La Recensione di Sakura
«Pensate alla situazione in cui si trovavano prima, pensate ai bar per donne sole, all'indegnità degli appuntamenti a sorpresa. Era il mercato della carne. Non ricordate il terribile divario tra coloro che potevano avere un uomo facilmente e quelle per le quali era impossibile? Alcune di loro, prese dalla disperazione, deperivano per dimagrire, altre si gonfiavano i seni col silicone, altre ancora si facevano tagliare il naso. Quanta infelicità!»
Niente più pornografia, niente più sesso
a pagamento. Niente più spettacoli, niente più amanti e seconde mogli, niente
più mercificazione del corpo femminile. La donna è ricondotta alla sua essenza
più pura: la portatrice del divino miracolo della vita.
Utopia? Niente affatto. E’ la fine dell’amore,
ormai fastidioso orecchione alle pagine della prosecuzione della specie. E’ la
fine della passione e del sesso per piacere, esplicitamente illegale. E’ la
fine della società come noi occidentali l’abbiamo sempre conosciuta, di un
mondo in cui ogni donna può scegliere se essere lesbica o eterosessuale, atea o
credente, sposata o single, sessualmente attiva o meno, madre o no. Ogni donna
è categorizzata nella sua funzione: ci sono Mogli ed Economogli, le compagne
istituzionalizzate e sacre, vestite di azzurro. Ci sono le Marte, vestite di
verde, che non possono procreare ma sono ancora giovani e utili al lavoro, al
contrario delle Nondonne, anziane o rivoltose esiliate nelle Colonie a smaltire
i rifiuti radioattivi dell’ultimo incidente nucleare. Ci sono le Zie, vestite
di marrone, le nuove suore in un mondo in cui le suore sono condannate a morte
per il loro rifiuto di procreare, e che hanno fatto mestiere del loro moralismo:
la rieducazione delle speranze della specie umana. Costoro sono le Ancelle,
vestite di rosso, tra le poche donne in grado di procreare, e reclutate
forzatamente tra seconde mogli, lesbiche, single; donne che non appartenevano a
nessuno, insomma, o meglio, che appartenevano a se stesse.
Le Ancelle, rieducate dalle Zie a essere puro utero, non sono semplici
concubine: il loro ruolo non è dare piacere in un mondo in cui non esiste più il piacere, ma generare un figlio dei
Comandanti le cui Mogli non sono adatte allo scopo. Assegnate a un Comandante
specifico per un tempo massimo di due anni, prive di nome e di diritto,
qualcosa più delle serve e qualcosa meno delle Mogli, sono costrette a
camminare in coppia quando è loro concesso di uscire, a non mostrare nulla del
loro corpo (nemmeno ai Comandanti), a sottostare alle Mogli e a rischiare di
partorire figli deformi a causa delle ondate radioattive.
Difred (nessun nome, solo una proprietà del Comandante) una volta era una donna
normale: frequentava le lezioni universitarie, aveva un’amica lesbica, prendeva
il caffè con la madre attivista, faceva l’amore con Luke di cui era poi
diventata la seconda moglie, aveva una figlia che amava e un lavoro in
biblioteca. Questo finché alle donne non venne proibito di avere un lavoro e
del denaro, di mostrare le gambe, di uscire di casa. Questo finché non fu
prelevata dal nuovo Governo per essere portata in un Centro di Rieducazione e
trasformata in un’Ancella, le prime sfortunate della loro specie, quelle che
conoscevano la libertà e se la sono vista portare via. La storia di Difred non
è la storia di una ribelle che ha preso coscienza della depravazione del
sistema e che ha deciso di sovvertirlo, ma la storia di una vittima passiva che
ricorda vagamente cosa possedeva un tempo e cosa non possiederà mai più, che
cerca di ritagliarsi il massimo di posto nel mondo che le è consentito
generando un erede al Comandante.
Una storia narrata in prima persona a tinte vividissime che quasi elimina lo scarto tra lettore e personaggio, tra realtà e finzione. Margaret Atwood, scrittrice e militante femminista, crea un’opera straordinaria che pur appartenendo al filone fantascientifico/distopico non si discosta poi troppo dalle reali condizioni di vita delle donne mediorientali e anche dal modo in cui i cattolici e i moralisti vorrebbero ridurre la figura femminile paragonando l’aborto a un assassinio e riducendo la donna a moglie e madre.
Un romanzo da leggere e rileggere, un’immersione in una scrittura coinvolgente e impeccabile (vera poesia in prosa), tutt’altro che esclusivamente femminile.
Giudizio:
+5stelle+La Recensione di Valetta
Questo romanzo mi ha trasmesso un'angoscia tale che appena terminato il mio primo pensiero è stato "Per fortuna è solo un libro!".
Poi mi sono ricordata del simpatico abbigliamento che le donne che vivono sotto alcuni regimi teocratici medio-orientali sono costrette ad indossare, ho ripensato alle violenze subite dalla ragazzina pakistana che chiedeva solo di poter andare a scuola e all'impunità con cui lo stupro viene perpetrato in alcune zone dell'India e ho anche dato uno sguardo alla nuova brillante posizione del governo spagnolo (giusto per stare più vicini a noi)in tema di aborto che rischia di riportare le donne a pratiche medievali. E infine mi è tornata alla memoria l'esilarante affermazione di Berlusconi all'epoca del caso Englaro, in cui affermava che la donna dovesse essere mantenuta in vita perché ancora poteva procreare. Un' incubatrice dotata di gambe e braccia (ma incapace di usarle, per fortuna!).
Quindi ok, al momento non c'è stato nessun colpo di stato di matrice
cristiano-fondamentalista negli Stati Uniti e le donne non sono state private di ogni diritto e suddivise in rigide caste in base alla loro capacità o meno di generare figli ma la realtà descritta da Margaret Atwood in questo romanzo è ben lontana dall'essere totalmente immaginaria. Del resto l'autrice ha più volte nel corso degli anni combattutto perché Il racconto dell'ancella non venisse catalogato come science fiction (fantascienza) ma come speculative fiction intesa come racconto di fantasia che però propone una realtà che potrebbe davvero esistere.
Nell'86, anno della pubblicazione del libro, la Atwood pensava soprattutto alla rivoluzione iraniana del '79, allo scoppio della piaga dell'AIDS, al disastro della Union Carbide in Bhopal e in generale al rinnovato slancio dei tradizionali valori cristiani in opposizione agli anni '70 dell'amore libero. I disastri di Chernobyl e Fukushima, l'inquinamento, l'infertilità e le continue discussioni sullo sfruttamento del corpo delle donne nella pubblicità, nello spettacolo e nella politica rendono le conclusioni di questo romanzo ancora più valide e importanti.
La riflessione sulla sessualità è alla base del racconto della Atwood. Nella repubblica di Gilead non sono solo le donne a dover ricorrere al sesso esclusivamente come mezzo di procreazione, il regime impone la stessa restrizione anche agli uomini, ma è solo per le donne che l'associazione in qualunque forma all'attività sessuale è ritenuta degradante. Agli uomini (a patto ovviamente che siano in posizioni di comando) viene riconosciuta una attrazione verso di esso quasi necessaria e quindi sfogabile in case di piacere su cui il regime chiude ipocritamente un occhio. Ma anche l'America pre-colpo di stato che rappresenta per la Atwood una possibile evoluzione degli Stati Uniti nel ventennio tra gli anni '80 e i 2000 non propone una prospettiva allettante. Le donne, nonostante il libero accesso ad ogni livello di istruzione, faticano a trovare la vera uguaglianza con gli uomini in ambito professionale, il femminismo è politicamente scoraggiato e l'estrema libertà sessuale ha in realtà prodotto solo una diversa mercificazione del corpo femminile.
L'interrogativo, che rimane aperto in entrambe le situazioni, verte sulla natura del sesso e l'insanabile differenza con cui uomini e donne si rapportano ad esso. Se gli uomini ricercano un'affermazione del loro istinto di dominazione, realizzato anche tramite il piacere della conquista e il gusto per la trsgressione e l'ignoto (che in entrambe le distopie sono andati persi) per le donne il raggiungimento del piacere rappresenta la celebrazione del pieno possesso sul proprio corpo. Per entrambi l'amore rimane una variabile ingovernabile e ingestibile.
Tutte queste riflessioni emorgono dalla desolante storia di Offred, donna privata non solo dei suoi diritti ma della sua stessa essenza. E' la sua voce malinconica, sommessa e spaventata che narra in prima persona la sua condizione e quella di ogni donna sotto la dittatura gileadiana. Il racconto è stentato, soprattutto all'inizio, la voce di una donna che cerca di rassegnarsi al suo destino negando ciò che è stata e ciò che desidera, terrorizzata di esser scoperta e lacerata dai ricordi di una vita passata fatta d'amore, sensualità e maternità che di punto in bianco le sono stati portati via e negati per sempre. Tramite le sue parole i dettagli del mondo di Gilead e del colpo di stato che ha portato alla sua nascita sono svelati gradualmente, disseminati velatamente nel racconto di Offred come un puzzle per il lettore, che, nonostante l'apparente lentezza della narrazione viene ben presto avviluppato dalla suspence che esso trasmette.
Lo stile adottato dalla Atwood, infine, è semplicemente geniale, una sorta di flusso di coscienza dai toni quasi sempre piatti, intervallati da sussulti agitati che trasmettono perfettamente lo stato d'animo di Offred, la sua commistione di rassegnazione e speranza. Evito di solito di fare affermazioni di questo tipo ma a chi ha accusato l'autrice di non saper scrivere a causa dell'assenza virgolette o la scarsità di punteggiatura è veramente sfuggito qualcosa.
Giudizio:
+5stelle+Dettagli del libro
- Titolo: Il racconto dell'ancella
- Titolo originale: The Handmaid's Tale
- Autore: Margaret Atwood
- Traduttore: Pennati C.
- Editore: Ponte alle Grazie
- Data di Pubblicazione: 2004
- Collana: Romanzi
- ISBN-13: 9788879286992
- Pagine: 329
- Formato - Prezzo: Brossura - 14.50 Euro
Uno dei miei libri preferiti. Sono contenta di leggere questa bella recensione.