L'incipit in un libro è tutto. In pochi capoversi l'autore cattura l'attenzione del lettore e lo risucchia nel vortice della storia. Oppure con poche banali parole lo perde per sempre...
Quanti libri, magari meritevoli, giacciono abbandonati dopo poche righe sui comodini di ogni lettore? E quanti altri invece sono stati divorati in poche ore perché già dalle prime righe non siamo più riusciti a staccare gli occhi dalle pagine?
Anche questo mese vogliamo condividere con voi gli incipit dei libri che stiamo leggendo, perché alcuni di voi possano trarre ispirazione per le loro future letture e perché altri possano di nuovo perdersi nel ricordo di personaggi e atmosfere che già una volta li avevano rapiti...
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«El Chacal
Sono in tre, ballonzolano a passo spedito per le stradine del centro storico.
Testa alta, muso contratto. Oltre a varie bottiglie di birra, tre cicchetti, due cuba libre e qualche sorsata di daiquiri, hanno ingerito una pastiglia di Destiny, un’amfetamina cugina dell’Ecstasy. Sicuri di sé, ogni tanto si picchiettano sulla tasca l’ultimo bottino sottratto ai passeggeri stanchi di un bus notturno.
Il piú grande ha ventidue anni. El Chacal, lo Sciacallo. Canottiera aderente, tatuaggi sacri sulle braccia – una corona spinata, una deposizione, due mani di donna giunte in preghiera e una Santísima Cruz -, braccialetto di rame a un polso, capelli rasati con una cresta centrale di pochi millimetri, El Chacal è cresciuto tra la polvere di Matanzas, la città cubana della rumba, finché sua madre, che l’aveva abbandonato da piccolo, all’improvviso si è ricordata di lui e ha deciso di invitarlo a Bologna, dove, nel frattempo, lei aveva raggiunto il marito italiano conosciuto in un villaggio turistico di Varadero.
El Chacal è il capo indiscusso. Primo, perché le idee partono da lui. Sa pianificare, invidua vittime e refurtiva, mentre con accortezza, mantiene il sangue freddo anche nelle situazioni più rischiose. È stata sua la scelta del nome con cui battezzare la gang.
Los Tormentos»
«C'è una ragione perché sono tornato in questo paese, qui invece e non a Canelli, a Barbaresco o in Alba. Qui non ci sono nato, è quasi certo; dove son nato non lo so; non c'è posto da queste parti una casa né un pezzo di terra né delle ossa ch'io possa dire “Ecco cos'ero prima di nascere”. Non so se vengo dalla collina dalla valle, dai boschi o da una casa di balconi. La ragazza che mi ha lasciato sugli scalini del duomo di Albenga, magari non veniva neanche dalla campagna, magari era la figlia dei padroni di un palazzo, oppure mi ci hanno portato in un cavagno da vendemmia due povere donne da Monticello, da Neive o perché no da Cravanzana. Chi può dire di che carne sono fatto? Ho girato abbastanza il mondo da sapere che tutte le carni sono buone e si equivalgono, ma è per questo che uno si stanca e cerca di mettere radici, di farsi terra e paese, perché la sua carne valga e duri qualcosa di più che un comune giro di stagione.»
«"Da molto tempo sono affascinato da Spinoza, e per anni ho avuto voglia di scrivere di questo coraggioso pensatore del diciassettesimo secolo, così solo su questa terra -senza una famiglia, senza una comunità- e che è stato l'autore di libri che ha davvero cambiato il mondo. Ha anticipato la secolarizzazione, lo Stato democratico liberale e lo sviluppo della scienza naturale, aprendo la strada all'Illuminismo. Il fatto che fosse stato scomunicato dagli Ebrei all'età di ventiquattro anni, e censurato per il resto della vita dai cristiani, mi ha sempre incuriosito, forse a causa delle mie inclinazioni iconoclaste. E lo strano senso di affinità con Spinoza si è rafforzato dal momento dal momento in cui ho saputo che Einstein, uno dei miei primi eroi, era spinoziano. Quando parlava di Dio, Einstein parlava del Dio di Spinoza, interamente equiparabile alla natura, un Dio che include in sé tutta la sostanza, e infine un Dio che 'non gioca a dadi con l'universo'; con questo Spinoza intende dire che qualsiasi evento, senza eccezioni, segue le leggi ordinate della natura".»
«Si osservò le punte dei piedi. Le sue Hogan non sarebbero sopravvissute alla patria dei leoni, poteva tranquillamente aggiungerle alla sua già cospicua nota spese. Quella terra rossa, fine e grassa non aveva intenzione di andarsene. Alzò lo sguardo. Tutt’intorno cresceva la savana, un mare di smeraldo.
“Ma dove diavolo ti sei cacciato?”
Le sei del pomeriggio, a fine febbraio in Sudafrica. I minuti si allungavano nell’attesa e sembrava di respirare acqua, tanto il calore era fastidioso. Il ronzio degli insetti era l’unico suono che turbava il silenzio circostante. Era incerta se rientrare in quell’edificio macilento o se attendere ancora sulla porta che Rino si facesse vedere.
La borsa del computer le stava segando una mano, ma non poteva alleviare quel fastidio perché nell’altra reggeva il cellulare. Ormai era muto da parecchio tempo, il che poteva solo significare che lì fuori non c’era campo.
Anna era una giovane donna, con una figura slanciata e atletica.
Aveva i capelli color delle tenebre e gli occhi grigi, tenuti al riparo dal sole africano da un paio di occhiali scuri.
«Era stato un numero sbagliato a dare inizio a tutto, il telefono che aveva suonato per tre volte a notte fonda, e la voce all'altro capo che aveva chiesto di qualcuno che lui non era. Molto tempo dopo, quando fu capace di pensare a tutto ciò che gli era capitato, ne avrebbe tratto la conclusione che nulla è reale eccetto il caso.
Ma questo avvenne molto più tardi.
All'inizio ci fu solo quel fatto e le sue conseguenze. La questione non è se i fatti avrebbero potuto andare diversamente o se fosse tutto predeterminato dalla prima parola che arrivò dalla bocca dello sconosciuto.
La questione è la storia in se stessa e, se abbia o no un qualche significato, non spetta dirlo alla storia.»
«Paul scelse la Grecia per il suo prevedibile candore: il caldo abbacinante di giorno, il profluvio di stelle la notte, il bagliore delle case imbiancate a calce che gremiscono la costa. L'accecante, sonnolenta, fossilizzata Grecia. Un viaggio organizzato, quella era la scommessa, perché Paul non è tipo da stare in gruppo. Ha il terrore delle serate di beneficenza e dei ricevimenti, tutte occasioni in cui deve rendere conto di se stesso a persone che non rivedrà mai più. Eppure trovarsi in compagnia di estranei ha i suoi vantaggi. Puoi raccontargli tutto quello che vuoi: non necessariamente bugie, ma nemmeno intime verità. Paul non è un granché a inventare storie (sebbene fosse stupidamente convinto del contrario) e l'unica verità che ha offerto a questi casuali compagni - la recente perdita della moglie - ha scatenato condoglianze melodrammatiche a profusione. (Una mano sulla sua, al tavolo della colazione ad Atene, il primissimo giorno: "Ci vuole tempo, tempo e ancora tempo. Bisogna lasciar fare a Monsignor Tempo il suo tedioso, tortuoso lavoro". Marjoorie, maestra tutta sospiri del Devon).»
«Ogni cosa è un colore. Ogni emozione è un colore. Il silenzio è bianco. Il bianco infatti è un colore che non sopporto: non ha confini. Passare una notte in bianco, andare in bianco, alzare bandiera bianca, lasciare il foglio bianco, avere un capello bianco... Anzi, il bianco non è neanche un colore. Non è niente, come il silenzio. Un niente senza parole e senza musica. In silenzio: in bianco. Non so rimanere in silenzio o da solo, che è lo stesso. Mi viene un dolore poco sopra la pancia o dentro la pancia, non l'ho mai capito, da costringermi a inforcare il mio bat-cinquantino, ormai a pezzi e senza freni (quando mi deciderò a farlo riparare??), e girare a caso fissando negli occhi le ragazze che incontro per sapere che non sono solo. Se qualcuna mi guarda io esisto.
Ma perché sono così? Perdo il controllo. Non so stare solo. Ho bisogno di... manco io so di cosa. Che rabbia! Ho un iPod in compenso. Eh sì, perché quando esci e sai che ti aspetta una giornata al sapore di asfalto polveroso a scuola e poi un tunnel di noia tra compiti, genitori e cane e poi di nuovo, fino a che morte non vi separi, solo la colonna sonora giusta può salvarti. Ti sbatti due auricolari nelle orecchie ed entri in un'altra dimensione. Entri nell'emozione del colore giusto.»
«Il giorno seguente non morì nessuno. Il fatto, poiché assolutamente contrario alle norme della vita, causò negli spiriti un enorme turbamento, cosa del tutto giustificata, ci basterà ricordare che non si riscontrava notizia nei quaranta volumi della storia universale, sia pur che si trattasse di un solo caso per campione, che fosse mai occorso un fenomeno simile, che trascorresse un giorno intero, con tutte le sue prodighe ventiquattr'ore, fra diurne e notturne, mattutine e vespertine, senza che fosse intervenuto un decesso per malattia, una caduta mortale, un suicidio condotto a buon fine, niente di niente, zero spaccato.»
«Does life other than human life, around one, in any way diminish the sense of solitude?
[Edmund Selous, "The Bird Watcher in the Shetlands"]
Il numero di malattie veicolate dai colombi è sorprendentemente alto, circa una sessantina: Histoplasmosis, Candidiasis, Criptococcosis, Encefalite di St. Luis, Salmonellosi, Psittacosi, Toxoplasmosi, malattia di Lyme, Botulismo, Pseudopeste aviare, [...]
[http://www.disinfestazioni.org/index_file/Page1419.htm]
- Per esempio: non è vero che i piccioni sono monogami. Una copulazione su venti è extraconiugale.
- ...
- Il problema è che i miei piccioni spariscono prima ancora di arrivarci alla ventesima copulazione.
- ...
- Forse se li mangiano le donnole.
- ...
- Marta? Sei ancora lì?
- Sì. C’è nient’altro che vuoi dirmi?
- Non mi sembra. Non succede niente, qui. Non vedo nessuno, a parte Bruce e Ginger. Ma Bruce a malapena parla e Ginger è solo che scoreggia. Morirà di flatulenza, quella cagna. Bruce dice che adesso sta provando a curarla con l’omeopatia, ma secondo me...
- C’è proprio niente che vuoi dire A ME? Per esempio: che ti manco?
- Certo che mi manchi.
Per esempio: non era vero che Marta mi mancava.»
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