15 novembre 2012

Intervista a Veronica Elisa Conti, autrice di "Le nebbie di Vraibourg"

L'autrice

Nata a Città di Castello, Veronica ha conseguito la maturità classica al liceo Plinio il Giovane e ha poi frequentato il corso di pittura dell’Accademia delle Belle Arti Pietro Vannucci e le lezioni della Facoltà di lettere dell’Università di Perugia. Dipinge, ama i viaggi, il cinema e la musica. Ha lavorato come commessa e ha dato ripetizioni di latino e greco.



Il romanzo

Le nebbie di Vraibourg narra la storia del diciottenne Etienne Dorin che, dopo essere cresciuto in un collegio, viene convocato dal nobile Tancrède Des Essarts per istruire il figlio. Arrivato al castello della Guyenne, il giovane viene presto invischiato nelle nebbie del mistero che avvolgono il piccolo paese normanno di Vraibourg. A rendere più insidiosa la ricerca della verità è Dorian, il figlio di monsieur Des Essarts, che fugge via da ogni lezione per nascondersi, “animale immemore”, tra le ombre del bosco che circonda il castello, in un buio che protegge e consola dalla consapevolezza di essere un ragazzo, dicono in paese, toccato da Dio. In un inquietante scenario, intessuto di falsità e inganni, si muovono i personaggi delle Nebbie di Vraibourg, avvinti da una caleidoscopica catena di eventi e intrecci imprevedibili. Un romanzo sull’ambiguità che si macchia del sangue della vendetta; una celebrazione gotica del rancore quando si arma di fine e diabolica astuzia.



L'intervista


1. Buongiorno Veronica, grazie del tempo che ci dedichi.
"Le nebbie di Vraibourg" è il tuo primo romanzo, vincitore del premio Luigi Malerba 2011. Questa è stata la tua prima occasione di confronto con il mondo dei concorsi e dell'editoria?

Si, questa è stata la mia prima occasione di confronto con il mondo dei concorsi e dell’editoria. Dopo aver concluso il manoscritto mi sono informata sui vari concorsi letterari a cui potevo accedere e ho inviato il mio lavoro ad essi e ad alcune case editrici. Vincere un grande riconoscimento come il Premio Malerba mi ha dato gioia, fiducia e la possibilità di concretizzare il mio sogno.


2. Questo riconoscimento ha cambiato in qualche modo il tuo rapporto con la scrittura?

Certo. È stato per me innanzitutto motivo di enorme felicità, un’iniezione di fiducia che in me è cronicamente latente. Mi ha messo in contatto con persone di grande cultura da cui ho appreso molto. Ha anche contribuito a farmi capire la necessità continua di mettersi in gioco e rinnovarsi, proprio come il grande autore Luigi Malerba.


3. Il tuo romanzo è insolito, rispetto a quanto va di moda oggi, e anche per questo mi è piaciuto molto. Cosa ti ha portata ad ambientarlo nella Normandia del secolo scorso, in un mondo di ricchi signori e giovani tutori decisamente lontano da noi?

È stata una scelta inconsapevole e razionale al tempo stesso: è un mondo che paradossalmente conosco, che ho spiato nelle mie letture, ammirato in molti artisti. Un mondo non lontano per me, ma parallelo. I ricchi signori e i poveri giovani istitutori ci sono anche oggi, solo cambiati, magari con altri abiti o altre dimore, ma sempre pronti a ripetere il medesimo schema: cacciatore e preda.


4. Vraibourg è ispirata a un luogo che conosci o è esclusivamente frutto della tua fantasia? Da dove viene la scelta dell'ambientazione francese?

Vraibourg è un luogo e tutti i luoghi per me. Un piccolo paese, un quartiere di una grande metropoli, dovunque si ripetano i giochi, gli schemi, le bassezze della vita.
Ho ambientato la “mia” Vraibourg in Francia perché molte mie letture mi hanno fatto profondamente conoscere la provincia di questo magnifico paese, per il quale ho una personale predilezione.


5. Spesso ho avuto la sensazione che tu strizzassi bonariamente l'occhio a grandi della letteratura: solo per assonanze, possiamo trovare richiami a Dorian Gray, Zola, Huysmans, cui si aggiungono Jane Eyre e "L'abbazia di Northanger". Quanto di questo è voluto per esplicita ironia e quanto invece è nato da sé?

Le mie citazioni sono innanzitutto una mappatura degli autori che ho più amato e che ho voluto, nel mio piccolo omaggiare. In tutto ciò c’è anche una voluta ironia, basti pensare alla “povera” Lise Plassants: il suo nome deriva dalla “Lison” il tanto amato treno del protagonista de “La bestia umana” di Zola. La mia Lise ne ha la stessa significativa mole. Mi piace che questo mio piccolo gioco possa portare alla memoria dei lettori brani e opere che magari vorranno così riguardare oppure leggere ex-novo.


6. Etienne, Tancrède o Madeleine rispondono a canoni precisi della buona società, mentre Ophélie se ne discosta parecchio: sola, con una cameriera sgarbata a farle da misera chaperon, indipendente. Di solito ci si aspetta che sia il protagonista a essere in qualche modo diverso, come mai la tua scelta è finita proprio su di lei?

Ophélie interpreta un ruolo: quello di una donna molto indipendente, ma sola. Lei lo fa consapevolmente, per ingannare tutti: Etienne, che se ne fiderà totalmente, e il lettore, che la avrà in simpatia per la sua lingua lunga e la sua sfortuna. E’ un cardine importante perché funzionino sia i suoi propositi che la narrazione. Paradossalmente ci si può immedesimare più con la povera Ophélie che con l’ingenuo Etienne. Ed è proprio nel gioco di ribaltamento del finale che ci si accorge che forse sono davvero altri i protagonisti della vicenda, rispetto a come essa è narrata.


7. Quali sono stati i tuoi riferimenti e le tue fonti di ispirazione nella scrittura? E in particolare per questo romanzo?

La tradizione letteraria inglese e francese del Romanzo Gotico. L’immortale “Ritratto di Dorian Gray”: il mio Dorian porta il nome di questo grande personaggio ed è anch’egli dotato di una bellezza feroce. Ma mentre Dorian Gray alla fine prova orrore per se Dorian Des Essarts vive in una presunzione di libertà che non lo porterà mai al riscatto, ma a rimanere prigioniero dello squallore della vita. C’è poi il romanzo “Il calore del sangue” di Irene Nemirovsky: un profondo ritratto della provincia francese e di quelle sue meschinità che si tramandano di generazione come il sangue. Infine “Thérèse Desqueyroux” di Mauriac. Come nel libro della Nemirovsky siamo profondamente immersi nella provincia della Francia e ci perdiamo in essa con l’indimenticabile protagonista Thérèse, carnefice e vittima, smarrita tra i suoi sogni e i pini secolari. Il finale aperto di quest’opera dallo stile immediato e moderno porta il lettore sempre a nuove domande.


8. Il tuo percorso potrebbe sembrare insolito: liceo classico, quindi Belle Arti e infine Lettere. A quando risale la tua passione per la scrittura? In che modo i tuoi studi ti hanno influenzata?

La passione per la scrittura è innanzitutto figlia della mia passione per la lettura, ma anche dell’inventare lunghe e complesse storie da narrare oralmente. I miei studi hanno risposto a molte mie domande e mi hanno aperto nuove prospettive: ragionare er immagini, documentarsi in testi storici sia geografici che di costumi. Insomma attingere non ad una sola fonte.


9. L'arte e la scrittura sembrano due mondi diversi, ma non è difficile trovare ispirazioni comuni: a quale dei due ti senti più vicina? Preferisci definirti "artista" o "scrittrice"?

Per me l’arte e la scrittura sono le fautrici di un medesimo percorso: molte volte sono proprio le immagini che visualizzo nella mia mente a portarmi a scrivere un episodio o a costruire un personaggio. Non so se sia troppo presto per definirmi. Sinceramente non ho una risposta.


10. Internet oggi ha un ruolo sempre più grande nel mondo della scrittura e della lettura, amplificando la pubblicità e connettendo in maniera diretta scrittore e lettore. Qual è il tuo rapporto con il web?

Per me l’arte e la scrittura sono le fautrici di un medesimo percorso: molte volte sono proprio le immagini che visualizzo nella mia mente a portarmi a scrivere un episodio o a costruire un personaggio. Non so se sia troppo presto per definirmi. Sinceramente non ho una risposta.


11. L'arte e la scrittura sembrano due mondi diversi, ma non è difficile trovare ispirazioni comuni: a quale dei due ti senti più vicina? Preferisci definirti "artista" o "scrittrice"?

Il mio rapporto con il web è buono: ne apprezzo enormemente le possibilità di connessione diretta e diffusione di nuovi autori. Cerco di tenermi aggiornata e conto anche sul sostegno informatico di mio marito. E’ lui che trascrive con pazienza quello che io scrivo letteralmente a mano, come queste risposte. Per certe cose sono una donna all’antica.


12. Il tuo esordio è promettente: quali sono i tuoi progetti per il futuro?

Non credo nella sfortuna, nelle scale, nei gatti neri, nel sale per terra, nel pane sottosopra o nei leprechaun. Ma sono restia a parlare dei progetti in corso. Una brutta sorta di superstizione. Dirò solo che attraverseremo l’oceano e che quella che ho in mente è per me una storia sull’amore, anche se in realtà è un’antica storia di sangue.

1 Commenti:

  • 18 novembre 2012 alle ore 13:39
    Unknown says:

    Grazie per l'intervista, è stato davvero piacevole!

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