Aiutato dalla compagna poliziotta Carla Grena, affiancato dall’ineffabile anatomopatologo Arquazzi, Solinas si trova catapultato in una realtà allucinante, imprevedibile, in cui ogni tentativo per giungere a una verità appare inutile. Intanto la gente continua a morirgli attorno… finché, un incontro non proprio casuale, lo rimette sulla pista giusta.
Tra bottiglie di birra e disordine materiale, tra moti di arguzia e battute di spirito, ancora una volta Libero Solinas ci trascina per le strade di una città senza tempo e senza pietà, capace di ogni bontà e meschineria. Un romanzo giallo intenso, a tratti truce, ma sempre supportato da uno stile che riesce a evocare momenti alti di letteratura.
Recensione
Insieme ad Asia dev'essere sparita anche un bel po' della storia.
Perché in effetti si trovano parecchie difficoltà nel fare il resoconto di lettura di un giallo la cui parte più legata al suddetto colore è il sole caldo della Sardegna, invece che la trama poliziesca.
Libero Solinas, il personaggio le cui indagini Cioglia racconta nei suoi noir in salsa insulare, è il protagonista di una vicenda in cui entra quasi per caso: alcune persone, apparentemente senza alcuna ragione, si suicidano nei modi più strani e soprattutto il folle gesto è in stridente contrasto con la felicità che, almeno dall'esterno, sembra accompagnare la loro vita.
Solinas finisce invischiato in quella che rischia di non essere neppure un'indagine visto che per dei 'normali' suicidi i magistrati non sono particolarmente proclivi ad affrontare inchieste. Ciò che trascina il commissario all'interno della vicenda è un incontro, forse non casuale, con una ragazza adolescente che sembra chiedergli aiuto ma che lui sospetta essere parte in causa nella brutta storia dei suicidi felici.
In realtà come Solinas riesca a connettere qualcosa su tutto ciò che gli sta intorno è un po' un mistero, visto che passa da una birra Ichnusa all'altra, al massimo alternandola con bicchieri di vino.
L'annebbiamento etilico del protagonista si estende anche alla trama: volendola riassumere, la storia di una ragazzina che, per i suoi sordidi trascorsi famigliari, decide di provocare il suicidio di persone che, ai suoi occhi di preadolescente vittima di abusi orrendi, hanno la colpa di essere troppo felici, traballa già abbastanza di suo.
Se poi si aggiunge - attenzione allo spoiler che segue, anche se alla fine della lettura si rimane alquanto dubbiosi sulla comprensione della storia - che la suddetta ragazza ha le competenze per sviluppare una vera e propria arma batteriologica e che vive in una famiglia chiusa al suo interno in un vortice di incesti e rapporti parentali con devianze da manuale di psicopatologia, dove le nascite dei figli non vengono denunciate ma rimangono del tutto nascoste in un pieno centro cittadino, direi che la soglia per una trama credibile viene ampiamente e rovinosamente superata.
La sospensione della credulità non basta a evitare che il lettore resti perplesso di fronte a tanti pruriti sessuali, perversioni e manie. Anche perché resta assente quasi del tutto un'analisi che porti alle radici di questi comportamenti e si rimane sul gioco della provocazione, alla ricerca del modo più contorto per stupire il lettore.
Lo stesso protagonista, Libero Solinas, è solo abbozzato, sembra fluttuare in una perenne nebbia alcolica e non va oltre esternazioni, spesso gratuite, di intolleranza e insofferenza verso la realtà che lo circonda, senza che se ne intuiscano delle ragioni plausibili.
Alcuni tratti del suo carattere/personaggio sembrano mutuati dal collega Salvo Montalbano - peraltro direttamente citato -, in particolare il suo umore lunatico; manca però la fortissima dose di ironia (soprattutto autoironia) del collega vigatese. Oltre alle asprezze caratteriali sembrano provenire da fonti letterarie anche diversi elementi che formano il ritratto di Solinas e del suo ambiente, dal rapporto conflittuale con il medico legale, alla passione per la tavola, alla presenza di sottoposti al limite della demenza. Il risultato però è più l'involucro di un protagonista, una maschera, che un personaggio vero, o quantomeno verosimile.
Alla consistenza gelatinosa della trama, che scivola tremula sul cucchiaio del lettore, invischiato nel tentativo di farla arrivare in bocca senza che cada sui pantaloni nel tragitto, si aggiunge un altro ingrediente dal sapore così pervasivo da risultare forse troppo forte per palati poco adusi a un uso così massiccio, cioè la metafora, sparsa in tutto il testo come una glassa densa e appiccicosa su una torta già fin troppo zuccherina di suo.
In tutto il libro figure retoriche in generale e forme lessicali, così ricercate e insolite da costringere spesso a domandarsi quale volesse esserne il significato, si susseguono una dopo e dentro l'altra, in un parossismo di calembour linguistici, che, se anche in modiche quantità potrebbero risultare valorizzati e apprezzabili, a causa dell'uso eccessivo, più che definire uno stile originale, rischiano di rendere difficoltosa la lettura.
Giudizio:
+2stelle+Dettagli del libro
- Titolo: Asia non esiste
- Autore: Emanuele Cioglia
- Editore: Arkadia Editore
- Data di Pubblicazione: 2012
- Collana: Eclypse
- ISBN-13: 9788896412626
- Pagine: 261
- Formato - Prezzo: Brossura - 16,00 euro
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