Recensione
L'Allieva e l'apicultore, più che un romanzo, è una fanfiction in piena regola.
Immaginate di essere fan sfegatati di Sherlock Holmes. Immaginate che la vostra mania vi abbia portato al punto di desiderare follemente che il vostro eroe fosse una persona reale e di poterlo incontrare veramente. Immaginate di esservi più volte ritrovati, mentre leggevate le sue avventure, a sognarvi parte di esse, figurando voi stesso come indispensabile assistente dell'infallibile detective, non un assistente qualunque bensì qualcuno in grado di rivaleggiare con lui per astuzia e intelligenza, l'unico in grado di far breccia nella cortina di filo spinato che Holmes ha sempre frapposto fra sé e gli altri esseri umani. Immaginate ora di accorgervi di essere una discreta scrittrice in grado di tradurre i vostri sogni ad occhi aperti in un romanzo in piena regola.
Ecco, se siete riusciti ad immaginare tutto questo sapete esattamente come Laurie R. King ha scritto L'allieva e l'apicultore.
L'autrice ha preso l'impareggiabile personaggio di Conan Doyle e l'ha traslato nel tempo di qualche decennio, collocandolo in volontario pensionamento intento ad allevare api nelle campagne inglesi mentre infuria la Prima Guerra Mondiale (ma convenientemente abbassandogli l'età di un paio di decenni per rendere plausibile la relazione con la protagonista). Sistemati i dettagli può finalmente entrare in scena l'alter ego della scrittrice: l'incredibile (in tutti i sensi) Mary Russell, quindicenne orfana, dall'intelletto brillante e la cultura enorme, femminista ante-litteram, coraggiosa e indipendente ai limiti della sfrontatezza, in possesso di una mentalità sorprendentemente aperta perfino per una ragazza così all'avanguardia. Praticamente uno Sherlock in gonnella, non oberato però da quei macroscopici difetti che avevano contribuito a rendere Holmes, se non umano, quantomeno meno perfetto: niente dipendenza da cocaina, nessuna traccia di misoginia né di quella quasi totale impossibilità all'empatia che facevano di Sherlock Holmes una figura unica. La nostra Mary al contrario sa essere sensibile, comprensiva ed amorevole, la sua arguzia fuori dal comune le permette di conquistarsi in meno di un quarto d'ora il rispetto di uno dei più grandi misogini della letteratura, il suo coraggio e la sua sensibilità riusciranno addirittura a far breccia nel cuore di un uomo spesso tacciato di insensibilità.
Ora, ogni donna è liberissima di sognare nell'intimità della propria testa di essere l'essere speciale in grado di riscaldare il cuore ghiacciato di un genio assoluto, ma mettere la cosa su carta e divulgarla al grande pubblico vuol dire secondo me spogliare un grande personaggio di parte del suo fascino. Sherlock Holmes è una delle figure letterarie più difficili da amare proprio perché al fascino della sua intelligenza e del suo sarcasmo si affianca una mancanza di comprensione per le cose umane sconvolgente e a tratti repellente. Ma i veri fan hanno imparato a comprenderlo ed amarlo così com'è. Vederlo in preda a palpitanti emozioni in grado di turbare la sua ferrea logica, per quanto la cosa venga gestita con discrezione e nel modo più possibile coerente con il personaggio, è in qualche modo irritante ed insoddisfacente.
Le leggere variazioni operate sul personaggio di Holmes, tuttavia, non sono nulla rispetto al trattamento riservato al povero Dr Watson, verso il quale la King compie una vera e proprio charachter assassination. Non bastava che il pover'uomo venisse bistrattato dal buon Sherlock in tutti i romanzi di Conan Doyle? Per quanto il detective abbia sempre trattato con una certa dose di ironia l'ingenuo dottore, in più occasioni ha dimostrato di nutrire nei suoi confronti rispetto e perfino affetto. Nel mondo della King invece, John Watson viene di fatto descritto come un povero rimbambito destinato ad essere trattato con condiscendenza perfino dalla quindicenne Mary che impiega solo cinque minuti per battezzarlo "Zio John" e relegarlo al ruolo di innocuo imbecille, suggerendo più volte che Holmes se lo sia trascinato dietro per tanti anni solo perché in mancanza di un compagno migliore (ovvero Mary), tanto da dimenticarsi totalmente di lui quando un bombarolo folle minaccia di far saltare in aria le persone più vicine a Holmes.
Venendo alle avventure che Mary e Holmes attraversano nel corso del romanzo, sono più che altro una scusa per descrivere l'evoluzione del rapporto fra i due, che passa da allieva/maestro a una partnership paritaria (senza che nessuno nella conservatrice società di inizio '900 faccia qualcosa di più che alzare blandamente un sopracciglio). Per scrivere queste sequenze l'autrice ha indubbiamente pescato a piene mani dai romanzi di Conan Doyle, ognuno dei casi affrontati dalla coppia di detective sembra un po' un collage degli aspetti base di una tipica indagine di Sherlock Holmes, e per questo appaiono tutti un po' macchinosi e non sempre in grado di suscitare il dovuto grado di suspence, nonostante la King, raccontando la vicenda dal punto di vista di Mary, ceda a volte a toni un po' melodrammatici, soprattutto nell'episodio finale che occupa l'intera seconda parte del romanzo. In generale si può comunque riconoscere all'autrice uno stile interessante e vivace, con dialoghi giustamente sarcastici e adeguatamente simile alla prosa edoardiana che la vera Mary Russel avrebbe potuto utilizzare.
Più che per gli amanti di Sherlock Holmes, questo romanzo è indicato alle sognatrici il cui ideale amoroso è quello di domare il bisbetico di turno (per citare Shakespeare) e che, incidentalmente, hanno sempre sognato di essere una Mary Sue.
Giudizio:
+3stelle+Dettagli del libro
- Titolo: L'allieva e l'apicultore
- Titolo originale: The Beekeeper's apprentice
- Autore: Laurie R. King
- Traduttore: Ada Arduini
- Editore: Neri Pozza
- Data di Pubblicazione: 2006
- ISBN-13: 9788854501249
- Pagine: 429
- Formato - Prezzo: brossura - Euro 15,30
Non sarai stata troppo buona? :D mi sembra una roba terribile, una dissacrazione, un'eresia.
RispondiEliminaE' pur vero che io ho da ridire su tutti quelli che rimettono mano ai classici (sto avendo problemi persino con 'La vera storia del pirata Long John Silver', anche se per altri motivi).
Me lo sono chiesta anch'io, però ho apprezzato il fatto che fosse ben scritto e comunque la storia mediamente interessante.
RispondiElimina'La vera storia del pirata Long John Silver' l'ho letto anch'io e mi ricordo che era abbastanza piaciuto.