati, ma in ordine inverso, fino a condurre a una chiusa circolare di rara bellezza.

Salendo di livello, si viene investiti dalla portata della dimensione umana ed emotiva di queste storie, capaci di connettersi tra loro sulla base di una ricchissima galleria tematica: amore, speranza, vita e morte, senso di colpa e redenzione, debito e generosità. Le azioni del passato si ripercuotono sul futuro, un assassino può così diventare un eroe, e viceversa, un amore separato può ricongiungersi un secolo dopo, una vita piegata, umiliata, trova infine la sua apoteosi. Senza mai apparire pretenzioso, pesante, Mitchell dipinge storie leggere, appassionanti, coinvolgenti: non hanno la solidità pachidermica dei grandi romanzi ottocenteschi, ma riesce ugualmente a parlare dei grandi sentimenti e dei grandi temi dell'umanità.

Ogni racconto, inoltre, è una mini-metafora delle grandi lotte dell'umanità, con protagonisti appartenenti a categorie dominate o messe agli angoli: schiavi, omosessuali, donne, cloni, selvaggi, persino anziani, imprigionati nelle case di riposo.

Andando ancora oltre, ci si accorge che Mitchell trasforma il suo atlante delle nuvole in un atlante della fantasia, o della finzione letteraria, perché le sei storie sono anche sei distinti generi narrativi: un racconto di avventura, in forma di diario; un romanzo epistolare; una spy story sullo sfondo della guerra fredda; un racconto surreale, in perfetto stile contemporaneo; una storia distopica; un racconto di fantascienza post-apocalittica. E l'autore fa centro, perché si fa in sei, scrivendo sei storie differenti per stile e genere, praticamente perfette sotto ogni punto di vista. L'approdo finale di questa finissima operazione è la più imponente, sorprendente e commovente celebrazione e apoteosi della letteratura, della finzione narrativa, della facoltà umana dell'immaginazione. Al di là dei sei generi dei racconti, Mitchell si affida a una miriade di piccole e infinitesimali connessioni, in una sfida continua con il lettore. Così, per esempio, in ogni storia c'è qualcuno che racconta la sua vita a qualcun altro, in forme e modalità differenti (un diario, una lettera, una confessione, un romanzo). A connettere ogni parte, ancora, è un oggetto concreto, ed è sempre un oggetto che ha a che fare con la scrittura, la letteratura: il diario dell'esploratore, interrotto, connette il primo al secondo; le lettere, passate di mano, connettono il secondo al terzo; quindi un libro, poi addirittura un film, e infine, in un contesto post-apocalittico che ha proiettato l'umanità in un passato remoto, la più potente forma di conservazione della memoria - il feticcio religioso. Climax di questo processo è, almeno nella mia esperienza di lettura, l'interruzione del quinto racconto, quello distopico: in una scena ambientata in un cinema, che trasmette il film tratto dalla vicenda del racconto precedente, il presunto salvatore di Sonmi 451 "con sullo sfondo un attore morto da tempo intento a recitare un personaggio scritto un secolo prima" (che a sua volta ha letto il romanzo di una vicenda anteriore, e così via fino a tornare all'inizio) dice: "Non sono esattamente chi ho detto di essere". BOOOOM! La più potente delle esplosioni metanarrative che sia mai stata realizzata in un romanzo.

Ma ci sono ancora migliaia migliaia di altre connessioni, tutte da scovare: così mi sono accorto, ad esempio, dei movimenti spaziali, per cui in ogni storia vi è sempre o quasi una salita fisica di un luogo e la conseguente discesa. Personaggi connessi, che condividono la stessa identità (e Mitchell ne esplicita una sola, gli altri sono tutti da trovare!), si ritrovano a compiere gli stessi gesti, apparentemente privi di significato, negli stessi momenti, pur a distanza di decenni o secoli.

Tutto perfetto, tutto splendidamente incastonato - ma ha una sua utilità? Così si potrebbe obiettare all'inevitabile autoreferenzialità di un romanzo che riposa su una struttura fin troppo ingegneristica. Ma oltre l'autocompiacimento, c'è il senso di quello che è un meta-viaggio esistenziale e il regalo più bello che uno scrittore possa fare all'umanità. Se l'atlante delle nuvole, ormai è chiarito, presuppone un viaggio esistenziale, perché come dice un personaggio se viaggi lontano, incontri te stesso, il regalo è un romanzo che si fa bussola, uno strumento per orientarsi in viaggio. L'atlante e la bussola. E' questo, davvero, un esercizio di felicità.

Giudizio:

+5stelle+

Dettagli del libro

  • Titolo: Cloud Atlas. L'atlante delle nuvole
  • Titolo originale: Cloud Atlas
  • Autore: David Mitchell
  • Traduttore: L. Scarlini, L. Borgotallo
  • Editore: Frassinelli
  • Data di Pubblicazione: 2012
  • Collana: Narrativa
  • ISBN-13: 9788820053482
  • Pagine: 597
  • Formato - Prezzo: Rilegato - 14,90 Euro

7 Commenti a “Cloud Atlas. L'atlante delle nuvole - David Mitchell”

  • 12 gennaio 2013 alle ore 23:42
    Andrea Marri says:

    Condivido al 100 %. Uno dei più bei libri che ho letto ultimamente. Incredibile la triste vicenda editoriale in Italia, io per dire non sono ancora riuscito a trovarlo. L'hanno ristampato con il contagocce. Per fortuna l'ho letto in inglese. Ma sono curiosissimo di vedere come è stato tradotto il linguaggio post-apocalittico.

  • 13 gennaio 2013 alle ore 16:17
    Tancredi says:

    Il linguaggio post-apocalittico è un po' strano, ma non è il solo. Ci sono parole inventate di uso comune, tipo "bellerrimo" e altre diavolerie.
    In verità ho letto qualche critica alla traduzione italiana, ma per quanto mi riguarda non ho nulla da obiettare.

  • 13 gennaio 2013 alle ore 20:05
    Violet says:

    Visto l'entusiasmo provocato del libro il film secondo te è stato all'altezza? A me complessivamente è piaciuto molto ma il libro purtroppo non l'ho ancora letto. Spero di rimediare al più presto.

  • 13 gennaio 2013 alle ore 21:20
    Andrea Marri says:

    Nello spirito il film è all'altezza secondo me. L'impresa era quasi impossibile ma i fratelli W. hanno fatto un ottimo lavoro.

  • 10 febbraio 2013 alle ore 20:36
    Valetta says:

    Ho appena visto il film e devo dire, a costo di attirarmi gli insulti dei fan, che mi è sembrato un'accozzaglia di scopiazzature, sia per lo stile delle storie separate che si intrecciano sia per la realizzazione dei singoli episodi :2001 Odissea nello spazio, The fountain- L'albero della vita, Babel, I tre giorni del condor (la sequenza nel 1973), lo stesso Matrix e Blade Runner (la parte nella nuova Seoul), Lost e L'ultimo dei Mohicani (la sequenza dopo la caduta) etc... Del resto nemmeno Matrix brillava per originalità, nemmeno nei messaggi lancianti che mi sono sembrati un po' prevedibili. Insomma se mescolare vari pezzi di cinema (tutti perfettamente riconoscibili) è genialità allora questo film geniale.
    A questo punto voglio proprio leggere il libro, sperando sia migliore.

  • 10 febbraio 2013 alle ore 20:38
    Valetta says:

    Tra l'altro "bellerrimo", "stupiderrimo" e altre finte derivazioni dal latino io e la mia amica le usiamo da anni quando vogliamo fare le sceme :)

  • 11 febbraio 2013 alle ore 14:34
    Tancredi says:

    In realtà credo che l'intento fosse proprio quello, utilizzare determinati linguaggi cinematografici quasi per rendervi omaggio. Quanto al libro, è abbastanza diverso. Tanto per cominciare non è così caotico nei cambi scena, anzi, ha una sua linearità. Stilisticamente è molto complesso, ma mancando la parte visiva non c'è la sensazione di qualcosa già visto.
    Il linguaggio del mondo post-apocalittico è stato tradotto un po' alla buona, in inglese è molto diverso.

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